Questa misura, peraltro già sperimentata “a tempo” nel 2020 e nel 2021 (CLICCA QUI), avrebbe quindi concesso un maggior utilizzo dei cosiddetti fringe benefit, una vasta gamma di soluzioni che godono di specifici benefici fiscali secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 51 del TUIR che regola il welfare aziendale. Tra le formule più comuni ci sono: card acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online), buoni benzina, beni e servizi connessi allo sviluppo della mobilità sostenibile, ma anche visite specialistiche, spese per la cura e l’assistenza, corsi di formazione, polizze assicurative. Molto spesso i fringe benefit sono erogati sotto forma di voucher che, tramite strumenti digitali o cartacei, sono spendibili presso attività commerciali e fornitori di servizi convenzionati.

Perché è un’altra occasione persa

Come detto in altre occasioni, questo intervento avrebbe potuto incentivare la diffusione del welfare aziendale, sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori e, di conseguenza, generare nuovi consumi. Come abbiamo cercato di spiegare in questo articolo (CLICCA QUI), ci sembra un’altra occasione persa per sostenere le imprese che vogliono investire nel welfare e i loro dipendenti, soprattutto in un momento così difficile dal punto di vista economico.

Valentino Santoni

Pubblicato su Percorsi di Secondo Welfare (CLICCA QUI)