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L’Italia ha bisogno di un’agenda dei doveri – di Domenico Delle Foglie

La fabbrica dei diritti produce sempre fuochi d’artificio, mentre l’officina dei doveri langue tristemente. E’ all’interno di questa serena quanto realistica consapevolezza che nasce la provocazione: “Altro che Articolo 1. Sarebbe meglio ripartire dall’Articolo 2 della Costituzione”. A lanciarla è un politico di lungo corso con una storia personale tutta interna al centrosinistra (dalla Dc al Pd, passando per il Ppi e la Margherita). Ultimo incarico un seggio al Parlamento europeo. Il suo nome è Damiano Zoffoli, già sindaco di Cesenatico e poi consigliere regionale in Emilia Romagna.

Cesena, interno sera. La proposta viene lanciata nel bel mezzo di un incontro fra cattolici sensibili all’impegno pubblico che hanno risposto all’invito della Scuola diocesana di formazione sociale e politica. Rileggiamo l’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Formulata da un cattolico democratico, questa provocazione ha un valore tutto particolare. Infatti mette a nudo la contraddizione: negli ultimi decenni la sinistra ha costruito, complice lo spirito del tempo e il radicamento dell’individualismo e del relativismo nei cuori di uomini e donne, una sorta di moderna egemonia culturale fondata sui soli diritti. Creandone sempre di nuovi, sotto la spinta delle biotecnologie che assecondano desideri sino a ieri persino impensabili e nell’ossequio quasi incontrastato alle teorie e alle prassi emergenti nel costume (“gender”) e nella cultura (“cancel”). Il tutto fa dire ai più critici, tra loro molti cattolici, che nel Partito democratico “non è facile rassegnarsi alla deriva del partito radicale di massa”. Con un esplicito riferimento alla segreteria Schlein di cui si attendono gli esiti nel partito e le ripercussioni nelle urne.

La suggestione dell’art. 2 come piattaforma valoriale va certamente al di là del Pd e delle sue angustie. In realtà offre a tutti i cattolici che aspirano a partecipare al dibattito pubblico, uno spazio di condivisione. Infatti, da quell’indicazione costituzionale i cattolici possono trarre lo spunto per superare il solo esercizio della coesione (rammendo sociale od ospedale da campo che dir si voglia) e accettare la sfida della ricerca del consenso. Ovvero, della proposta ai concittadini (tutta politica) di un orizzonte di vita e una visione del futuro in cui diritti e doveri marciano insieme. Una prospettiva di azione nella quale non solo si soddisfano i bisogni individuali e si promuovono le giuste richieste dei singoli e delle comunità, ma si hanno ben presente i doveri che sono in capo ai singoli cittadini, ai corpi intermedi che li rappresentano, a partiti e movimenti chiamati ad amministrare e governare.

Insomma, un tentativo profondamente incardinato nella cultura umanistica dell’et-et e non dell’aut-aut. Ci domandiamo: perché la ricerca dei diritti dev’essere necessariamente separata o addirittura in conflitto, con l’esercizio dei doveri? In fondo, l’enfasi esasperata sui diritti (sempre nuovi e talvolta al limite dell’umano e del transumano) non è un riflesso pavloviano di un’umanità tutta ripiegata su se stessa, interessata solo al soddisfacimento dei propri interessi e desideri? Un mix esplosivo di individualismo e relativismo che impedisce di interrogarsi sui doveri verso se stessi e verso gli altri?

Ecco una piattaforma politica forse condivisibile dai cattolici che vogliano tornare a scrivere una pagina significativa: accostare alla traboccante agenda dei diritti una solida e modernissima agenda dei doveri. Senza paura di sentirsi dire che la modernità è altro. A chi lo dice, basta ricordare che il lavoro non è solo un diritto, ma anche un dovere. E che pagare le tasse (a tutti gli effetti un dovere) è il mezzo migliore per garantire il diritto dei più poveri alla salute, allo studio e al lavoro.

Dunque, per tornare a fare politica, come i padri costituenti, i cattolici devono tornare a scrivere una solida agenda dei doveri: votare, pagare le tasse, partecipare,  tutelare la vita, salvaguardare i beni comuni e l’ambiente, mettere in sicurezza scuola e sanità, educare i figli, combattere le povertà, studiare e lavorare. E tanto, tanto altro ancora. Sempre nel segno della “solidarietà politica, economica e sociale”.

P.S.

Sommessamente: vale come suggerimento anche per gli amici di Politica Insieme

Domenico Delle Foglie

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