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Una cultura nuova per una Sanità nuova. Il paziente e l’umanizzazione dell’assistenza ( 2 ) – di Alfredo Anzani

Pubblichiamo la seconda parte dell’intervento di Alfredo Anzani sulla sanità italiana. La prima è stata pubblicata ieri ( CLICCA QUI ). Il contributo di Anzani è articolato con il seguente schema:

 

ITINERARI EDUCATIVI

Oggi le persone che lavorano nelle strutture ospedaliere sono sotto stress[1].

Gli operatori sanitari, insieme a tutti coloro che prestano la loro opera in ospedale, continuano a dare il loro contributo, pur avendo momenti di sconforto, provando a volte insoddisfazione per la loro situazione lavorativa, ma ancora fedeli ai valori profondi connaturati al tipo di lavoro e professione che svolgono, con un senso di appartenenza sviluppatosi di più verso la propria professione e l’etica e i valori a essa correlati, che non verso la propria struttura, dove spesso il principale valore sembra essere il contenimento dei costi. Di fatto, in ambito sanitario, sono poco mutati i sistemi di gestione delle persone, spesso più attenti agli aspetti amministrativi, giuridici, burocratici e sindacali che sui veri temi che più interessano gli operatori sanitari e che più impattano sul loro lavoro e sugli esiti di cura.

Un buon modello di gestione delle Risorse Umane (Wellness Organizzativo®)  è quello basato sulla massima valorizzazione, soddisfazione ed energia delle persone, considerate nella loro diversa unicità.

Questo modello prevede che ogni dipendente:

Con questo modello chi amministra:

I risultati di esperienze già effettuate dimostrano che gli operatori hanno una buona percezione riguardo:

Per una larga maggioranza degli operatori la natura stessa del lavoro svolto (migliorare le condizioni di salute dei pazienti o alleviare le loro sofferenze) è di per sé motivante e stimolante e consente di lavorare soddisfatti.

Il sistema di gestione delle Risorse Umane dovrebbe, dunque, servire a rendere tutto il Personale soddisfatto, motivato, ingaggiato e produttivo al massimo.

 LA RESPONSABILITÀ SOCIALE IN AMBITO SANITARIO

 “Responsabilità è un termine il cui significato è racchiuso nella sua stessa etimologia: viene infatti dal latino respondere, cioè rispondere di qualcosa, rendere conto delle proprie azioni e farsi carico delle loro conseguenze. […] La responsabilità, per essere tale, presuppone la libertà del soggetto, la capacità di agire e scegliere liberamente; si può rispondere delle proprie azioni solo se sono ispirate da una libera scelta. Ed è l’uomo l’unico essere libero e responsabile. Allo stesso tempo, però, e questo fa parte del suo fascino paradossale, responsabilità implica anche un limite alla nostra libertà. Farsi carico delle proprie azioni significa in primo luogo essere consapevoli delle loro conseguenze per noi”. (Elena Pulcini)[2]

Alla base di ogni azione c’è il giudizio determinante  di chi si prende la responsabilità
di distinguere, di discernere, tra scelte diverse, possibilità praticabili, tra situazioni e contingenze. La responsabilità prima di essere giuridica è intellettuale.

Essere responsabili significa impegnarsi a rispondere delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.

1. Gli obiettivi principali, in sanità, sono[3]:

La combinazione di questi obiettivi costituisce quello principale:

  1. La buona gestione richiede:
  1. Se ieri il dirigente emanava direttive, oggi il manager opera per obiettivi:
  1. L’operatore sanitario, a qualsiasi livello di responsabilità, deve:
  1. Di conseguenza la leadership deve avere un nuovo stile:
  1. Il primo e vero obiettivo è il rispetto della dignità della persona nel dare risposte al bisogno di salute:
  1. La situazione odierna permette di osservare:
  1. Oggi fare il medico significa[4]:

Oggi, il dirigente medico ospedaliero:

Oggi, il medico, con il suo bagaglio di nozioni ed esperienza clinica, ma anche di emozioni, si trova da solo di fronte al paziente e ai suoi familiari, che gli rivelano le proprie paure, le proprie ansie e le proprie aspettative.

9. Cosa fare[5] [6]

spendere faccia a faccia con il computer per completare le procedure amministrative e compilare la cartella clinica elettronica?

  1. Gli strumenti per aiutare a coltivare una dimensione di serenità nello svolgimento della funzione curante sono:

Scrive il prof. Ottavio Alfieri[8], Maestro di Cardiochirurgia: “Cosa bisogna aver imparato, oltre al proprio mestiere di medico specializzato in una specifica disciplina, per dirigere bene un’unità operativa e avere successo? Tante altre cose:

 Le componenti del successo professionale sono tre.

  1. Prima di tutto l’impegno totalizzante e la dedizione assoluta al lavoro, accettando sempre rinunce e sacrifici. Ci vuole anche un po’ di talento, ma io credo che questa componente del successo non sia quella predominante.
  2. Ciò che più conta, invece, è saper cogliere le opportunità che ci sono sempre, che ti passano accanto, che tutti più o meno hanno ma che vanno riconosciute con prontezza e prese al volo.
  3. 3. E quando si identifica un’opportunità, questa va assecondata e perseguita con convinzione, determinazione e coraggio senza sentirsi legati a luoghi, ambienti, abitudini, radici, amicizie; senza farsi intimorire da difficoltà che possono sembrare insormontabili.

La “bellezza delle differenze” vuol dire apprezzamento, rispetto, attenzione, accettazione, comprensione e tolleranza per le opinioni degli altri, per le attitudini, le culture, i backgrounds diversi. Significa, anche, apertura mentale e, quindi, potenzialità di crescita. Insomma, “diverso” è bello, interessante e arricchente, sempre. Tanto più che noi non siamo una sorta di monadi chiuse in se stessi, sigillate nei confronti dell’esterno, ma al contrario, viviamo in una società ormai multietnica dove razze e civiltà si mescolano, ciascuna portando le proprie caratteristiche e ricchezze mentre si va, anzi si corre, verso una totale globalizzazione.

Con la decodificazione del genoma umano all’inizio del nuovo millennio anche la scienza ha certificato  quello che la filosofia e la religione hanno sempre sostenuto e, cioè,  che ognuno di noi è un individuo unico e irripetibile, una “persona” e, per ciò stesso, con una propria dignità e grandezza, caratteristiche peculiari che richiedono rispetto e considerazione.

Così, anche in campo medico, si è oggi consapevoli che tutti i malati sono diversi fra loro e, pure se affetti dalla stessa malattia, rispondono in modo differente alle medesime terapie, reagendo alle cure in maniera assolutamente individuale perché il loro genoma è unico, diverso da quello di tutti gli altri.

La grande sfida della medicina contemporanea è quella di personalizzare il trattamento medico e chirurgico delle malattie tenendo conto delle differenze. Questa sfida è appena incominciata e la mancanza di conoscenza è ancora abissale e, in un certo senso, disarmante. È necessaria, perciò, una coraggiosa rivoluzione culturale e gli studiosi devono porsi domande altre rispetto a quelle ovvie e convenzionali che si ponevano in passato, mentre l’oggetto della ricerca deve drasticamente cambiare”.

11. Come ristrutturare l’erogazione dei servizi sanitari?

Tramite un approccio centrato sulla persona, adottando un processo che non sottovaluta gli aspetti economici, ma si ispira a principi che mirano ad accrescere:

il tutto nel rispetto dell’etica.

L’attuale cultura istituzionale orientata alla cura va trasformata in una cultura più ampia che mira a promuovere la salute degli operatori sanitari, dei pazienti, delle famiglie a creare un sano ambiente di sostegno.

12. Criteri per promuovere la salute:

Occorre un cambiamento nel modo di effettuare la formazione di tutti gli operatori sanitari.

Si tratta di passare da un approccio biomedico, centrato sul medico, a un approccio bio-psico-sociale, centrato sulla persona.

Non più l’accento sulla malattia ma sulla salute.

La formazione deve porre attenzione:

La medicina centrata sulla persona trova le sue radici nel metodo socratico: docenti e discenti sono ricercatori che si aiutano reciprocamente nella ricerca della verità.

  1. Patient centered care[9]
  1. Una nuova umanizzazione dell’assistenza

L’attività assistenziale che l’operatore sanitario svolge deve essere costituita da competenza tecnica e competenza etica.

Umanizzare significa:

 costituire l’atto assistenziale con la partecipazione attiva, personale, umana dell’operatore sanitario al momento che la persona assistita sta vivendo;

Insieme con la più assoluta trasparenza, l’umanità dovrebbe essere il tratto distintivo della professione medica: ciò la rende unica. Spesso si tende a distinguere la malattia dalla sofferenza nella sua globalità e si corre il rischio di concentrarsi esclusivamente sul disturbo fisico, trascurando la pena intima del paziente. Essere buoni medici è molto difficile, perché, accanto alle indispensabili conoscenze biologiche, è necessario sviluppare le proprie capacità relazionali.

  1. Aspettative del paziente

 Il livello di soddisfazione (o di insoddisfazione) di un cittadino o di un paziente riguardo una prestazione sanitaria[11] dipende molto:

Altri fattori che influiscono sulle aspettative sono:

A volte il desiderio legittimo di guarire può comprensibilmente generare un’aspettativa irrealizzabile e quindi non soddisfatta, la cui causa può essere, sull’immancabile onda emotiva, facilmente interpretata come un errore.

In particolare, il paziente desidera:

I suoi timori sono:

  1. L’empatia è la dote indispensabile per l’operatore sanitario per acquisire una piena responsabilità sociale.

Gli operatori sanitari che sono più abili nel riconoscere le emozioni dei pazienti riescono a curarli con maggiore successo rispetto a chi è meno sensibile. Devono saper percepire le loro ansie e il loro disagio.

Al cuore dell’empatia c’è la predisposizione all’ascolto. Coloro che non sanno ascoltare danno l’impressione di essere indifferenti o non interessati. L’ascolto è una vera arte.

Il medico ha sempre a che fare con pazienti che si trovano in una situazione di sofferenza fisica, psicologica e spirituale.

Egli sa che “il malato soffre più dei suoi pensieri che della stessa malattia” (Friedrich Nietzsche).

Per questo il malato necessita di un medico che sappia infondere in lui la speranza che si trasforma in fiduciosa attesa, appagata dall’esercizio di una medicina che implica i concetti di:

Un insieme di atteggiamenti che fanno del medico l’uomo più completo, in grado di riconoscere il valore assoluto dell’esistenza umana e di essa il massimo rispetto[12].

  1. Ripensare e riorganizzare il “giro visita” dei malati ricoverati.

 Prassi consolidata da tempi remoti, è ancora oggi una componente fondamentale delle attività sanitarie, in grado di consentire agli operatori sanitari l’assunzione di decisioni assistenziali per il  paziente e di pianificare le attività che permettono il normale andamento dei reparti di degenza. Spesso il giro-visita è condotto in maniera sbrigativa e limitato alla presa in visione della cartella clinica, dei risultati degli esami effettuati, davanti al display del computer.

Se si riflette, la parola “visitare” evoca un viso accanto ad altro viso, una presenza che è cura e sollecitudine per la persona nella sua interezza, sapendo che il malato “vuole essere guardato con benevolenza, non solo esaminato; vuole essere ascoltato, non solo sottoposto a diagnosi sofisticate; vuole percepire con sicurezza di essere nella mente e nel cuore del medico che lo cura”. [13] 

Garantire un giro visita[14] in grado di produrre qualità e valore è essenziale. È ampiamente riconosciuta l’importanza che riveste la multidisciplinarietà del team nella conduzione dello stesso, poiché consente ai professionisti di cooperare in maniera interdisciplinare. Ciò permette di migliorare gli esiti dell’assistenza, di investire sulle potenzialità del team, di ridurre gli errori, di promuovere l’uso efficace ed efficiente delle risorse disponibili (Halm et al, 2003; Special Commission of Inquiry, 2008).

Affinché tutto questo risulti possibile è necessario che venga riconosciuto il ruolo di ogni componente del team e che il professionista stesso sia consapevole di come interagire all’interno del gruppo durante il giro visita (O’Hare, 2008; Larson, 1999). Inoltre, gli infermieri dovrebbero svolgere un ruolo attivo all’interno dell’équipe multidisciplinare, al fine di aumentare il loro impegno e coinvolgimento verso i pazienti e migliorare la comunicazione interprofessionale, riducendo così il rischio di eventi avversi, migliorando gli outcome clinici dei pazienti e la soddisfazione professionale (Boyle e Kochinda, 2004; Vazirani et al, 2005, Zwarenstein e Bryant, 2000).

Tuttavia, è ampiamente dimostrato che essi non vengono sempre coinvolti attivamente nelle discussioni del team (Busby e Gilchrist, 1992; Hill, 2003) o non partecipano affatto (Pucher et al, 2014).

Un giro visita condotto con l’infermiere può produrre effetti positivi sul team, sia attraverso la condivisione di informazioni assistenziali con gli altri professionisti, sia attraverso il supporto del paziente nell’espressione dei suoi bisogni (Royal College of Physicians and Royal College of Nursing, 2012); al contrario, un giro visita senza la presenza dell’infermiere potrebbe determinare effetti negativi, come la frammentazione delle attività (Lees, 2013), una ridotta efficienza nel giro visita e ripercussioni sulla sicurezza del paziente (Royal College of Physicians and Royal College of Nursing, 2012).

È auspicabile individuare strategie di miglioramento del giro-visita strutturato in base alle esigenze peculiari di ciascun reparto.

  1. Il ruolo dell’infermiere

Se per molti anni il medico era l’unico detentore del potere di cura e del processo di assistenza, circondato da infermieri che svolgevano compiti di sola sorveglianza e accoglienza, oggi l’infermiere moderno si ritrova a svolgere un ruolo fondamentale, multifunzionale, all’interno di un sistema che richiede interazione con altri professionisti.  L’infermiere è un professionista della salute, ha un profilo professionale ed un Codice Deontologico, improntati all’autonomia e responsabilità. La legge n. 251 del 2000 “Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica” ha previsto che la disciplina infermieristica divenisse laurea triennale e ha permesso a infermieri in possesso del titolo di studio rilasciato con i precedenti ordinamenti di richiedere l’equiparazione del titolo e di poter accedere alla Laurea Specialistica in Infermieristica.

L’identikit dell’infermiere[15]:

Se l’assistenza è la capacità di rispondere su basi scientifiche ai bisogni delle persone che hanno problemi di salute, l’infermiere si distingue per l’approccio razionale che mette in atto per raggiungere un preciso risultato attraverso metodi e procedure definiti sulla base di evidenze scientifiche.

Egli[16] sa riconoscere la soluzione più valida sulla base degli studi clinici, sull’esperienza professionale e sulle linee guida internazionali, sui risultati della ricerca infermieristica, svolta nell’ambito ospedaliero e universitario, che si occupa di individuare strategie e soluzioni sempre più efficaci per:

All’interno di un reparto ospedaliero l’infermiere segue il paziente occupandosi di tutte le sue esigenze: terapie, sostegno della funzione respiratoria, controllo dei parametri vitali, l’alimentazione e l’igiene. Essenziali sono anche le attività di tipo relazionale, come il sostegno psicologico e i rapporti con i familiari.  Uno degli aspetti fondamentali del lavoro in ospedale è lo spirito di squadra: un infermiere lavora sempre in un gruppo, di cui fanno parte altri infermieri, i medici e altre figure sanitarie, e  che costituisce il cosiddetto “mosaico terapeutico” che vede al centro il malato. Ognuno ha le sue competenze e tutti insieme cooperano affinché il paziente abbia la migliore assistenza e cura possibili. Il lavoro richiede prontezza, equilibrio, determinazione, pazienza e capacità di collaborazione reciproca.

L’auspicio ultimo è che ogni operatore sanitario raggiunga il fine di:

“avere cura, cura misericordiosa, operativa, fattiva, cura scientificamente organizzata per poter durare e svilupparsi, della persona umana. Nessuna separatezza, nessun dualismo anima-corpo. Noi siamo curiosi, scientificamente curiosi dell’uomo in tutte le forme del suo agire; noi vogliamo avere cura del suo corpo e della sua mente, così come delle opere che questo straordinario insieme di corpo e mente produce, dell’anima che esso esprime creando, operando, dialogando, sperando, credendo. Ogni nostro sapere è rivolto all’altro, è rivolto alla cosa stessa. E a chi si oppone il principio misericordia se non all’inospitale amore di sé, per il proprio sé? Questo principio vale per tutti noi: vale per i filosofi come per i medici come per gli psicologi. Anzi, per ciascuno di noi medico-psicologo-filosofo”. (Massimo Cacciari)[17]( Segue )

Alfredo Anzani

 

[1] M. Rotondi, La gestione delle risorse umane in sanità. Strategie di intervento per le Aziende sanitarie, Franco Angeli 2019.

[2] E. Pulcini, www.doppiozero.com/materiali/sala-insegnanti/responsabilita

[3] F. Ginanni, A. Vettori, Intelligenza emotiva ed empatia in sanità. Miserve, Editoria&Formazione, 2009.

[4] M. Christina Cox,  membro del Centro Studi e Servizi ANAAO-ASSOMED Lazio: 95.110.224.81/anaao/public/aaa_7111841_QS%20anaao%20lazio.pdf

[5] A. Tozzi, Siamo animali sociali. pensiero.it/in-primo-piano/commenti/siamo-animali-sociali

[6] P. Arcadi, Una medicina per la solitudine. pensiero.it/in-primo-piano/commenti/una-medicina-per-la-solitudine

[7] S. Guicciardi, M. Claus, Alla ricerca delle connessioni perdute. pensiero.it/in-primo-piano/commenti/alla-ricerca-delle-connessioni-perdute

[8] L. Ronchetti, La bellezza delle differenze. Storie di un cardiochirurgo.  Ed. Artigrafiche Mariani&Monti, Ponteranica (Bg) 2014.

[9] L. Ronchetti, op. cit.

[10] L. Ronchetti, op. cit.

[11] Q. Tozzi, Aspettative/insoddisfazione del paziente. careonline.it/wp-content/uploads/2016/09/Aspettative_parola_chiave.pdf

[12] E. Bodini,  www.ilmiogiornale.org/limpareggiabile-valore-del-medico-che-sa-prendersi-cura-del-paziente/

[13] Benedetto XVI, Ai partecipanti al 110° congresso nazionale della Società Italiana di Chirurgia, 20 ottobre 2008.

[14] Il giro visita: una prassi che garantisce la qualità? Una revisione integrativa della letteratura,

rivista “L’infermiere” n°6 – 2019  www.infermiereonline.org/2020/01/12/il-giro-visita/

[15] B. Mangiacavalli, www.agensir.it/italia/2020/01/20/infermieri-mangiacavalli-fnopi-sempre-piu-centrali-in-programmazione-e-in-nuovi-modelli-organizzativi-e-assistenziali/

[16] IPASVI Mantova, Professione per la vita: l’infermiere. www.provincia.mantova.it/UploadDocs/4054_Professione_di_vita.pdf

[17] M. Cacciari, Prefazione. La sfida della misericordia  di Walter card. Kasper, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose. 2015, pp. 14-15.

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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