abato 30 aprile, Bellagio, la perla del Triangolo Lariano, dedica a Teresio Olivelli la via in cui è nato ed ha vissuto i primi anni della sua infanzia, prima che la famiglia si trasferisse a Vigevano. L’ intero territorio lecchese è legato alla memoria di Olivelli.
La Valsassina dove, a Cremeno, è nata la madre e la città di Lecco dove nella Resistenza operava Don Ticozzi e Teresio Olivelli stampò almeno una ventina di numeri di “Ribelli per Amore”. La stampa avveniva clandestinamente presso la tipografia Annoni, nello stesso cortile dove aveva il suo esercizio commerciale Celestino Ferrario, poi, il primo parlamentare democratico-cristiano di Lecco. Nel cortile adiacente, sempre in Via Mascari, si aprì, subito dopo la liberazione, la sede della Democrazia Cristiana, che più tardi’ ospitò gli uffici del Comitato Provinciale.

Dal beato Olivelli il pensiero approda all’Ucraina sul leitmotiv di una domanda che oggi l’aggressione di Putin ci pone e a cui non possiamo sottrarci: vale di più la libertà o vale di più la vita?

Che valga di più la libertà e la vita talvolta meriti o addirittura esiga di esserle sacrificata – e che anche in questo consista la sua nobiltà ed il suo valore – è il fondamento cui si rifà ogni movimento di resistenza all’oppressore. Vale per le persone nella singolarità di ognuno, vale per le collettività. Valeva allora per i giovani “ribelli” di Olivelli, che andavano a morire in montagna, vale oggi per il popolo ucraino che mette in gioco la vita pur di difendere ed affermare il suo diritto alla libertà. Anzi, la libertà è la vita se, come tale, intendiamo “essere vivi” e non meramente “restare in vita”. Se la vita è “zoe’” e non soltanto “bios”.

Vale su un piano meramente umano e vale per chi ha una concezione religiosa della vita. Altrimenti che valore avrebbe lo stesso “martirologio” cristiano? Del resto, non è forse la libertà a dare conto che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio? Per venire ai giorni nostri, questo vuol dire che il popolo ucraino e solo il popolo ucraino ha il diritto di decidere fin quando e come prorogare la propria resistenza.

Coloro che artatamente, sottilmente, eppure, si potrebbe dire, senza pudore, sostanzialmente suggeriscono che il popolo ucraino ceda e venga a patti, farebbero bene a organizzare una comitiva e, in qualche modo, raggiungere Mosca e lì, sventolando bandiere ucraine, manifestare sulla piazza del Cremlino, chiedendo piuttosto, a Putin, che sia lui a cedere e ritirare le truppe d’invasione.

Finché il popolo ucraino resiste, personalmente penso sia giusto, anzi doveroso, che i popoli liberi lo sostengano apertamente, anche fornendo le armi di cui ha bisogno. L’ Ucraina combatte anche per noi.

Semmai, dobbiamo preoccuparci di questa pericolosa involuzione della coscienza civile – che pare via via allargarsi anche da noi e negli altri Paesi dell’Occidente – tale per cui basta “sopravvivere”. Anche a costo di vedere calpestata la propria libertà, la ragione e la radice profonda della nostra dignità umana.

Domenico Galbiati

About Author