Volentieri pubblichiamo l’intervento che segue di Francesco Poggi su Tolkien. Con una precisazione: la nostra zebretta ne ha parlato riferendosi ad una classe politica che si ispira a Tolkien ma senza per questo voler sminuire la figura dello scrittore britannico (CLICCA QUI). Il problema non è lui, bensì di chi si appropria della sua opera per riempire un vuoto di cultura e di pensiero politico

Perché è fondamentale che il mondo cattolico si ispiri a Tolkien? Un passo alla volta. Il ciclo della Terra di Mezzo ha il suo battesimo editoriale con lo Hobbit, pubblicato nel 1937, a cui seguirà il successo planetario della trilogia de Il Signore degli Anelli, pubblicata tra il 1954 e il 1955. A questi volumi seguirà la pubblicazione nel 1962 de Le avventure di Tom Bombadil. Il figlio Christopher porterà successivamente alla luce una grande quantità di frammenti ed appunti, pubblicati postumi in diverse raccolte (Racconti Ritrovati, Racconti Perduti), ma soprattutto il libro incompiuto sulla creazione, Il Silmarillion.

Con il circolo di amici docenti a Oxford, gli Inklings, darà vita ad un simposio creativo che non ha eguali nella letteratura fantasy. L’amico C.S. Lewis darà alle stampe infatti un altro capolavoro, Le cronache di Narnia. Le prerogative del gruppo, pochi lo sanno, sono la propensione a scrivere e a leggere con gli amici, e … il cristianesimo. Già.

La mamma di Tolkien, lui rimarrà orfano di entrambi e genitori all’età di 12 anni, si converte giovanissima al cattolicesimo. John Ronald, nonostante l’ambiente ostile di Oxford, farà del cattolicesimo il baricentro del proprio percorso creativo. Il medioevo e i suoi testimoni. Uno su tutti, Dante Alighieri. Non può sfuggire un confronto tra le tre cantiche della Divina Commedia e la Trilogia del Signore degli Anelli : 1) il tema del viaggio (come in Omero o Virgilio, come nelle grandi fiabe popolari o nei percorsi iniziatici … il Graal, la tavola rotonda, la via orientale del Tao, i Lama Tibetani, il Pellegrinaggio … ma anche Salgari, Verne, Gulliver) ; 2) il riferimento diretto alle sacre scritture ; 3) Virgilio-Gandalf, Beatrice-Dama Galadriel; 4) L’anello e il cerchio dantesco; 5) tre libri e tre cantiche (il numero 3 e i suoi multipli; 6) la presenza costante della provvidenza; 7) la centralità dell’umiltà nel percorso di salvezza … solo il piccolo hobbit Frodo può osare dove nemmeno Re o Maghi possono; 8) l’amore ed il rispetto per la natura … “dovremmo guardare di nuovo il verde e rimanere nuovamente stupiti ” … già … oggi più che mai è attuale il richiamo di Tolkien alla sacralità della natura. E soprattutto per la foresta, “la regione ancora immune dalle attività umane”. La foresta è uno spazio altro, sacro. E pensare che tutto nasce dalla penna di un ordinario “topo” di biblioteca, anonimo e un po’ bigotto cattolicone.

Perché quindi leggere ancora Tolkien ? Perché vedere il film sulla sua opera ? Intanto perchè le “fiabe” non sono solo fantasia. Queste ci parlano di cose PERMANENTI. “Non di lampadine elettriche, ma di fulmini …” scrive Elèmire Zolla. Scrivere non è tanto inventare o ideare, quanto sub-creazione. Così il Mito non è una bugia ma la riproposizione della verità, con gli occhi degli uomini… “i miti da noi tessuti rifletteranno anche una scintilla della luce vera”. Perchè il Mito possa prendere vita sono necessari: la parola (una lingua, il Quenya o Sindarin) ), una terra (la Terra di Mezzo), un Libro sacro (Il Silmarillion). Così l’autore o l’appassionato di fiabe è colui che non si fa servo delle cose presenti. Le fiabe, Tolkien insegna, hanno tre volti: quello mistico, che guarda al soprannaturale; quello magico indirizzato alla natura e infine lo specchio di pietà che offrono all’uomo. Essere, terra e cielo. Tolkien ci parla di cio’ che tutti affrontiamo quotidianamente negli spazi immutevoli che dividono la decisione dal gesto, il dubbio dalla risoluzione , la tentazione dalla salvezza . Spazi, paesaggi uguali nei millenni.  Un mondo perenne oltre che arcaico, dunque più presente a noi del presente.

Esiste una FIABA SUPREMA … la vicenda evangelica , in cui storia e leggenda si fondono: “Mille anni sono come un turno di guardia nella notte”, scrive il salmista. Interessante poi in Tolkien il dualismo bene-male. Egli non cerca la mediazione tra bene e male, molto politically correct, cerca soltanto la vittoria sul male !! Il male s’incarna, di ciclo in ciclo, in forme diverse  ma resta uguale e mira alla schiavitù universale . “E perchè vorrebbe tutti schiavi ? ” chiede Frodo … “per mera malizia e oscura vendetta ” risponde Gandalf. Demolizione sistematica dell’Arte, della Grazia Contemplativa, della vegetazione e della natura stessa, cioè di tutto ciò che è bello e buono al mondo, l’oscurità della schiavitù (non solo fisica), l’egoismo. Con un ammonimento. In nulla si manifesta più chiaramente il potere del male che nello straniamento che divide l’un dall’altro coloro che ancora lo contrastano. Così la “follia” è l’unico scudo, la semplicità l’unica arma, la Provvidenza la stella del cammino, lo spirito comunitario io compagno di viaggio. In una parola la grande etica cavalleresca !! Essere cavalieri del 2000, è l’eredità che Tolkien lascia a noi ed ai nostri ragazzi/ragazze … Aragorn, Legolas, Arwen, Eowyn … e su tutti Dama Galadriel a cui affidarsi, alter ego della Beatrice dantesca, della Ginevra arturiana, ma anche della Maddalena, liberata dalle castronerie alla Dan Brown. IL respiro del cattolicesimo nel mondo contemporaneo della crisi climatica, delle contraddizioni e dei pericoli della tecnologia transumana, della società “incastrata” nella sua economia (per dirla con Polanyi), non può che passare attraverso le pagine di Tolkien.

Decine di autori (ad iniziare certamente da Manzoni) sono importanti, ma nessuno ha la sua potenza attrattiva e penetrante sui giovani del terzo millennio. Il mondo cattolico non deve fare l’errore di sottovalutarlo o sminuirlo ma anzi cercare di comprenderlo e studiarlo. Perché non è solo fantasy, ma molto di più.

Francesco Poggi

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