Il lancio del Manifesto per dare vita a un nuovo soggetto politico in cui convergano credenti e non credenti, all’interno di una visione in grado di unire il riferimento ai grandi valori rappresentati dalla Carta costituzionale e nella forza universale delle sollecitazioni presenti nella Dottrina sociale della Chiesa, sta suscitando commenti e partecipazione.

Non sono mancate distorsioni, voluti travisamenti, polemiche del tutto pretestuose provenienti in gran parte dai giornali della destra e da quei cattolici, di destra e di sinistra, che ancora non hanno compreso le trasformazioni in atto di vecchi equilibri sociali, politici e istituzionali.

Dura a morire la stagione del “ bipolarismo” e la conseguente costrizione a restare prigionieri di una “ forzata” scelta tra destra e sinistra. Carente l’analisi sugli scenari europei ed internazionali sul cui sfondo deve collocarsi anche la valutazione dei fatti e delle posizioni delle forze politiche italiane. Questa aspetto mi pare sfugga al cardinal Ruini intervenuto oggi su Il Corriere della Sera ( CLICCA QUI ).

Non è che di attuali fenomeni, che sembrano oggi richiamare consensi elettorali, possiamo ignorare il rischio della marginalità rispetto alle dinamiche interne alla Ue e le conseguenti relazioni con i partner e gli alleati internazionali. Un’analisi esclusivamente domestica rischia di concorrere all’isolamento  del Paese.

Ci sono anche quelli che hanno paura della definizione di un’identità e di un impegno politico leale e chiaro. Preferiscono restare aggregati nelle formazioni politiche in cui varie vicende li hanno portati, nonostante ne riconoscano limiti sempre più evidenti.

Bene ha fatto Stefano Zamagni ( CLICCA QUI ) a presentare l’iniziativa del Manifesto per il significato che essa ha: riferimento ad un “ pensiero forte” per lavorare ad un progetto completamente rigenerativo, di medio- lungo periodo.

Del resto, il problema di una rifondazione del sistema politico e istituzionale è all’ordine del giorno, sulla base delle condizioni oggettive del Paese. E’ stato perso il gusto del “ pensare politico”, dell’esame ponderato ed equilibrato dei problemi e del confronto che può anche essere aspro, ma senza per questo far perdere di vista il fatto che ci si occupa sempre di problemi comuni, che tutti i cittadini interessano.

Più sono scomparsi dalla scena i grandi filoni ideali di pensiero e più il vecchio confronto ideologico, destinato comunque a svilupparsi in un quadro dal condiviso respiro nazionale, è stato sostituito da lacerazioni irreparabili, da una contrapposizione verbosa e preconcetta, da una pochezza di proposte programmatiche e di visioni strategiche di ampia visioneprospettiva.

Il Manifesto ( CLICCA QUI  ) pone con forza la necessità di avviare una trasformazione, cui possono, anzi debbono, concorrere tutti coloro che sono appassionati del Paese, della Persona, delle famiglie e di tutti i gruppi e le categorie sociali che il Paese compongono.

Vogliamo dare vita ad un “concerto tra generazioni”che concorra al ‘bene comune’ e dia ” continuità e sviluppo a quella cultura politica del cattolicesimo democratico e popolare che rappresenta una ricchezza che appartiene all’intero Paese ( CLICCA QUI )”.

Deve trattarsi anche di un cambio di metodo, oltre che di sostanza. Ecco perché Zamagni, interrogato su Matteo Salvini precisa che non crediamo nella demonizzazione dell’avversario politico, nei confronti del quale continuiamo a precisare i motivi di distanza e antiteticità ( CLICCA QUI  ).

Vogliamo, invece, avviare un processo di “ positività” della politica che non significa certamente attenuare o dimenticare diversità di opinione e di orientamento, da ribadire di fronte a posizioni inconciliabili con le nostre.

Ha ragione Lucio D’Ubaldo ( CLICCA QUI ), che con Rete Bianca è parte della condivisione e del lancio del Manifesto, quando dice che “ nel vuoto riemerge la questione cattolica” e che esiste “ un desiderio tutto laico di partecipazione, come se dietro alcune stanche liturgie crescesse piuttosto l’urgenza di una risposta, in nome dei valori di solidarietà e giustizia sociale, al rischio di declino del Paese”.

L’esponente di Rete Bianca, ricorda l’esistenza del problema delle alleanze. Cosa che, evidentemente, presuppone prima la creazione di una presenza organizzata e la definizione di un documento politico programmatico che costituisca quella piattaforma indispensabile anche alla valutazione di possibili convergenze di posizioni e di prospettive, cui dare corso con altre forze. La definizione di questo documento costituirà il nostro prossimo passo.

“ Il bene della nazione”, infatti, non è collocato in una regione imprecisata dell’Iperuranio, ma richiede scelte ben precise, che sono quelle individuate alla luce dei problemi concreti cui si è intenzionati a dare risposte, sulla base di quel “ pensiero forte” cui diciamo di fare riferimento.

Abbiamo ben presente il forte peso che sulla politica italiana svolge la “ svolta” estremista impressa da Matteo Salvini con una “ linea nazional-radicale”. A questo, dice D’Ubaldo, risponde un possibile connubio tra Pd e M5S.  A conferma dell’esistenza di uno spazio” vuoto”, neppure riempito da Renzi, “ che pone l’esigenza di una forte iniziativa politica, sull’onda di una riemergente questione cattolica, per dare nuova forma e nuova sostanza alla competizione con il blocco sempre più egemonizzato dalla Lega”.

Il problema del “ vuoto” esiste perché la destra  e la sinistra non vogliono superare  uno schema sostanzialmente “ bipolare”. Non riescono a riconoscere la necessità di rispondere ad una larga parte del Paese che non vuole né collocarsi pregiudizialmente su di un fronte, né sull’altro. Manca una destra moderna, così come la sinistra è lontana da un’autentica rifondazione. Così, il primo partito d’Italia è quello dell’astensionismo.

Di Salvini conosciamo bene la logica e la spregiudicata ricerca del consenso in una dimensione del tutta avulsa dall’esame dei fenomeni internazionali e nazionali e limitata al solleticamento delle pulsioni emotive e d’immediato interesse. Qualcuno è contento di vedergli baciare il rosario, per noi è un elemento politicamente irrilevante.

I 5 Stelle si scoprono prigionieri di un populismo esasperato finito in crisi con l’assunzione di responsabilità di governo. Sono ancora a metà del guado e non sappiamo se riusciranno a uscirne.

Il Pd continua con una vacuità impressionante e sembra attaccarsi solamente ad una proposizione di parole d’ordine da cui si evince l’incapacità a penetrare persino i problemi dei propri gruppi sociali di riferimento. Soprattutto, è evidente il forte condizionamento di una classe dirigente ormai completamente ripiegata su se stessa e intenzionata solamente a perpetuare ad ogni costo la propria esistenza.

La vicenda dell’Umbria è stata chiarificatrice. La sconfitta è stata creata dall’incapacità di rispondere ai problemi di una regione precipitata in tutte le classifiche che contano in termini di creazione di valore aggiunto, di Pil, di volontà di innovare e di esportare.

La risposta allo scandalo che ha travolto un intero sistema Pd è stata quella dell’autoreferenzialità e il chiudersi alla società civile. Cosa che non poteva certamente essere risolta in maniera contraddittoria ed insufficiente come è stato provato a fare solo all’ultimo momento.

Il nostro mondo aveva indicato una possibile alternativa rappresentata da quella realtà nuova, fresca espressione del mondo civico umbro pronta ad esprimere la candidatura della sindaca di Assisi, Stefania Proietti. Si è voluto seguire un’altra strada e la sconfitta è stata pesantissima.

E’ solo nella realtà concreta delle cose, dunque, che una nuova forza politica può affrontare una tanto importante questione qual è quella delle alleanze, avendo ben presente che il concetto di “ coalizione” indicato da Alcide De Gasperi dev’essere fatto proprio di ogni forza politica intenzionata a indicare un “ progetto Paese”.

Ribadito il concetto che noi non potremo mai collaborare con forze politiche estremiste, scioviniste, anti europee, anti moderne, sosteniamo con forza di voler dare vita ad un’entità dalla natura ” programmatica” destinata a caratterizzarsi per la sua capacità di rispondere alle cose posteci dinanzi dalla realtà concreta.

E’ in questo ambito che ogni forma di possibile collaborazione dovrà essere misurata con tutti coloro che, come noi, sono intenzionati ad introdurre nella società più solidarietà e più giustizia sociale.

Giancarlo Infante

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