Alle 19:45 di questa sera sarà il 78 esimo anniversario di quello che chiamiamo l’8 settembre. Immagine, assieme, di vergogna e di riscatto. Vergogna e riscatto che costarono subito 241 morti. Visto che due giorni dopo i tedeschi si accinsero a prendere Roma e, a Porta San Paolo, trovarono solamente una sparuta pattuglia di italiani con ben poche armi disponibili, e in poco soverchiati. Tra questi l’eroico, e troppo poco ricordato, Raffaele Persichetti che vi perse la vita, la prima vittima del riscatto.
In quel preciso momento il Re, Vittorio Emanuele III, stava navigando sulla corvetta Baionetta in direzione di Brindisi, coronando così la sua fuga da Roma con gran parte della corte e i massimi vertici militari. Un paese intero si trovò sbandato e si avviarono quelle vicende, meschine e nobili, che tante volte abbiamo visto tradotte in immagini cinematografiche quando ancora il cinema era ancora in bianco e nere.
Le conseguenze furono terribili e a non molto serve considerare che ce ne sarebbero state comunque altrettanto terribili, giacché inevitabilmente si sarebbe avuto un vero e proprio conflitto con i tedeschi e un’anticipazione di quella vera e propria guerra civile poi combattuta per ancora un anno e mezzo tra partigiani e fascisti fino al 25 aprile del ’45.
Vicende lontane, si dirà. In gran parte ricordate solo in occasione di un anniversario che qualche nostalgico sopravvissuto vive maledicendo il voltafaccia antitedesco e, al contrario, gli altri lo valutano come l’occasione perché giungesse alla fine, o se ne preparassero gli antefatti, dell’oppressivo e totalitario regime fascista.
Noi sappiamo che, comunque, quella fu una data destinata a fare da spartiacque tra democrazia e dittatura, anche l’esempio di come non si costruisce uno Stato, di come una intera classe dirigente dimostra di non essere tale e, quindi, di come si lasciano in balia degli eventi milioni di esseri umani. Tra questi, decine di migliaia di militari consegnati praticamente nelle mani dei tedeschi. Lo fu nel caso di quanti si trovavano in Russia, in Jugoslavia e in Grecia: il sacrifico dei nostri militari di Cefalonia, ne è solo il simbolo più noto e più alto, con i cinquemila, cinquemila e cinquecento caduti durante gli scontri con i tedeschi o da questi fucilati dopo la cattura.
Eventi lontani ma chi portano a chiedere oggi quanto siamo qualcosa di diverso, se a oltre 70 anni siano a serviti a plasmare un italiano diverso, un Paese diverso, e non farci ripetere eventuali futuri 8 settembre.
Alessandro Di Severo