Pubblichiamo l’intervento di Francesco Punzo all’incontro di Palermo del 22 novembre scorso alla manifestazione “A fianco delle donne”

Con molto piacere a distanza di quattro anni da un mio  intervento sullo stesso tema, sempre quasi  in coincidenza temporale con la giornata del 25 Novembre stabilita dall’Assemblea Generale dell’ONU tramite la risoluzione n.54/134 del 17.12.1999 per la celebrazione della Giornata Internazionale Per L’Eliminazione Della Violenza Sulle Donne(venne scelta la data del 25 Novembre perché altamente simbolica, stante che in quella data, nel 1960, nella Repubblica dominicana avvenne l’omicidio delle tre sorelle Mirabal, che erano fortemente impegnate contro la dittatura. Mentre si recavano a trovare in carcere i loro mariti vennero bloccate dagli agenti del servizio d’informazione militare, portate in un luogo nascosto dove furono stuprate e massacrate a colpi di bastone e strangolate, e poi venne simulato che la loro morte dipendesse da un incidente stradale, buttandole a bordo della loro auto da un precipizio) mi fa molto piacere, grazie al gradito invito di “ Noi uomini di Palermo contro la violenza sulle donne”, di Inner Well e del SAV –Servizio Aiuto alla Vita- di Palermo, di cui sono socio fondatore, tornarvi a riflettere. A fronte di un invito a riflettere io non mi tiro mai indietro, perché costituisce  stimolo a conoscere meglio una rilevante questione, conoscere di più fornisce  la maggiore consapevolezza che ci fa essere meglio in grado di battersi, batterci per i valori corrispondenti.

Particolarmente felice mi pare il titolo assegnato al nostro odierno incontro “ A fianco Delle Donne” e non come si suole ripetere A difesa delle donne. Difendere da più un senso di protezione di persona più debole, di difesa della fragilità, mentre qui si tratta di avere consapevolezza di una parità, anche di forza, della complementarietà che nel mutuo rispetto pone  a fianco maschi e femmine. Lo stare a fianco mette in risalto la relazionalità  uomo e donna, la condivisione della comune natura umana, l’unicità  nella distinzione per specificità. Stare a fianco è prossimità. Insieme uomo e donna rappresentano l’amore di Dio Creatore. E’ una bellezza che si perde, si distrugge con la divisione, con l’antagonismo.

Diciamo sempre , io per primo, uomo  e donna,  ma in conformità alla volontà di Dio creatore l’essere umano esiste come maschio e femmina.

Nel libro della genesi troviamo proprio espressa l’unità dell’essere umano nella distinzione maschio e femmina. Nel primo capitolo è detto: “ Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” Nel secondo capitolo c’è proprio il senso dell’alleanza : “ Non è bene che l’uomo sia solo gli voglio dare un aiuto che gli sia simile”. Uomini e donne ci sono per aiutarsi reciprocamente, e non si tratta di aiuto che il più debole riceve dal più forte, né dell’indispensabilità che pensandola nelle crisi  è più volte fonte di gravi, irreparabili, tragedie, ma di complementarità, di armonia.

Nel libro della Bibbia, Qoelet, anche denominato ecclesiaste, viene detto e nel suddetto senso mi piace interpretarlo “ Meglio essere in due che uno solo , perché due hanno un miglior compenso nella fatica” Poi continua “ Inoltre se due dormono insieme possono riscaldarsi, ma uno solo come fa a riscaldarsi?”

Sono frasi indicative della gioia nel riconoscere la complementarietà, maschio-femmina, tanto più importanti perché, per quella che è la mia limitata comprensione biblica, contenute in un libro dove l’antidoto alla vanità è vivere la felicità riconoscendola come dono di Dio. L’essere umano è dono di Dio.

Faccio un salto di appena qualche anno andando a un documento del magistero della Chiesa, la lettera apostolica del 1988 di Papa Giovanni Paolo, Mulieres Dignitatem, documento che è il primo che un Papa dedica alle donne. Documento che conferma che l’essere umano esiste come maschio e femmina. Partendo dal principio, raccontato nel passo della Genesi che ho ricordato, la lettera apostolica afferma al capitolo secondo, paragrafo 6, le verità antropologiche fondamentali, che leggo testualmente : “ L’uomo è l’apice di tutto l’ordine del creato nel mondo visibile- il genere umano, che prende inizio dalla chiamata all’esistenza dell’uomo e della donna , corona tutta l’opera della creazione – ; ambedue sono esseri umani , in ugual grado l’uomo e la donna , ambedue creati a immagine di  Dio”. Poco più avanti è detto : “ Il Creatore affida il dominio della terra al genere umano, a tutte le persone , a tutti gli uomini e a tutte le donne , che attingono la loro dignità e vocazione dal comune principio”  . Papa Giovanni  Paolo II esprime con evidenza, conferma, che l’uomo è stato creato a immagine di Dio come uomo e donna. Nulla di più chiaro nell’esprimere che non esiste una prevalenza di uno sull’altro. Viene esaltata l’armonia derivante dall’alleanza uomo-donna nella complementarietà. Di essa  Papa Francesco in una sua catechesi sulla famiglia dice che è un’alleanza da custodire , capace di affinare l’intimità della comunione e di custodire la dignità della differenza.

Mi pare che ce ne sia abbastanza per affermare quindi l’insensatezza di chi ancora pensi a una soggezione della donna all’uomo. Mi pare incoraggiante che in termini di rispetto della dignità femminile, l’osservazione del quotidiano fa emergere che il ruolo della donna e le sue qualità siano , come è giusto, riconosciute e che sia del tutto retrograda la posizione d’intolleranza per le posizioni di vertice e rilevanza che la donna sempre più spesso va assumere. Altro problema è quello del merito, ma questo è altro, diverso problema che riguarda purtroppo entrambi i sessi , con grave violazione del principio di uguaglianza e giustizia, l’avere ciascuno quello che gli spetta.

Mi piace a proposito del ruolo e dignità delle donne nel mondo di oggi ricordare una frase del Presidente Mattarella contenuta nel suo messaggio di questo anno per la decima edizione del Tempo delle Donne svoltasi nel mese di settembre a Milano, manifestazione che ogni anno tratta temi enormi accumunati dall’avere di mira la libertà, dice il Presidente: Abbiamo oggi bisogno più che mai della forza e della cultura delle donne, che con le loro lotte, il loro impegno, la loro originalità hanno indotto e talvolta costretto le società moderne a ripensare stili, modelli e organizzazioni, contribuendo all’affermazione del valore universale della libertà. Le donne hanno cambiato la politica, la cultura e la società. E continueranno a farlo, in questa stagione in cui sfide decisive impegnano l’Italia, l’Europa e il mondo intero sulla frontiera della pace, dello sviluppo, dei cambiamenti climatici, dell’occupazione e della riduzione della disparità.

Gran bel riconoscimento e altrettanto, però, bella attribuzione di responsabilità.

A questa bella, lineare, armoniosa alleanza uomo-donna , l’essere l’uno per l’altro che inevitabilmente porta al rispetto della vita, che è grandemente fruttuosa per la crescita delle comunità, dal nucleo essenziale familiare a quella più grande, succede avere una grande  confusione sull’ analisi dell’ educazione , formazione , prevenzione , repressione, quando nella concreta intima relazione maschio-femmina l’alleanza è rotta  dalla sbagliata mentalità del possesso nella forma quella donna, o quell’uomo,  è mia o mio, o deve essere soltanto mia o mio, che se accompagnata dalla debolezza dell’indispensabilità, è spesso, come purtroppo abbiamo anche recentemente costatato, fonte di tragedia. Forme possessive che molte volte riguardano relazioni dove non c’è stato mai amore, ma piacere, e la perdita di un legame senza responsabilità, basato soltanto sulla disorientante comodità sessuale, scatena l’inferno.  Il rispetto della vita passa dal rispettare la dignità dell’essere umano, e non ci sarà mai questo rispetto quando uno dei due soggetti o entrambi considerano il rapporto instaurato  o da instaurare, come una conquista acquisitiva dell’altro.  Non c’è il dialogo relazionale che fa nascere o cementa la coppia già formata, ma soltanto una situazione possessoria, arida, degradante, con un attaccamento  da difendere ad ogni costo, pari allo spasmodico attaccamento alla roba di verghiana memoria. La persona non è roba da acquistare. L’amore non legittima il possesso. Ho appena letto le parole pronunciate ieri dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, dal Cardinale Zuppi , che ha detto non essere amore quello possessivo perché in fondi pensa solo a sé , mentre l’amore unisce all’amato.

La mentalità del possesso , dell’appartenenza della donna , guardando alla nostra realtà , alla parte del mondo in cui viviamo, fortunatamente , non mi sembra che abbia caratteristiche da configurare un sistema, ma invece abbia la caratteristica di rappresentare un male individuale. Ovviamente è un bene che sià così, ma trattandosi di mentalità sbagliate individuali è sicuramente più difficile prevenire le condotte violente a cui portano.  La mentalità sbagliata che rompe l’armonia relazionale uomo-donna, finché resta un fatto interiore della persona, sarà lui ad essere angustiato, triste, chiuso, e finché non si traduce in tormento per chi gli sta accanto c’è la possibilità di non cogliere il rischio , rischio che potrebbe non avere mai alcuna concretizzazione. Quando comincia il tormento occorre avere attenzione e comprendere le manifestazioni attuative senza sottovalutarle. Comprenderne la pericolosità prima che inizi il ciclo della violenza.

E’ veramente difficile coglierla, quando già si attraversa la fase del tormento, figuriamoci quando si è nella fase dell’angustia interiore. Essa è infatti spesso invisibile e imprevedibile. Non è anticipata da  controlli, presenza imposta,  e si avverte soltanto con il ciclo delle violenza già in corso, schiaffi, calci, pugni, maltrattamenti fisici e morali, stupri, per poi raggiungere l’apice della degenerazione  con l’omicidio.

Qualsiasi intervento legislativo che miri a eliminare la violenza sulle donne, con misure sia per prevenirla che per reprimerla, incontra il limite dell’improvviso, dei segni del possesso, dell’attaccamento non colti perché non manifestati o non percepibili.

La legge c.d. codice rosso del Luglio 2019, la cui rubrica s’intitola  Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, ha introdotto allo scopo di combattere il dilagare della violenza sulle donne, mediante una più efficace, celere protezione, novità normative sia sul piano della prevenzione che della repressione dei reati a tutela delle vittime di reati commessi nell’ambito familiare o di relazioni di coppia. La legge approvata nel 2019 , anche sotto la spinta della condanna inflitta allo Stato Italiano nel 2017 per il caso Talpis per violazione degli artt. 2 e 3 della convenzione Europea sui diritti dell’uomo, per non avere   l’Italia assicurato la dovuta protezione al suo diritto alla vita a causa di mancata diligenza e celerità nell’indagine penale , non pare avere raggiunto il suo scopo perché non sono diminuiti i fatti di violenza sulle donne che culminano nel femminicidio, anzi sono aumentati, a fronte invece di una diminuzione del numero generale degli omicidio. Darne una colpa alla legge non mi pare giusto , perché è estremamente arduo che la legge possa avere effetti sull’improvviso, sul tremendo crimine non preceduto da segni rilevatori del pericolo. Altro è il caso di ritardi e sbagli nell’applicazione della legge che compromettano l’esigenza di tempestivo intervento alla quale è stata preordinata. Non penso che neanche nuovi interventi normativi che si preannunciano essere imminenti a fronte del triste fatto dei giorni scorsi, avranno migliore fortuna, se non si riuscirà a comprendere quali siano le azioni  idonee per bloccare gli effetti tragici della  sbagliata mentalità , dell’ossessione dell’appartenenza , del possesso da non perdere, cambiandola con quella del rispetto sempre per la persona che ho avuto o che volevo accanto.

E’ certamente da apprezzare, anche se non porterà all’eliminazione della violenza sulle donne, che nella normativa in vigore e in quella che si annuncia imminente trovi spazio la formazione a prevenire queste tragedie. L’art.5 della L.19 Luglio 2019 n.69(codice rosso)prevede anzi obbliga la Polizia di Stato, i carabinieri, la polizia penitenziaria presso i rispettivi istituti di formazione specifici corsi destinati al personale che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento di questi specifici reati di violenza.

Ho recentemente appreso che la Polizia di Stato pubblica con periodicità annuale un opuscolo sul temma della violenza sulle donne, dal titolo Questo non è amore. Sarebbe importante per le storie che racconta che avesse una buona diffusione.

Che cosa fare per evitare le tragedie dell’improvviso? La degradante mentalità del possesso  nel rapporto uomo – notate che non la chiamo cultura del possesso perché significherebbe elevarla – è sicuramente da contrastare  con un  impegno, un movimento educativo che ci veda tutti protagonisti secondo il contributo che si può dare, a partire dalla propria testimonianza del rispetto della persona, dell’uomo o donna con la quale viviamo la nostra relazione di coppia. Assumiamo l’impegno minimo di dare  testimonianza del non comprimere le espressioni della personalità dell’altro o dell’altra, e con spirito di correzione fraterna interveniamo quando avvertiamo che in coppie a noi vicine si verifica questo attentato alla libera espressione dell’altro. Evitiamo di girare la faccia di fronte a queste situazione, senza essere invadenti possiamo intervenire.

Facciamo ognuno quello che possiamo fare. Considerato che quasi certamente le tragedie che i mezzi di comunicazione ci fanno condividere, derivano dalla mentalità del possesso congiunta con la debolezza dell’indispensabilità di quella relazione,  che chiusa viene vista come  una perdita irreparabile, una sconfitta inaccettabile,  un insuccesso insopportabile,  se nei nostri ambito cogliamo che vi sono situazioni che ne fanno rilevare  i sintomi quali cercare l’esclusività della relazione affettiva con chiusura ad altre relazioni sociali, vivere da coppia isolata, è bene intervenire con l’autore di questo tormento e con la vittima di esso, per segnalare con le parole giuste che la loro relazione è squilibrata, non procede bene, aiutarli nel modificare la rotta o nel pervenire in modo indolore a chiuderla.

A prescindere dal confrontarci con la situazione predetta possiamo nell’ambito familiare e comunque delle persone vicine compiere un’attività che educhi a superare la sconfitta, ad accettare l’insuccesso, il non avere quello che si desidera. Questa attività educativa sarà di grande aiuto quando ci si trovasse di fronte alla chiusura di una relazione affettiva a cui si tiene tanto. Farà capire che non era un’armoniosa alleanza e la perdita verrà superata con la  speranza che s’incontrerà la donna per la bella relazione di complementarietà per un progetto di vita da attuarsi nell’aiuto reciproco, senza incorrere nella debolezza dell’indispensabilità.

Sembrerà banale, ma è qualcosa di piccolo che  tutti possiamo fare. Vediamo di riuscire a farlo.

Voglio concludere le mie considerazioni con un invito a una riflessione su un tema che apre, a mio avviso, a un prossimo incontro, quello del danno sociale arrecato dai crimini di violenza sulle donne, quello della sfiducia. Le relazioni autentiche, significative, vere, sono caratterizzate dalla fiducia , ed essa nella relazione di coppia uomo – donna, è sicuramente posta in crisi  dai fatti di violenza all’improvviso . E’ un danno che oltre a interessare la coppia, investe anche le persone vicine a loro, investite dalla preoccupazione per quello che potrebbe succedere ai propri cari.

Francesco Punzo

 

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