Da attento osservatore dell’evoluzione del Recovery plan, ovvero la porzione del Recovery fund riservata all’Italia, non tralascio occasione per cercare di capirne di più anche se, nel merito, neanche il discorso del Presidente Draghi fatto nel giorno in cui ha chiesto la fiducia al Senato, ha aperto le porte alla chiarezza. Una delle cose che si è capita è che “ora si decidono dieci anni di futuro per la nostra bella Italia”.

Il nuovo governo parte dalla necessità che bisogna guardare al bilancio dello Stato puntando sugli investimenti produttivi, quelli che, agendo sul Pil, avranno un effetto positivo sul debito pubblico. In questo quadro, contano, come detto da Draghi,  “la qualità delle scelte e il coraggio delle visioni” per ricostruire ciò che nel tempo la crisi ha logorato o distrutto.

Va da se che la strada della ricostruzione passa dagli impieghi del Fondo di Recupero, che saranno “amministrati” da una governance inserita all’interno del ministero dell’economia e finanza, a cui collaboreranno i ministeri competenti guidati dai tecnici scelti dal presidente Draghi. La percezione è che tutto sarà gestito da SuperMario anche se, in qualche modo,  vista anche l’importanza, un certo ruolo viene dato ai ministeri come quello dello sviluppo economico, del lavoro e  della P.A.

Quali saranno le differenze rispetto al piano indicato dal Conte II ? E’ probabile che le sei missioni già individuate nel programma elaborato dal precedente governo  siano rimodulate e riaccorpate, ma il resto – cioè le componenti individuate e raggruppate nelle missioni con le relative spese previste – è una nebulosa da spazio siderale. Non si evince, altresì, alcun riferimento ai progetti pensati per ammodernare l’intero Meridione d’Italia  che, se realizzati, contribuirebbero ad eliminare la secolare asimmetria economica e sociale esistente tra Nord e Sud.

Nel piano programmatico annunciato nel discorso al Senato, Draghi per il Mezzogiorno indica la priorità, usando il termine “in primis”,  dell’occupazione femminile il cui aumento diventa un obiettivo imprescindibile. Accenna alla necessità che occorre “sviluppare le capacità di attrarre investimenti privati nazionali e internazionali per generare reddito, in un territorio in cui, per raggiungere questo obiettivo, occorre creare un ambiente dove legalità e sicurezza siano sempre garantite”. Aggiungo e suggerisco, che tale “ambiente” è necessario che venga creato un po’ ovunque nei territori del nostro bel Paese. Accenna anche al fatto che occorre “irrobustire” la pubblica amministrazione meridionale;  dice bene il presidente Draghi, perché bisogna non solo irrobustire ma anche “adeguare” le conoscenze della pubblica amministrazione, sfoltendo e riducendo al minimo anche l’iter burocratico che accompagna l’attività per gestire con rapidità e competenza fondi e progetti di sviluppo.

E’ un concetto fondamentale che viene ripreso quando, successivamente, parla di “investimenti pubblici” a livello nazionale, ricordando la necessità della preparazione tecnica, legale, ed economica dei funzionari pubblici per permettere alle amministrazioni di “poter pianificare, progettare ed accelerare gli investimenti con certezza di tempi, di costi e con il rispetto degli indirizzi indicati nel Pnrr”. Sono argomenti del Nex Generation EU, con le riforme da fare “che dovranno impattare simultaneamente su più settori in maniera coordinata, seguendo la logica dei costi- benefici”. Parla di programma e di “obiettivi strategici”, forse in parte presenti nel piano Conte II, con le necessarie riforme che li dovranno accompagnare, compresa quella fiscale che “da architrave della politica di bilancio, indica priorità, dà certezze e offre opportunità”.

Certo rimarrà un fisco con aliquote progressive e non sarà la flax tax auspicata dal centrodestra. Ma va bene così anche a Salvini. La frase chiave del paragrafo letto da Draghi è : “Selezioneremo progetti e iniziative coerenti con gli obiettivi strategici del programma, prestando grande attenzione alla loro fattibilità nell’arco dei  sei anni”. Insomma, tutto deve essere programmato nell’arco temporale previsto dal Recovery.

E  per la Sicilia?

Poco e nessuna concertazione con chi conosce i bisogni di un territorio dove mancano “infrastrutture” adeguate che darebbero alla Sicilia centralità nel Mediterraneo. A tale riguardo bisogna pensare, e forse oramai è tardi, ad una suddivisione dei fondi in modo direttamente proporzionale ai “livelli di arretratezza” dei territori, determinando quote – come avviene in ambito UE – che attengono all’agricoltura, dove aggiungerei l’industria, l’artigianato, il turismo e quant’altro collegato alle attività produttive che farebbero crescere economicamente il Sud e la Sicilia in particolare. Politiche queste certamente innovative perché agganciate al pensiero economico di Draghi che guarda alla “produttività dell’investimento sia in termini reddituali che di creazione di Pil”.

Sarebbe un premio riconosciuto con ritardo alla Sicilia che nel 1860 partecipò all’Unificazione dell’Italia – voluta da Cavour – e, in parte, realizzata con i soldi dei siciliani di allora.

Salvatore Cucinella

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