E’ ancora lecito dubitare? Parrebbe di no. Scorrendo sui giornali i commenti e le prese di posizione in ordine alla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti in tema di aborto, si percepisce, prima e al di là’ degli argomenti addotti, una sorta di furore ideologico, accompagnato da toni sprezzanti ed ultimativi, a tratti intimidatori, contro ogni avviso che osi contrastare un pensiero unico e totalizzante.

Come se non fosse più possibile coltivare il dubbio come metodo che favorisca quel paziente, pacato, ponderato uso critico della ragione che ci permetta di navigare nel marosi del nostro tempo incerto. Al di là del merito del tema in oggetto – comunque lo si voglia giudicare – siamo di fronte ad un segnale preoccupante per quanto concerne la “cifra”, l’abito mentale, lo spirito del nostro tempo.

Siamo sicuri di esserci orgogliosamente emendati da ogni residuo di pensiero ideologico per approdare finalmente a quella piena coscienza di idee chiare e distinte che ci consentano di padroneggiare, prima che il mondo là fuori, anzitutto noi stessi, il viluppo di intuizioni e di idee, di sentimenti e di riflessioni, di emozioni e di pensiero che si compongono nell’ interiorità di ciascuno?

Basta grattare appena quel sottile involucro di “politicamente corretto” in cui sembra essere “cellophanato” il nostro mondo, perché, da fonti impensabili, da laici o laicisti a tutto tondo, sempre pronti a dileggiare il cosiddetto “clericalismo” dei credenti, balzi d’un tratto un dogmatismo irruento ed intollerante. Evidentemente trattenute sotto traccia a stento, non appena l’occasione lo consente, tracimano certezze apodittiche, spesso in contraddizione con quello spirito della scienza che dovrebbe stare particolarmente a cuore a chi vi ravvisa il fondamento inderogabile di un pensiero libero ed illuminato.

Che siano i credenti ad avere appreso la “laicità” del discorso pubblico meglio dei loro sedicenti censori di stampo laicista? C’è davvero ancora qualcuno che possa seriamente pensare che l’embrione sia un’appendice del corpo materno, ne costituisca una sorta di escrescenza, cosicché la donna abbia pieno diritto, se ritiene, di liberarsene ?
O non è piuttosto vero che l’embrione è, in ogni caso, letteralmente “figlio”, nel senso etimologicamente proprio del termine, cioè colui che succhia ed assume il nutrimento vitale dalla madre, cioè da chi nel suo stesso nome evoca il concetto di “dono” orientato alla vita?

Negli States c’è chi evoca addirittura una seconda guerra di secessione, questa volta culturale. Ed anche da noi c’è chi allude ad una sorta di terza guerra mondiale, combattuta sul piano dei costumi, sulla consapevolezza di sé, sul senso della vita, sul significato della storia. E’ davvero sorprendente che nell’età dei disincanto dei valori, irrompa una tale dialettica? E’ meno sorprendente di quanto possa apparire a prima vista. Ed, anzi, forse, perfino incoraggiante. Vuol dire che, comunque la di pensi, qualunque sia la percezione originaria dell’ordine dei valori che orienta il pensiero e la vita di ciascuno, l’uomo continua ad essere una passione per sé stesso. E questa è una buona notizia, al cui sviluppo dobbiamo tutti concorrere con prudenza, con saggezza e con rispetto.

Domenico Galbiati

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