Come preannunciato dalla segreteria della CEI nei primi mesi dell’anno corrente, è stato pubblicato, ormai alla fine di giugno, il documento preparatorio della Settimana Sociale dei cattolici in Italia che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema “AL CUORE DELLA DEMOCRAZIA/Partecipare tra storia e futuro”.

Va subito ricordato che l’avvenimento della cinquantesima edizione della Settimana Sociale coincide con lo svolgimento del Sinodo della Chiesa Cattolica sulla sinodalità, anzi esso stesso auspica di poter immaginare il futuro in sintonia con la tappa profetica del Cammino sinodale. Non è neppure casuale che nell’Instrumentum Laboris del Sinodo fossero già apparse delle affermazioni coraggiose che intendevano accreditare la Chiesa cattolica come soggetto impegnato e garante della ricostruzione della stessa democrazia.

Dunque, si accennava, seppure vagamente, all’esigenza di mettere mano all’edificio democratico che mostrava crepe preoccupanti. Poi la fase sinodale di ascolto dal basso, partendo dalla dimensione diocesana, ha onestamente segnalato che la sintesi dei lavori di dialogo e confronto, in particolare registrati in seno alle parrocchie, mostrava una costante carenza: la mancanza di riferimenti ai contesti sociali e politici dei relativi territori.

Una sorta di estraneità del mondo cattolico credente e praticante alle sorti della comunità, un ripiegamento esplicito nell’ambito di una fede intimistica, una preferenza per le azioni di volontariato e di carità sociale e una caduta di fiducia negli stessi rituali della vita democratica a cominciare dalle delicate procedure elettorali. Con una maggiore propensione alla parresia, diritto-dovere di dire la verità, con coraggio e franchezza, il Cardinale Carlo Maria Martini nel lontano 1995 ebbe a scrivere: La Chiesa non deve tacere perché in Italia è in gioco la sopravvivenza dell’èthos politico. Non è la Chiesa come tale in pericolo; è la natura stessa della politica e quindi della democrazia.

Lo storico ci ricorderebbe che sono passati più di trent’anni da quella data che coincide con l’avvio dei fasti del berlusconismo, del populismo mediatico e televisivo, dei sussulti susseguenti del sovranismo leghista, dell’approdo alla guida del Paese della Destra, nella perdurante diaspora dei cattolici. Com’è ridotta oggi la nostra democrazia? Sorprende che sia passato un tempo così lungo per riconoscere la “crisi della democrazia” e per avere consapevolezza che esiste un vero e proprio attacco interno ed esterno contro la democrazia (tesi documentata da Magatti) e che la sopravvivenza della democrazia è strettamente legata a quella dell’Occidente, oggi alle prese con una guerra non proprio imprevedibile nel cuore dell’Europa. Ma la crisi attuale della democrazia è anche la conseguenza dell’attacco ai tre principi democratici fondamentali: l’universalità, la verità, la libertà.

L’universalità viene negata dal sovranismo, la verità è rimessa in discussione dal relativismo e la libertà è umiliata dal libertarismo, dall’individualismo, dall’egoismo (Stefano Zamagni). Il filosofo Tzvetan Todorov aveva già messo in guardia sui “nemici intimi”, cioè interni, della democrazia: l’individualismo spinto all’eccesso, il neoliberismo avido e senza regole, la deriva populista. Per questo, a suo parere, la democrazia ha bisogno di rinnovarsi per sopravvivere, alla ricerca di un nuovo equilibrio tra i valori su cui è fondata.

Il documento per Trieste 2024 ci ricorda che abitiamo un tempo di grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali che ci chiede capacità di confronto e di collaborazione con tutti; si potrebbe dire che questo cambio d’epoca ci interroga soprattutto come cristiani inquieti alla ricerca di un nuovo umanesimo fondato sulla fedeltà alla comunità come luogo della libertà. Prima di essere una forma di governo la Democrazia è la forma di un desiderio profondamente umano, quello di vivere insieme e di costruire una comunità nella fratellanza che è frutto della partecipazione di ciascuno nella libertà e nella giustizia.

Una democrazia senza popolo non ha senso: il Rapporto Censis del 2022 racconta un’Italia senza cittadini, senza abitanti, senza fedeli, senza lavoratori, senza fiducia e senza speranza, vittima ormai della sindrome del malumore. “La democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino” (Papa Francesco). Come cristiani  dobbiamo scoprire e ascoltare  un’Italia con energie positive che opera in tante realtà associative e che può indurci ad essere ottimisti.

L’arcipelago cattolico deve cogliere l’opportunità della Settimana sociale di Trieste per illuminare meglio la ferita di un trentennio di diaspora che ha fatto dimenticare una storia lunga e gloriosa di impegno politico e sociale dei cattolici popolari e democratici. Ci conforta leggere nel documento preparatorio la storia  che abbiamo alle spalle: da don Luigi Sturzo che diede vita al Partito Popolare italiano al contributo fondamentale dei costituenti cattolici alla redazione della Carta Costituzionale che proprio quest’anno compie 75 anni.

Si avverte il desiderio di un nuovo inizio per affermare il concetto di potere come servizio  al bene comune e per restituire autorevolezza alla politica e alla democrazia fondata sull’amore civile. La crisi del nostro tempo non va sottovalutata e va compresa nelle sue diverse componenti: la componente sociale che genera nelle nostre vite quotidiane paura e spaesamento, quella climatica con le conseguenze che sono davanti agli occhi di tutti con il riscaldamento del pianeta e le inondazioni, la componente geopolitica con la pace sempre fragile nel confronto scontro tra democrazie e regimi autoritari, la componente migratoria che ci racconta ogni giorno un mondo che si muove e che sollecita la nostra capacità concreta di accoglienza e di fraternità universale.

Benvenuta dunque la Settimana sociale dei cattolici italiani a Trieste nel 2024 per rassicurarci che il diritto a un lavoro degno rivendicato a Cagliari nel 2017 e il dovere dell’ecologia integrale ribadito a Taranto nel 2021 non si realizzano senza la migliore politica che oggi si salda con la difesa della democrazia e della partecipazione di tutti.

Antonio Secchi

 

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