Abbiamo assistito in questi giorni su una trasmissione televisiva nazionale allo scontro dialettico tra il deputato Michaela Biancofiore ed il giornalista Vittorio Feltri, sulla “questione altoatesina”, come è stata definita.
Nello statuto del partito di raccolta tedesco SVP in Alto Adige – Südtirol si può leggere tuttora che “come conseguenza della prima guerra mondiale l’Alto Adige, per secoli parte dell’Austria, fu separato dalle madrepatria e tale ingiustizia storica viene tuttora sentita come tale dalla popolazione”.
Vittorio Feltri ha sostanzialmente appoggiato questo sentimento popolare e ciò ha creato lo sdegno della nostra deputata, che vivacemente ha sostenuto, che “l’Italia ha vinto la guerra” e che l’ ‘accordo De Gasperi-Gruber (conosciuto anche come accordo di Parigi, Gruber-De-Gasperi-Abkommen in tedesco), così chiamato dai nomi degli allora ministri degli Esteri italiano (Alcide De Gasperi)[1] e austriaco (Karl Gruber), fu firmato il 5 settembre 1946 a Parigi a margine dei lavori della Conferenza di pace, per definire la questione della tutela della minoranza linguistica tedesca del Trentino–Alto Adige e che “l’ingiustizia storica” o la rivendicazione ancora attuale non doveva più così esistere.
Vittorio Feltri ha sottolineato come di fatto in Alto Adige-Südtirol non si è combattuto e che quindi di fatto nella popolazione il concetto di “vittoria” e relative conseguenze non giustificasse di perdere il proprio senso di patria nativa.
La Guerra è decisa da pochi e subita per coinvolgimento di tutte le popolazioni, su fronti alleati o oppositi con enormi sofferenze e perdite.
L’opposizione partigiana, come reazione ha scelto e perpetrato azioni di difesa ed attacco, altrettanto dolorose, così come il “terrorismo” negli anni di ferro in Alto Adige-Südtirol di nuovo ha provocato per ragioni ispirate ad un patriottismo, perdita di vite umane, che ha ispirato una via di azione inaccettabile, frutto di scellerate decisioni di pochi, ancora oggi i così detti “bravi ragazzi”.
Non entro in ragioni di Stato o politiche, ma valuto oggi, in periodo di pace raggiunta come Valore inestimabile, delle pure situazioni e dei sentimenti di popoli, quindi valutazioni antropologiche, quindi di sentimenti umani di larghe fasce di popolazione in queste terre.
È indubbio che già ai tempi dell’invasione napoleonica, le nostre popolazioni locali rurali, paventarono di vedersi imporre delle “gabelle” che avrebbero gravato in dismisura sulla economia rurale locale e quindi sul futuro di intere famiglie, da qui il voto al “Sacro cuore di Gesù”, voto che ancora oggi si ricorda con i fuochi sulle nostre montagne il 3 giugno di ogni anno (3 giugno 1976).
Anche questa è una tradizione popolare vissuta nel mondo locale tedesco ancora oggi come evento di reazione e di orgoglio popolare.
Non si può a mio avviso “chiudere” il tema nei sentimenti dei popoli, evocando semplicemente e sempre solo “accordi” tra popolazioni a conclusione di conflitti mondiali, anche se tali accordi possono avere garantito vantaggi politici ed economici in quei momenti difficili.
Se continueremo o nostri rappresentanti politici continueranno con “veemenza dialettica” a rituffarsi nelle ragioni solo politiche o nazionaliste, sottovalutando il peso delle sofferenze antropologiche ancora sentite dai popoli, perché è indubbio che ancora si senta questa sofferenza di tempi ancora vicini, continueremo a dare prevalente valore a logiche di potere non alla sofferenza popolare, che comprende certamente sia il patriottismo, ma anche le perdite di ogni soldato caduto su tutti i fronti contrapposti, “mandato” in guerra a combattere i coetanei dell’altro fronte.
Io credo che non si riesca nemmeno ad immaginare quale sofferenza ciò abbia indistintamente provocato al di fuori degli scalmanati che sempre ancora in ogni conflitto vi sono.
Ma oggi a guardare alla sofferenza diffusa di famiglie e popoli, sul piano antropologico, non si sbaglia mai ed a parimenti respingere decisamente ogni ambizione di sovranità nazionale che porti a conflitti disastrosi per popoli, famiglie, anziani, bambini, pure.
Ecco perché non posso che unirmi, seppure non approvando sempre il burbero linguaggio di Feltri, al suo tentativo di riportare le valutazioni sul piano antropologico, certamente criticando allo stesso tempo ogni azione politica che miri ancora a dividere, quindi ogni rivendicazione etnica oltre ai limiti e provoca il rinfuocarsi di bollenti spiriti.
Cerco quindi di riconoscere, almeno sul piano popolare, la dignità di una sofferenza, di ogni sofferenza, mirando a sottolineare i Valori, non le ragioni o i torti politici.
Si deve avere questo coraggio di un leale riconoscimento ed andare incontro, per avviare finalmente un cammino insieme. Sottolineo, insieme alla nostra gente.
Alberto Berger – Presidente Sezione UCID della Provincia di Bolzano