Ancora una volta a chiedersi cosa rappresenti il risultato di un’elezione. In questo caso quella regionale del Friuli. L’affluenza è precipitata al 45% con un notevole calo rispetto al 50%, e già non fu una bella cosa, di cinque anni fa. Fedriga resta alla guida della Regione e può vantare il fatto che non c’è stato lo sfondamento di Fratelli d’Italia ai danni della Lega.

Ma questi sono dettagli interni che interessano la conflittualità interna alla destra, che non è cosa nuova, e comunque risolta con il collante della distribuzione dei posti. Così come resta un dettaglio la conferma che Forza Italia, in Friuli ha raccolto poco più del 6%, è diventata la “ruota di scorta” di una coalizione in cui c’è sempre più destra e quasi niente centro.

Tutti gli altri arrancano. Il Pd non gode delle vento che i sondaggi sembravano aver messo nelle vele dopo l’elezione di Elly Schlein alla Segreteria. Azione e Italia Viva registrano il peggior andamento elettorale delle ultime votazioni e, come accaduto in Lombardia e Lazio, restano abbastanza lontani da quell’8% ricevuto a livello nazionale nelle elezioni generali del 25 settembre dell’anno scorso. La conferma che il Terzo Polo se continua a restare negli schemi della politica tradizionale non marca quella novità che dovrebbe costituire l’unica cifra adatta a smuovere un sistema ingolfato e senza prospettive.

Ovviamente, inutile illudersi che anche questa volta i partiti riflettano su come la gran parte della gente volta loro le spalle. Del resto, abbiamo sentito Fedriga dirsi orgoglioso del risultato raggiunto senza profferire una parola sul deserto nei seggi. Egli si aggiunge a quelli dell’attuale maggioranza parlamentare, nata sulla raccolta di meno del 44% del 41% dei voti validi (astensioni, voti nulli e schede bianche hanno raggiunto circa il 59%), impegnati sempre a celebrare il mandato che dicono di aver  ricevuto dagli italiani. Possiamo dire benissimo che, purtroppo, se la cantano e se la suonano da soli.

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