Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms),accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (Sip),di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 22,1% dei bambini di 2-5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, pc, tablet o smartphone),per la maggior parte per meno di un’ora al giorno. I livelli di esposizione crescono con l’aumentare dell’età, se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine che ha un’esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Oltre 1 bambino su 6 tra undici e quindici mesi è esposto a schermi almeno un’ora al giorno,il 3% per tre ore e più al giorno.

Questi alcuni dei dati della XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, dal titolo “Tempi digitali”, diffusi da Save the Children.

L’impatto negativo sui bambini

Tra i rischi dell’esposizione troppo precoce e prolungata, oltre al possibile impatto negati vo sullo sviluppo cognitivo, linguistico e emotivo del bambino, nel lungo periodo c’è quello di favorire comportamenti sedentari e obesità infantile.

Non solo degli schermi, è anche un alto utilizzo degli assistenti vocali:

il 46% delle famiglie con almeno una figlia o un figlio entro gli 8 anni d’età è in possesso di un assistente vocale, tra questi 1 bambino su 3 interagisce con questi apparecchi in autonomia, nonostante non siano stati progettati per loro.

E’ veramente preoccupante che si abbassa l’età in cui si usa un cellulare. In Italia il 78,3% di bambini tra gli 11 e i 13 anni utilizza internet tutti i giorni e lo fa soprattutto attraverso lo smartphone. Si abbassa sempre di più l’età in cui si possiede o si utilizza uno smartphone, con un aumento significativo di bambini tra i 6 e i 10 anni che utilizzano il cellulare tutti i giorni dopo la pandemia: dal 18,4% al 30,2% tra il biennio 2018-19 e il 2021-22.

Secondo  lo Psichitra Crpet il problema riguarda i genitori: “Il vero problema è che sono i genitori che vogliono che i figli abbiano il cellulare. Con tutti i ricorsi al Tar che ci sono stati, avremmo dovuto capirlo che la questione va risolta a monte. Sono proprio loro i primi che dovrebbero monitorare i figli, capire cosa fanno e come si comportano con gli altri, ma non lo fanno affatto. Lo vediamo tutti i giorni”.

“Ma possono verificare quello che fanno i figli la sera, quando rientrano a casa. Va bene la scusa del lavoro, ma non dimentichiamo che non è che i genitori lavorano fino alle due di notte. Il problema è che dopo una giornata fuori, non hanno voglia di andare a vedere cosa hanno fatto i ragazzi in loro assenza, cosa hanno filmato, dove si sono collegati. Eppure, dovremmo saperlo: prendersi cura dei figli e verificare se hanno compiuto azioni corrette o meno è una regola morale dei genitori”, ha aggiunto.

Ma requisirli non basta: bisogna fare qualcosa, secondo l’esperto, in merito ai social: “Secondo me bisognerebbe bloccare i profili social. Però, non so se sarà così semplice metterlo in pratica. Anche perché spesso non vengono usati profili personali, ma quelli della mamma, oppure della zia. Forse, il tribunale dei minori dovrebbe attivare la polizia postale, che però ha già il suo gran da fare. Insomma, è una questione molto complicata. Ma di certo, servono norme che regolino questo aspetto”

Gli Adolescenti e i Social

Tra gli adolescenti cresce l’uso dei social: di Instagram, Tik Tok, Snapchat e videogiochi. Ragazze e ragazzi sfruttano la connessione per molteplici attività, a partire dalla messaggeria istantanea, utilizzata dal 93% dei 14-17enni. Tra le altre attività online preferite dagli adolescenti ci sono: guardare i video (84%, in crescita), frequentare i social media (79%) e l’uso dei videogiochi (72,4%). Se le ragazze frequentano con più costanza e intensità i social media (84% contro il 74% dei maschi),il gaming impegna di più i ragazzi (81% contro il 64% delle ragazze).

Anche tra gli adolescenti cresce anche il tempo trascorso online: all’ inizio del 2023 quasi la metà (il 47%) dei 3.400 11-19enni intervistati in occasione del Safer Internet Day ha dichiarato di passare oltre 5 ore al giorno online (era il 30% nel 2020) e il 37% controlla lo smartphone più di dieci volte al giorno.

L’aumento dei casi di bullismo e cyberbullismo

Aumentano anche i rischi di cyberbullismo, con le conseguenze nefaste che conosciamo. I videogiochi, che in Italia sono un mercato in continua espansione rappresentato per il 47% da giovani tra i 6 e i 24 anni, sono luoghi sociali dove bambini e adolescenti costrui scono anche la propria identità, luoghi valoriali dove i più giovani discutono e si confrontano su molteplici tematiche, ma che li espongono anche a pericoli, dal rischio di bullismo a quello di non comprendere le regole della privacy o le modalità di interazione con gli altri giocatori o di subire le scelte degli algoritmi .e cresce anche la dipendenza da internet

L’Atlante di Save the Children evidenzia che in Italia le ragazze e i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che mostrano un uso problematico dei social media sono il 13,5%. Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo dei social media c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Per quanto riguarda, invece, i videogiochi, il 24% dei giovani di 11, 13 e 15 anni ne fanno un uso problematico: qui sono però i ragazzi a essere più esposti e l’età, in questo caso, si abbassa a 11 anni.

Benché ancora non esista una definizione univoca di dipendenza da internet, in Italia ci sono 87 i Centri territoriali che offrono assistenza ai minorenni attraverso équipe multi disciplinari formate da psicologi, assistenti sociali, educatori.

Delle 10mila persone, tra giovani e adulti, che finora hanno contattato questi servizi, la fascia d’età più rappresentata è quella dei 15-17enni (con il 13,7% dei maschi e il 9,2% delle ragazze) mentre quella tra 0 e 17 anni, nel suo complesso, costituisce quasi il 30% del totale.

Il 15% degli adolescenti italiani (più di 1 su 6) dichiara di essere stato vittima di atti di bullismo e di cyberbullismo almeno una volta nella vita.

La percentuale è più alte tra le ragazze e tra i più giovani, con proporzioni di circa il 20% negli 11enni che progressivamente si riducono al 10% nei più grandi.

I dati emergono dalla VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena, con il supporto del ministero della Salute, la collaborazione del ministero dell’Istruzione e del Merito e tutte le Regioni e Aziende Sanitarie Locali.

La ricerca è diffusa in occasione della giornata nazionale contro il bullismo e cyber bullismo che coincide con la Giornata Europea della Sicurezza in Rete indetta dalla Commissione Europea (Safer Internet Day) che si celebra in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo.

Importante è anche il Report di Telefono azzurro. Il 65% dei ragazzi teme di essere contattato da estranei adulti. Seguono il bullismo (57%), oversharing di dati personali (54%),la visione di contenuti violenti (53%) o sessualmente espliciti (45%), l’invio di contenuti di cui ci si potrebbe pentire (36%), le spese eccessive (19%), il gioco d’azzardo (14%). Sono alcuni dei dati del Report ‘Tra realtà e Metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale’, elaborato da Telefono Azzurro in collaborazione con Doxa kids.

La ricerca è stata condotta su un campione di 804 genitori e 815 giovani tra i 12 e i 18 anni tra il 7 e l’11 novembre, offre uno spaccato delle percezioni dei giovani tra i 12 e i 18 anni e dei loro genitori, sul rapporto con il mondo digitale, coprendo problematiche quali gaming, salute mentale, condivisione dei dati e privacy.

Secondo un’altra indagine dell’Istituto di ricerca ’Eures per il 70,5% degli intervistati l’aspetto fisico è il principale fattore di rischio.

L’aspetto fisico, seguito dall’orientamento sessuale e dal Paese di provenienza sono i principali fattori di rischio indicati dagli oltre 1600 studenti di 8 scuole romane (tra primarie e secondarie di primo e secondo grado nel periodo febbraio-novembre 2022) interpellati sul fenomeno del bullismo.

Il Report Eures, realizzato in collaborazione con la Regione Lazio, le “radici del bullismo” presentano la maggiore estensione nel periodo preadolescenziale rallentando progressivamente la loro pervasività nelle fasi successive dello sviluppo dei giovani.

La più alta incidenza di vittime del fenomeno si registra infatti tra i bambini delle scuole elementari (dove il 50,5% afferma di esserne stato anche occasionalmente vittima), scendendo al 40,9% nelle scuole medie e al 33,3% nelle scuole secondarie superiori. Il 70,5 per cento dei giovani intervistati colloca al primo posto, con il 70,5% delle indicazioni, l’aspetto fisico, come principale fattore di rischio.

Seguono le citazioni relative all’orientamento sessuale (30%) e all’etnia/nazionalità di provenienza (27,3%). Mentre l’isolamento e l’esclusione dal gruppo, le principali forme di violenza in cui si manifesta il bullismo secondo il sondaggio, sono stati sperimentati dal 44,8% delle vittime, con maggiore diffusione nelle scuole elementari (55,8%). Si segnala inoltre come il 21,5% degli studenti delle scuole secondarie affermi di essere stato vittima del cyberbullismo. A denunciare più frequentemente fenomeni di esclusione o isolamento sono gli studenti stranieri e le ragazze (52,8%).

L’esperienza diretta del bullismo comporta molteplici e durature ripercussioni sul benessere psico-fisico e relazionale delle vittime.

Dall’indagine spicca che gli atti di bullismo vengono prevalentemente commessi all’interno della classe. Gli autori (coetanei delle vittime nel 70,9% dei casi) sono soprattutto identificati come giovani di sesso maschile, che tendono ad agire “in branco”. Ma anche gli altri luoghi di aggregazione, seppure meno esposti al fenomeno, non ne sono immuni, come il quartiere e l’ambiente sportivo.

Significativa la quota di testimoni (il 32,7%) che afferma di “non aver fatto nulla”, assistendo in maniera passiva agli atti di bullismo per non essere a sua volta preso di mira dai bulli e perché la vittima non rientrava nella sua cerchia di amici.

Il 15% degli adolescenti italiani (più di 1 su 6) dichiara di essere stato vittima di atti di bullismo e di cyberbullismo almeno una volta nella vita.

La percentuale è più alte tra le ragazze e tra i più giovani, con proporzioni di circa il 20% negli 11enni che progressivamente si riducono al 10% nei più grandi.

I dati emergono dalla VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza HBSC Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità insieme alle Università di Torino, Padova e Siena, con il supporto del ministero della Salute, la collaborazione del ministero dell’Istruzione e del Merito e tutte le Regioni e Aziende Sanitarie Locali.

La ricerca è diffusa in occasione della giornata nazionale contro il bullismo e cyber bullismo che coincide con la Giornata Europea della Sicurezza in Rete indetta dalla Commissione Europea (Safer Internet Day) che si celebra in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo.

L’unico fatto positivo è quello  che i giovani utilizzano la connessione anche per informar- si: il 28,5% degli 11-17enni legge riviste e giornali online (percentuale che sale al 37% nella fascia 14-17 anni) e sfrutta i social media come canali di informazione, anche se non sempre dichiara di sapersi difendere dalle insidie delle fake news.

Conclusioni

Togliamo i cellulari dalle mani dei nostri figli e restituire loro i  meccanismi naturali della creatività. “La creatività consiste nel mantenere nel corso della Vita qualcosa che appartiene all’esperienza infantile: la capacità di creare e ricreare il Mondo. È l’onnipotenza del pensiero propria dell’età infantile. La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività”  come afferma Donald W. Winnicott (psicoanalista)….

La tecnologia non è un male, men che meno è il male assoluto!

Essa rappresenta uno strumento comunicativo a cui i bambini vanno abituati e a cui devono accedere ma la conoscenza tecnologica (compresa quella social) va approfondita in una logica di competenze e di sfruttamento dei sistemi che la caratterizzano.

Tuttavia la tecnologia corre il rischio di invadere anziché accrescere, ovvero da rivoluzione culturale rischia di essere declassata a mera invasione tecnologica (invasione dei costumi più che invasione culturale e dei saperi).

Questa valutazione può dipende dal fatto che la tecnologia, così come è disponibile oggi per i nostri figli, è persuasiva e dà assuefazione: i ragazzi si abituano ad essere in rete, alla velocità della rete e escono, così, dalle dinamiche di contatto e interazione fisica.

Ma non è certo colpa dei ragazzi, ma è colpa degli adulti che non sanno proporre alternative, che non riescono a comprendere i codici comunicativi dei giovano né ci sforziamo di  spendere energie di condivisione.

Questa incapacità di apprezzare le piccole cose è ormai intrinseca nelle nuove generazioni o è solo dovuto ad un momentaneo contagio che si può contrastare semplicemente mettendo da parte la tecnologia e alzando la testa per guardare il Mondo che ci circonda

Sicuramente la tecnologia, le reti sociali e la messaggistica istantanea sono diventati un’eccellente risorsa per mantenerci connessi con il Mondo, soprattutto con i nostri cari che non abbiamo la possibilità di avere vicini quando ne abbiamo bisogno.

Tuttavia, ciò non deve assolutamente portarci all’isolamento in un mondo cibernetico, e farci dimenticare le cose importanti che alimentano l’educazione e la socialità. In futuro il web apparterrà alla vita dei nostri figli, sia per lavoro, sia nelle quotidianità.

I genitori, insieme alla scuola, dovrebbero concorrere positivamente all’educazione web dei ragazzi favorendone l’accesso razionale e consapevole alla rete.

Crepet attribuisce la colpa agli adulti: “Ma non è solo questo il problema. In realtà, c’è un tema che si sottovaluta, e su cui dovremmo interrogarci: è noto infatti che spesso sono gli adulti stessi che usano i social, mandano video, usano le chat, si collegano agli stessi siti web che utilizzano gli adolescenti”.

Crepet ha, pure ,ribadito che i cellulari non dovrebbero essere usati dai giovanissimi, alme no a scuola: “La mia idea è che intanto fino a una certa età, per esempio fino a 14 anni, almeno a scuola non si debbano usare i cellulari. E questo limite bisogna definirlo come legge dello Stato, altrimenti poi ognuno fa come vuole. In sostanza, le norme occorre saperle fare applicare, altrimenti è tutto inutile. Perché nessuno può intervenire dentro le quattro mura domestiche, per cui alla fine si può dare a un ragazzino di 13 anni il telefonino per tutta la notte e nessuno incorre in nulla di strano”

La tecnologia è fondamentale, ma ha fatto, e continua a fare tanto male. Impariamo l’uso corretto diamo il giusto valore alla vita, come afferma David Cenci.

Mario Pavone

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