Essere divisivi difendendo principi non negoziabili o essere accomodanti e inclusivi fino a nascondere verità scomode?
Quesito che appare ai più episteme cruciale per la presenza dei cattolici nel sociale, tanto che si sono formati due schieramenti contrapposti, con tanto di supporters e gli immancabili “pontieri” a cercare di rammendare questa lacerazione che dà scandalo.
Il punto di partenza – forse involontario – di entrambi i gruppi di pensiero è quello di porsi “esterni” al mondo, osservandolo: chi per giudicare e riaffermare la necessità di verità fondanti trascurate o addirittura contrastate, chi silenziando i principi per sperare di avere ascolto nel mondo.
Di fatto, per entrambi una condizione di sostanziale estraneità al mondo che, conseguentemente , non sa cosa farsene sia degli uni che degli altri: l’irrilevanza dei cattolici è la condizione che si sperimenta da decenni nel mondo occidentale e anche in Italia, qualunque sia l’approccio.
L’estraneità del fatto cristiano e di Dio è l’humus di cui è intrisa l’esperienza quotidiana della stragrande maggioranza degli italiani e degli europei: questo è un punto fermo da cui non si deve prescindere.
Prendiamo il “caso Lambert”, fatto così incredibile da essere indicibile: alcuni medici e il personale sanitario coinvolto decidono di smettere di assistere una persona totalmente fragile e dipendente dagli altri anche per l’idratazione, condannandola alla morte, anche contro il parere dei famigliari. Il fatto, oggettivamente gravissimo, ha avuto un rilievo tutto sommato modesto e di durata effimera sui media e anche sui social, e non per “congiura politica”: anzi, l’impressione è che il sentimento prevalente fosse di “imbarazzato fastidio” solo a parlarne.
Segno di grave crisi etica? Forse.
Quali sono le esperienze quotidiane che hanno fatto per anni quei medici francesi per portarli a credere con convinzione che fosse giusto interrompere ogni supporto, anche minimo, a Lambert facendolo morire? Non è certo un pensiero costitutivo dell’essere medico, né si può credere che chi ha compiuto quel gesto ha perciò rinnegato il suo essere medico e che lo avesse fatto in una fase di sospensione di coscienza!
E perché l’imbarazzato fastidio di molti, quando ci si indigna addirittura per le modalità di macellazione degli animali da carne, giudicate “inumane”? Numerosissime esperienze quotidiane, spesso intime e nascoste, di insopportabile stanchezza e solitudine di fronte al peso assistenziale di anziani e gravi disabili cronici, specie quando c’è compromissione mentale, che costringono a piegare desideri e la stessa vita di chi li assiste e che fanno fugacemente balenare – con senso di colpa e di vergogna – la speranza di un loro venir meno liberatorio, così da potersi sottrarre al loro giogo pesante: attimi di debolezza, che angosciano e spaventano, ma scolpiscono indelebilmente la nostra mente nascosta. E sono pensieri che abitano la mente non dei fanatici libertari, ma di tante persone di buona volontà, credenti e no.
Come cercare di interpretare i fenomeni sempre più frequenti di maltrattamenti verso anziani e disabili, se non leggendoli come epifenomeni drammatici di un “mood sociale” che rende evidente il collasso di tenuta emotiva e critica, di molte persone?
E così la notizia di Lambert “fatto morire”, materializza quell’orribile nostro pensiero che a volte ci assale, nella solitudine e nella fatica, quando assistiamo persone fragili e dipendenti: imbarazzo e spavento, perché scopriamo che è un pensiero che abita dentro molti di noi.
Come è possibile che questi pensieri abitino la mente di numerosi uomini e donne del nostro tempo? Quali esperienze e quale asfissiante pressione del contesto esterno, anche se spesso non coscientemente avvertita, determinano, proprio come le dinamiche di un fiume carsico, l’emersione di pensieri, emozioni e atti così incredibili?
Abitare il mondo e non guardarlo dall’esterno, vuol dire scavare nella esperienza quotidiana per vedere la sottile e continua catena dei tanti fatti, anche molto distanti dalla questione del prendersi cura, che agiscono da antecedenti inconsapevoli che ci portano poco a poco a vivere quelle situazioni di peso e fatica ( di certo non superiori ad altre fatte dall’umanità in passato) da dove può scaturire quel tipo di pensiero. Certo, non sempre il pensiero o il desiderio diventano azioni: e c’è differenza tra il fugace pensiero e l’azione deliberata, ma senza il primo, nessuna azione si manifesta.
E se un certo tipo di pensiero, magari nascosto e represso, è diffuso tra la gente, prima o poi troverà il modo di farsi accettare come prassi manifesta.
Homo homini lupus?
In origine, non è così.
E’ un dato certo che l’essere umano, ogni essere umano, è naturalmente “cablato” per andare verso l’altro, sostenendolo, a meno che continue e innumerevoli esperienze di segno contrario distorcano la naturale espressione della propria umanità.
Possiamo diventare “predatore” dell’altro: e anche ucciderlo.
Una azione politica che vuole fondarsi sulla ispirazione cristiana, come Politica Insieme sta cominciando a fare, deve quindi “entrare nel mondo” degli uomini e delle donne del nostro tempo e comprendere assieme i meccanismi che lentamente hanno portato quasi a mutare l’antropologia naturale del genere umano.
Forse, una organizzazione socio-sanitaria soggiacente alle regole della azienda, con il sottile e asfissiante richiamo ai costi, con i suoi “cruscotti direzionali” che finiscono sempre con l’icona dell’euro, al punto che in ogni regione e anche a Roma, il vero gestore è il “Tesoro”, è una insidia che è stata troppo sottovalutata, in nome del principio “Denaro first”.
Forse, una organizzazione di vita che premia economicamente chi è single, e lascia in precari equilibri organizzativi la vita di molte famiglie, anche quelle senza rilevanti problemi assistenziali, ha portato a capovolgere silenziosamente la gerarchia dei valori naturali.
Forse qualche ministero o assessorato in meno alla Famiglia e alla Disabilità e una rivoluzionaria politica del lavoro e di gestione delle risorse economiche da parte del Tesoro, è la chiave per cominciare a invertire la rotta e evitare che i casi “Lambert”, legge o non legge, si moltiplichino fino a diventare la normale quotidianità del vivere.
La resistenza sorda e continua a rinviare le misure attuative della legge di riforma del Terzo Settore è uno dei tanti segnali che il Sistema non vuole neppure timidi interventi di Riforma nel campo economico e del profitto, figurarsi le rivoluzioni: che sia lì la chiave su cui concentrare la nostra azione per salvare da morte certa i tanti “Lambert” delle periferie esistenziali?
Sfida etica, ma senza caricare pesanti e ulteriori fardelli sulle spalle incolpevoli di tanti uomini e donne del nostro tempo.
Massimo Molteni