Il 2 luglio inizierà la raccolta delle firme previste dalla Costituzione in calce ai sei quesiti referendari “per la giustizia giusta”, proposti dal Partito radicale e dalla Lega. Dopo le considerazioni introduttive pubblicate ieri ( CLICCA QUI), da oggi su questo sito il Centro studi Rosario Livatino offre una prima lettura dei quesiti medesimi, verificando per ciascuno di essi – uno al giorno – i problemi di ammissibilità, gli effetti derivanti dalla sua eventuale approvazione, il differente impatto sul sistema istituzionale. Partiamo dal referendum sulla responsabilità civile dei magistrati.

Il quesito. Volete voi che sia abrogata la Legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 2, comma 1, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 4, comma 2, limitatamente alle parole “contro lo Stato”; art. 6, comma 1, limitatamente alle parole “non può essere chiamato in causa ma”; art. 16, comma 4, limitatamente alle parole “in sede di rivalsa,”; art. 16, comma 5, limitatamente alle parole “di rivalsa ai sensi dell’articolo 8”? **

1. Il quesito n. 1 interviene sul testo della legge 13/04/1988 n. 117 (c.d. legge Vassalli), che disciplina il risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e la responsabilità civile dei magistrati. Nella sostanza, con l’eventuale abrogazione delle disposizioni indicate nel quesito si mira a consentire al cittadino di agire direttamente contro il magistrato per il risarcimento dei danni conseguenti a responsabilità civile, senza lo schermo dello Stato, che era stato voluto e disciplinato dalla menzionata legge Vassalli.

Il testo attualmente in vigore della legge n. 117/1988 prevede infatti un sistema di responsabilità “a due velocità”: “chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali» (art. 2 co. 1). Ciò significa che per gli atti del magistrato che sono fonte di responsabilità civile risponde – nei confronti del cittadino leso – lo Stato, in ossequio a una concezione della giustizia intesa come pubblico servizio, per ciò tale da far “sorgere in capo allo Stato il dovere di rispondere per i danni provocati dai magistrati nell’esercizio della funzione giurisdizionale, in conseguenza del venir meno del principio dell’irresponsabilità dello Stato giudice” (A. Cilento, La nuova disciplina della responsabilità civile dei magistrati, Nuove Leggi Civ. Comm., 2015, 4, 675, p. 1).

2. Per contro, il magistrato risponde solo in esito all’azione di rivalsa, che “il Presidente del Consiglio dei ministri, entro due anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, ha l’obbligo di esercitare» nei casi di «diniego di  giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all’articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile” (art. 7, co. 1). La legge prevede, quindi, un sistema misto “strutturato sulla responsabilità diretta dello Stato (in funzione compensativo-satisfattoria) e su quella, in sede di rivalsa, del magistrato (in funzione preventivo-punitiva)” (A. Cilento, cit. pag. 6).

Giova inoltre ricordare che tale sistema, volto a configurare una “speciale” forma di responsabilità civile del magistrato, non si applica in caso di responsabilità civile per fatti costituenti reato, poiché l’art. 13 della legge n. 117/1988 in tal caso prevede che “l’azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie”; in tale ipotesi l’azione civile è già oggi esperibile sia nei confronti dello Stato che direttamente nei confronti del magistrato.

3. La proposta referendaria è finalizzata a consentire al cittadino di agire per il risarcimento dei danni derivanti dalla responsabilità civile del magistrato direttamente nei suoi confronti in tutte quelle ipotesi in cui tale azione diretta é oggi preclusa. L’intervento di maquillage che subirebbe la legge avrebbe, infatti, a oggetto l’espunzione dell’inciso «contro lo Stato» di cui al citato art. 2 co. 1, e al successivo art. 4 co. 2, oltre che della locuzione che nell’ambito dell’art. 6 esclude la possibilità di chiamare in causa il giudice, consentendo per contro a lui l’intervento nel giudizio.

Il quesito non colpisce, peraltro, il medesimo inciso (“contro lo Stato”) contenuto anche all’art. 4 co. 1, della legge (“L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato …”), sicché è lecito affermare che non verrebbe abrogata la possibilità di azione giudiziale del cittadino contro lo Stato, la quale resterebbe e verrebbe solo affiancata dall’azione diretta nei confronti del magistrato. Né verrebbe “toccata” l’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato medesimo.

4. Il testo della legge esito dell’approvazione del quesito referendario fa sollevare perplessità sulla coerenza complessiva del testo. Come è noto, i canoni su cui si fonda oggi la responsabilità civile dello Stato nei confronti del cittadino (art. 2) e quelli su ci si fonda l’azione di rivalsa (art. 7) non sono perfettamente sovrapponibili: da un lato, l’art. 2 – nel testo già novellato dalla legge 27/02/2015 n. 18 (intervenuta anche a seguito di pronunce della Corte di giustizia europea) – fa riferimento ai concetti di dolo e colpa grave, mentre l’art. 7 circoscrive l’azione di rivalsa ai casi in cui la condotta attenzionata sia connotata da dolo o negligenza inescusabile, intendendosi con tale formula “un quid pluris rispetto alla colpa grave di cui all’art. 2236 c.c., nel senso che si esige che la colpa stessa si presenti come “non spiegabile” ” (Cfr. Cass. 26 luglio 1994, n. 6950; Cass. 5 luglio 2007, n. 15227).

Ciò significa che, laddove il cittadino intendesse proporre l’azione diretta nei confronti del magistrato, evocando lo stesso in giudizio da solo o unitamente allo Stato, costui risponderebbe secondo i criteri individuati nell’art. 2, e dunque per dolo e per colpa grave, e perderebbe nei fatti la possibilità di giovarsi di quel maggiore schermo che é costituito dal parametro della negligenza inescusabile (la quale resterebbe prerogativa dei – con ogni probabilità limitati – casi in cui fosse ancora necessaria l’azione di rivalsa). Tale “disallineamento” delle due forme di responsabilità (diretta e di rivalsa) appare poco coerente in un’ottica di sistema, poiché la condotta del magistrato finirebbe per essere valutata secondo un diverso parametro solo in ragione della scelta del cittadino di agire direttamente nei sui confronti o, per contro, agire nei confronti del solo “Stato giudice”.

Poco comprensibile appare anche l’intervento che si mira a operare sulla rubrica dell’art. 13, da cui si vorrebbe espellere l’inciso “per fatti costituenti reato”, salvo poi lasciare inalterato il medesimo nel testo del co. 1 del citato articolo (“Chi ha subìto un danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l’azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie”).

5. Va infine segnalato il tema della compatibilità con la Costituzione della responsabilità diretta del magistrato, cui si giungerebbe in caso di successo referendario. La questione riguarda, in particolare, il rapporto con il principio di indipendenza della funzione giurisdizionale:  “L’art. 28 Cost. prevede la responsabilità dello Stato per fatto illecito dei funzionari e dipendenti; e la Corte costituzionale ha storicamente legato alla peculiarità della funzione giurisdizionale la legittimità di condizioni e limiti alla responsabilità del suo esercizio. Del resto, nell’esprimersi sugli articoli del codice di procedura civile sottoposti alla consultazione referendaria del 1987, la Consulta ha affermato che si trattava di “un sistema coerente di tutela della funzione giurisdizionale, sia nella limitazione dei titoli di responsabilità del giudice – dolo, frode o concussione, omissione o ritardo di provvedere su istanze o domande delle parti o di compiere atti del suo ministero – sia nella valutazione discrezionale dell’autorità politica titolare di potere autorizzatorio” “ (A. Cilento,  op. cit., p. 2).

Il tema si era già posto all’epoca della prima riforma, quando la legge 27/02/2015 n. 18 aveva riscritto l’art. 2 co. 3, della legge Vassalli, eliminando – oltre al filtro di ammissibilità dell’azione risarcitoria (art. 5 legge 117/1988, ora abrogato) – anche il riferimento diretto al concetto di negligenza inescusabile (si era passati da “costituisce colpa grave: a) la  grave  violazione  di  legge  determinata  da  negligenza inescusabile” a “costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea…”); in tale occasione si era scritto che “secondo parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, l’ampliamento della responsabilità per colpa grave può dar luogo a condizionamenti diretti ed indiretti nei confronti del giudice, e può pertanto rappresentare un attentato ai principi di indipendenza ed autonomia che caratterizzano l’esercizio della funzione giurisdizionale e alla correlata esigenza di salvaguardare l’imparzialità del magistrato. Taluno ha evidenziato che l’azione risarcitoria potrebbe rappresentare un indebito strumento di pressione nei confronti del giudice, tale da “indurlo ad una giurisprudenza difensiva ispirata a conformismo giudiziario”. In particolare, è stato sottolineato il pericolo di azioni di responsabilità – magari, velleitarie ed infondate – proposte al solo scopo di presentare istanza di ricusazione nei confronti del magistrato coinvolto nell’azione civile, e liberarsi in tal modo di magistrati scomodi, o temuti, o sgraditi” (R. Martino, Colpa grave del magistrato, responsabilità dello Stato e limiti del sindacato sul provvedimento giurisdizionale, in Giustizia Civile, Giuffré, 2016, 3, p. 639-640).

6. L’argomento meriterebbe di essere approfondito. Qui è sufficiente ricordare che la stessa Corte costituzionale ha da un lato ben evidenziato che “la peculiarità delle funzioni giudiziarie e la natura dei relativi provvedimenti suggeriscono condizioni e limiti alla responsabilità dei magistrati, specie in considerazione dei disposti costituzionali appositamente dettati per la Magistratura (artt. 101-113 Cost.), a tutela della sua indipendenza e dell’autonomia delle sue funzioni” (Corte cost., sentenza 3 febbraio 1987, n. 26), ma in più occasioni ha comunque ribadito che “gli art. 101, 102, 104 e 108 cost., non assicurano al giudice uno “status” di assoluta irresponsabilità, perfino quando si tratti dell’esercizio delle funzioni riconducibili alla più rigorosa e stretta nozione di giurisdizione, con riguardo tanto alla diretta responsabilità verso terzi danneggiati, quanto alla soggezione all’azione di rivalsa dello Stato, posto che il magistrato, soggetto esclusivamente alla legge, è in primo luogo sottoposto alla Costituzione e quindi pure al principio della responsabilità (art. 28 cost.), al fine di assicurare che la sua posizione “super partes” non sia mai disgiunta dal corretto esercizio dell’alta funzione svolta” (Corte costituzionale, sentenza 5 novembre 1996, n. 385). Ciò significa, in sintesi, che spetta sempre e comunque al legislatore ordinario esplicare i modi e le forme di questa responsabilità, pur dovendo in ogni caso muoversi nel perimetro tracciato dalla Corte costituzionale.

Superfluo ricordare che nessuno dei referendum tratta l’autentico punctum dolens della responsabilità del magistrato, costituito dal giudizio disciplinare.

** Nell’esame dei singoli quesiti ci avvarremo dei testi di essi pubblicati su https://www.referendumgiustiziagiusta.it/, sapendo – come informano i promotori – che essi sono provvisori, e faranno fede quelli pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale a seguito del deposito in Cassazione.

Pubblicato su Centro Studi Livatino ( CLICCA QUI )

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