Tutto bene alla Scala. Il successo dell’opera dopo pochi giorni che il Melodramma italiano è stato inserito nel patrimonio immateriale dell’Unesco. Bene, perché le polemiche delle ore prima sono rientrate anche se non si è capito proprio il mancato intervento per prevenirle ed evitarle senza costringere la Senatrice a vita, Liliana Segre, a sedere là, magari, dove non avrebbe voluto. Bene, perché qualcuno, un attimo dopo la fine dell’esecuzione dell’Inno nazionale ha ricordato che l’Italia è, poi, rinata democratica ed antifascista. Bene, per l’applauso che si è levato per fare memoria agli smemorati, con garbo, ma con fermezza ribadire quello che c’è da ricordare.
Un grido e un applauso, spontanei, che sta a dirci che non sarà facilissimo smontare i risultati dell’antifascismo. E va benissimo che qualcuno lo sottolinei e che altri lo sostengono, tra cui noi. Anche se interviene la Digos che, sulla base delle leggi del nefasto stato di polizia creato da Benito Mussolini, e dal suo fedele Capo della Polizia, Arturo Bocchini dopo l’uccisione di Giacomo Matteotti, ha dovuto identificare chi ha ricordato con il suo grido alla Scala che quei tempi sono finiti e che c’è chi intende non farli ritornare.
E speriamo che la stessa solerzia sia messa sempre a Predappio, e non solo, là dove i nostalgici ogni tanto fanno il saluto romano e ad inneggiare al fascismo nonostante il divieto messo in Costituzione con la XIIesima disposizione transitoria. Nostalgici che non mancavano alla Scala e che, lo sappiamo, fanno parte del Governo e della maggioranza. Soprattutto quelli che provano a fare, assieme, i “governativi” e gli oppositori della Costituzione. Quelli che questa “doppiezza” l’hanno studiata da ragazzini quando nelle loro sezioni missine si limitavano, spesso, a leggere solamente della vita e dell’opera di Benito Mussolini.
Il grido della Scala, e gli applausi che ne sono seguiti appaiono quindi ancora oggi necessari. Anche se a delle persone di media intelligenza questa cosa dovrebbe apparire del tutto ovvia e scontata. Purtroppo, molto, troppo, ci dice che così non è in questo 2023 che volge al termine. E, allora, tutti i giorni, parliamo della democrazia e dell’antifascismo ben sapendo che la questione non è quella del fascismo alla Mussolini, evidentemente oggi improponibile, ma di una categoria dello spirito e del sentimento politico che ancora esistono.