Giuda rinnegò Gesù vendendosi l’anima per trenta vil denari. Divenuto così icona storica del tradimento, è figura centrale per comprendere il Vangelo e noi stessi. Dobbiamo conoscerlo meglio perché è il simbolo del travaglio tra, il realismo mondano e la conversione. Tra l’essere nel mondo ma non di questo mondo, tra il dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Anche Pietro ripudiò Gesù, ma si riscattò nella contrizione, sequela e sacrificio divenendo pietra angolare della Chiesa.

Le dinamiche umane si ripetono, Giuda siamo un pò tutti noi. Anche lui fu affascinato dalla personalità del nazareno immaginando un Messia Re che si ponesse a capo della rivolta contro i Romani. Immaginava che il “il figlio di Dio” si manifestasse nella gloria della potenza. E invece che delusione: predicava di amare anche il nemico e con gesti umili e servili, lavava i piedi agli apostoli, cavalcava asini, contestava i sommi sacerdoti ma non si opponeva al potere romano. Lo aveva seguito, lo aveva sostenuto ma giunse all’amara considerazione che il Messia era “fuori dalla realtà”; un parolaio idealista.

Le preghiere si dicono nel tempio ma poi fuori c’è la vita reale fatta di potere, di soldi, di rapporti di forza e convenienze. Anzi, magari consegnandolo al -potere- lo avrebbe costretto alla ribellione e a dimostrare la sua forza divina. All’Angelus del 26 agosto 2012, Papa Benedetto XVI espose questi argomenti circa la figura dell’apostolo avallando in modo esplicito il convincimento che l’Iscariota appartenesse al gruppo politico-religioso degli Zeloti, partigiani accaniti dell’indipendenza politica del regno ebraico, nonché difensori dell’ortodossia e dell’integralismo ebraici. Ribelli contro la presenza romana in Palestina, considerati dai romani una sorte di terroristi e criminali. Ma la sua colpa più grave che lo consegna alla perdizione, argomentò Papa Ratzinger, fu quella della “falsità“, il vero e proprio “marchio del diavolo“. Gesù, disse il Pontefice ai fedeli, sapeva che tra gli Apostoli c’era uno che mentiva: Giuda che avrebbe potuto andarsene, come fecero altri. Invece rimase con il  proposito di vendicarsi. Per questo Gesù disse: “Non ho forse scelto io voi, i dodici? Eppure uno di voi è il diavolo!” (Gv 6, 70-71).

Don Primo Mazzolari nella sua omelia -Nostro fratello Giuda- disse: “Forse Lui non aveva immaginato che il suo tradimento arrivasse tanto lontano. Quando ha sentito il crucifigge, quando l’ha visto percosso a morte nell’atrio, il traditore trova un gesto, un grande gesto. Va dov’erano ancora radunati i capi del popolo, quelli che l’avevano comperato. Prende i trenta denari, glieli butta, prendete, è il prezzo del sangue del Giusto. Una rivelazione di fede, aveva misurato la gravità del suo misfatto… ci sono due patiboli, c’è la croce di Cristo; c’è un albero, dove il traditore si è impiccato. Povero Giuda. Povero fratello nostro. Il più grande dei peccati, non è quello di vendere il Cristo; è quello di disperare, senza nulla davanti”.

Giuda rappresenta l’eterno conflitto tra il potere della forza e il potere della speranza figlia della conversione del cuore. Pier Paolo Pasolini meditava:” La lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti”. Una battaglia tra buio e luce che non esenta nessuno e che diventa diabolica quando oltrepassa il confine tra il bene e il male. Nel rifiuto di Dio sino all’uso della menzogna, dell’illecito e del al sangue, lì muore l’uomo. Da  soli non ce la facciamo. Solo se lasciamo aperto il cuore alla Misericordia divina, c’è la possibilità che, dopo la croce, vi sia la Resurrezione.

Alberto Mattioli

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