Non siamo alla formula del “ governo amico”, come Alcide De Gasperi definì alla fine del 1953 l’esecutivo formato da Giuseppe Pella, ma l’atteggiamento di Luigi Di Maio verso il Conte bis parrebbe ricreare la stessa atmosfera.
Di Maio ha reagito all’esasperazione del Presidente del Consiglio sollecitata dalle continue contestazioni cui si abbandonano sia il “ capo politico” dei 5 Stelle e Ministro degli esteri, sia Matteo Renzi.
Quest’ultimo, però, ha fatto chiaramente capire che il suo è un “ gioco delle parti”: la Leopolda è solo “ comunicazione”. La neonata Italia Viva non ha alcuna intenzione di creare problemi al Governo. Anzi, prefigurando che questa legislatura sarà quella destinata ad eleggere il futuro Presidente della Repubblica, Renzi esprime la più rassicurante delle conferme. Quando c’è di mezzo lui, però, è sempre prudente chiosare con un vedremo.
Di Maio ha diversi problemi nei confronti di Conte. Di certo non gli piace il “ movimentismo” del Presidente del Consiglio. E’ troppo libero e chiaramente punta ad allargare il gioco, senza esitare a crearsi altre sponde.
Conte è di fatto interprete di un’altra faccia dei 5 Stelle, per quanto minoritaria. Ricorda di essere nato politicamente con quel movimento, ma non si perita di assumere l’aria di chi sta al di sopra delle parti e di frequentare anche altri ambienti, se la cosa si rivela utile.
Mostra il volto meno “ ideologico” tra i seguaci di Beppe Grillo, quasi come se, preso Di Maio per il loro Mao Tse-tung, egli volesse raffigurarsi come lo Zhou Enlai dei grillini.
Emblematica la presenza del Presidente del Consiglio alle celebrazioni avellinesi di Fiorentino Sullo: uomo dal grandissimo ingegno ed acume politico, ma incompreso. Finito a fare un controcanto solitario al di fuori del coro democratico cristiano. L’esito, però, è stato quello dell’emarginazione, politica e umana.
Ad Avellino, Conte ha avuto modo di rinverdire e rivendicare la propria radice cristiana.
Non gli dispiace se circola la voce di suoi presunti, stretti legami con Villa Nazareth: centro culturale cattolico importante legato alla figura del cardinale Achille Silvestrini, ma dove Giuseppe Conte c’è stato solo da studente, come tanti altri.
E’ probabile che l’attenzione di Conte sia richiamata pure dalla possibilità che qualche parlamentare d’estrazione cattolica, pur collocato oggi all’opposizione, possa rivelarsi utile nel momento in cui il Governo dovesse soffrisse a causa di turbolenze sempre nell’ordine delle cose, soprattutto al Senato.
Certo, ha colpito come Giuseppe Conte si sia rivolto ad un mondo politico cattolico ridotto ad essere molto marginale, a seguito delle divisioni che negli ultimi 25 anni hanno finito per aumentare il processo di polverizzazione degli eredi della Democrazia cristiana.
Non importa, però, un altro segnale è lanciato. Così come utili possono tornare le notizie sui suoi collegamenti con il Pd, in particolare con il Ministro all’economia, Roberto Gualtieri. Troppi i contatti tra i due. Troppa la comune difesa della linea seguita nella definizione del Documento di Economia e Finanza.
Nessuno sa esattamente cosa stia succedendo tra i 5 Stelle. Grillo svicola prefigurando che agli anziani venga tolto il diritto di voto. Che stia attento lui. Al prossimo giro potrebbe pure arrivare qualcuno intenzionato a proporre più sbrigativamente di togliere loro direttamente la vita. Così, pure lui rischia di rientraci in pieno.
C’è insomma una “ cortina fumogena”, i marinai della Regia marina borbonica dicevano “ facite ammuina”, che serve a lasciare il più possibile sotto tono le difficoltà nel condividere il Def. Secondo alcuni dovrebbe riallineare il Paese con i parametri europei, mentre per altri dovrebbe consentire di fare più debito e rendere possibile il mantenimento almeno di alcune delle “ promesse” che stanno a cuore ai 5 Stelle e al Pd.
Rivelatrice una frase di Di Maio: “ Consegnate le opportune rassicurazioni all’Europa, adesso riteniamo opportuna la convocazione di un vertice di maggioranza per lavorare alle intese che ancora non ci sono“. Dove quelle “ opportune rassicurazioni” illuminano sul vero motivo del contendere.
Restano, dunque, tutti intatti gli stessi problemi dei governi precedenti, compreso l’ultimo a trazione Salvini. Non c’è possibilità di allargare i cordoni della borsa se non s’inverte l’andamento della nostra economia, se non si innova, se non si assicura lo sviluppo, si crea più occupazione, si fanno aumentare gli stipendi.
E’ evidente che dall’Europa ci si attende più manica larga. 5 Stelle e Pd hanno reso possibile la costituzione della nuova maggioranza a Bruxelles e a Strasburgo. Paolo Gentiloni dovrebbe a breve ricevere l’investitura alla posizione cruciale di Commissario agli affari economici. La cosa può aiutare, ma potrebbe anche rivelarsi non proprio così favorevole. A meno che non si pensi ad uno sforamento generale a piè di lista concesso a tutti i paesi europei. Il boccaccesco paese di Bengodi, però, continua a restare luogo immaginario.
L’attuale Governo è nato in uno stato di necessità, sulla scia di un miscuglio di questioni politiche interne e di equilibri con l’Europa. Non nasce certo sulla base del comune riconoscimento di dover mettere mano ad una trasformazione radicale di metodi e contenuti. Siamo ancora ai pannicelli caldi e alle scelte parziali, oltre che al tentativo di doversi limitare ad accontentare i propri.
Siamo costretti a scrutare la schiuma che si vaporizza sulla superficie delle onde invece di capire qual è la sostanza del moto che agita nel profondo le acque. Ma lo capiremo presto.
Giancarlo Infante