Purché sia contro la Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza e dalla liberazione dal fascismo, va bene comunque. Almeno per quel che ne riporta la stampa, il disegno di legge relativo al “premierato” che domani approderà in Consiglio dei Ministri, è talmente mal congegnato da far ritenere che alla destra post-fascista, piuttosto che un disegno istituzionale che abbia una sua logica ed una coerenza intrinseca, più o meno condivisibile, importi avanzare una sorta di proclama politico.

Una chiamata alle armi per chiunque sia disponibile a mettere in soffitta il “principio di democrazia e di libertà”, che rappresenta l’architrave della Carta Costituzionale, per sostituirlo con il “principio di autorità”. Al quale, in forme differenti nei diversi frangenti storici, si rifanno tutti coloro che non credono nella democrazia, nella effettiva sovranità del popolo, nella capacità critica del cittadino, sia nella sua autonoma e personale responsabilità, sia entro i corpi intermedi cui liberamente si associa. Credono nell’uomo forte, solo al comando. Nel leader carismatico di turno, titolare di un potere di fatto “sovrano”, esercitato nel nome della Nazione, unico ed effettivo soggetto della Storia, nella quale ogni persona, nella sua irripetibile singolarità, viene assorbita e, di fatto, omologata alla massa: un aggregato informe che subentra al “popolo”, inteso quale concerto di persone che si riconoscono solidali in un impianto condiviso di valori fondamentali, dentro un orizzonte storico di attese e di speranze comuni.

In altri termini, la destra post-fascista sembra sia alla ricerca di una impossibile rivincita nei confronti della sconfitta che la storia ha inflitto ad una cultura politica intrisa di autoritarismo. In fondo, cioè, quella concezione della politica, che, per quanto nell’ attuale momento storico, dopo la maturazione civile dovuta ad una pluridecennale esperienza di libertà e di autentica vita democratica, può essere riproposta solo nelle forme del “premierato”, ma nasce dallo stesso impianto ideologico che, in altri momenti, ha dato vita a regimi dispotici e dittatoriali.

Quello che la destra oggi ricerca non è, in nome della stabilità dei governi, una riforma puntuale di alcune, limitate, parziali norme costituzionali, ma la transizione dalla “repubblica democratica”, fondata sulla rappresentatività e sulla centralità del Parlamento, alla “repubblica presidenzialista”.

Attenti a leggere bene il “momento” ed a non sottovalutarne le insidie, altrimenti entriamo in un gioco pericoloso e perdente.

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