I primi vent’anni nel nuovo millennio ci hanno imposto eventi eccezionali che hanno già cambiato il mondo.

Iniziato con l’attentato alle “Torri gemelle”(2002) è seguita la crisi finanziaria con l’effige del crollo di Lehman Brothers (2008-9) e una lunga recessione, poi la pandemia da covid-19 ed ora la sconvolgente guerra iniziata con l’aggressione russa in Ucraina, evento certo più drammatico dei precedenti.

Secondo un vecchio adagio cinese, corrono tempi che saranno “di grande interesse per i futuri storici. Ma guai a viverli”.

Questa volta è in gioco la stabilità globale, con quanto ne consegue sulla vita di tutti e di tutti i giorni, con il rischio di ricadute imprevedibili. Già i primi effetti sono davanti a noi: le famiglie e le imprese non reggono più ai continui rincari, per non dire delle prime avvisaglie di crisi degli approvvigionamenti alimentari nei Paesi economicamente più numerosi o più deboli di Africa e Asia dove tornerà la fame, o del disordine nello spazio dove sono installati i complessi sistemi delle comunicazioni.

Ogni giorno c’è attesa che si ponga fine alla guerra ma non è ancora possibile immaginare quali saranno gli esiti.

Intanto anche la stabilità finanziaria è a rischio, con quanto ne consegue in termini di risorse disponibili e di ripresa economica, che pure era in corso dopo il superamento delle chiusure imposte dalla pandemia. Si affollano opinioni e commenti anche autorevoli sul mondo che sarà anche nel breve periodo e quasi tutte non si limitano alle conseguenze economiche ma investono aspetti fondamentali della civile convivenza: le libertà, i diritti civili e la democrazia da una parte; le autocrazie, i totalitarismi e le dittature sovraniste dall’altra.

Sul piano economico il capitalismo non si accompagna più regimi liberali ma è nata e cresce una versione di capitalismo compatibile con i regimi autoritari.

I governi di tutti i Paesi, le più autorevoli istituzioni internazionali, le banche centrali, le grandi imprese, le organizzazioni di categoria fino alle realtà locali si interrogano tutti i giorni sul mondo che sarà quando la fase cruenta di questa crisi sarà superata. Certo non sarà più lo stesso dell’anteguerra ucraina.

Il confronto in atto non è limitato a quello tra le grandi potenze globali ma riguarda anche quelle con ambizioni sub-continentali.

L’impero americano, dopo gli impulsi di populismo autoritario della presidenza repubblicana, è prevalentemente rivolto verso l’indo-pacifico e ci è voluta la violenta aggressione russa in corso per ricordare, come scrive Fareed  Zackaria sul Washington Post, “che è finita un’era  iniziata con la caduta del muro di Berlino ma non ci è dato di conoscere come sarà la prossima”.

L’altro impero, quello cinese, è inevitabilmente rivale di quello americano non solo sul piano economico e delle nuove tecnologie ma prima di tutto sui principi fondamentali delle libertà e dei diritti, in quanto per Pechino” la democrazia non è un modello di convivenza universale” come da tempo richiama John Maersheimer con acute analisi su Foreign Affairs.  Anche il nostro Federico Rampini lo documenta nel suo ultimo libro ( “Fermare Pechino”, Mondadori) dove definisce con cura i tratti della sfida planetaria in atto, mentre Lucio Caracciolo in uno splendido volume di Limes degno dei migliori instant book annota “che il mondo ha preso a correre a velocità folle: verso dove non si sa o si preferisce non sapere”.

Come nel libro del profeta Isaia, sull’oracolo contro Babilonia, viene da chiedersi “Sentinella, quanto resta della notte?” (21,10)

Guido Puccio

 

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