Provo ad offrire alcune pennellate o alcuni segni a matita, che somiglino ad uno schizzo ancora tutto da disegnare, ma che lascino intravvedere un possibile disegno programmatico che una politica nuova potrebbe cercare di realizzare per i giovani e con i giovani.

Il primo punto essenziale è far posto ai giovani.

Come in famiglia, quando arriva un fratellino o una sorellina, si ridisegnano gli spazi ed i tempi, accogliendo il nuovo arrivo, così una società, che vuole attuare la Costituzione e la Dottrina sociale della Chiesa, non può non accogliere i giovani che si affacciano al mondo del lavoro: occorre assolutamente far loro posto, accompagnandoli per un inserimento che possa offrir loro la piena soddisfazione e nel contempo i giovani stessi possano dare un contributo alla sviluppo della società, offrendo i loro talenti e la loro creativa gioia di vivere.

Un secondo punto riguarda la Scuola.

E’ impensabile che la Scuola vada avanti così: rifiutando o abortendo troppi giovani che poi vanno ad ingrossare le fila dei “NEET”: giovani che non studiano e non lavorano. Occorre investire su questi giovani e su tutti i giovani. Più dei “navigator” o delle agenzie dell’impiego, abbiamo bisogno di giovani adulti laureatisi in scienze dell’educazione, della formazione, in psicologia e a questi affidare l’incarico dello stare insieme ai giovani adolescenti e programmare con loro attività e divertimenti nel pomeriggio e nell’orario serale. Vanno bene gli aperitivi, le pizzate, anche le discoteche, magari separando i giovani dagli over 25 o 29 e riservando tempi o discoteche solo per giovani. Poi, prendendo l’occasione del lockdown, anticipare, per legge, i tempi di chiusura delle  discoteche alla mezzanotte, perché il giorno dopo c’è la scuola, lo studio, il lavoro. Investire nella formazione umana dei nostri giovani con figure professionali ad hoc attua quel saggio proverbio africano che ci ricorda che per far crescere un figlio ci vuole un villaggio, noi diremmo una comunità adulta che aiuti i genitori nel necessario “lasciare andare” i figli e nel progressivo distacco dalla famiglia di origine per addentrarsi nella società e nella formazione di una nuova famiglia.

Queste figure professionali saranno le prime pietre basilari per la costruzione di quel “villaggio dell’educazione dove, nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte”, come ha detto Papa Francesco nel suo messaggio per il lancio del Patto Educativo del 12 settembre 2019 ( CLICCA QUI ).

Sempre a riguardo della Scuola, si potrebbe ipotizzare di mantenere stabile il gruppo iniziale della secondaria superiore per tutti i cinque anni e dedicare a questo gruppo il tempo necessario per favorire la crescita personale dei ragazzi e far loro sperimentare il sentirsi parte di una comunità. Evitare quindi l’impostazione tradizionale fatta da spiegazione, compiti, interrogazioni, voti, promozioni e “bocciature” adottando un modello ampio di “livelli di conoscenza”. Per esempio un giovane uscirà dalle superiori (abolendo l’esame di maturità) con il livello 15 su 25 in lingua e letteratura italiana, con il livello 22 su 30 nell’attività artistica e musicale, con il livello 37 su 37 nell’attività pratica e lavorativa, con il livello 18 su 32 in matematica e così via, avendo superato nell’arco dei cinque anni delle superiori alcuni dei test graduali nelle varie attività. Non più promozioni o bocciature, tutti insieme si procede verso l’attività lavorativa. Tutti insieme si fa gruppo e si impara a vivere e a costruire la comunità del futuro, la città, il Paese.

L’avvicinamento a più attività lavorative comincerà per tutti, anche per i giovani liceali, a 16 anni, con molti stage in differenti lavori, proprio per far saggiare a tutti i giovani sia la fatica della campagna e della fabbrica che la responsabilità nel far bene un lavoro di elettricista, di idraulico. Purtroppo, personalmente, ho frequentato il liceo classico e ho imparato dei bei versi di Dante, Leopardi, Catullo, Sofocle, ma non ho imparato a cambiare una lampadina dal lampadario di casa, non ho imparato a sistemare una tapparella, ad usare in modo corretto il trapano, ecc. tutte cose che ho dovuto imparare, a mie spese, con tentativi ed errori.

Sulla Scuola il discorso è molto più ampio e già molti ne hanno scritto su queste pagine. Rimandiamo ad altro momento e ad altri esperti per i necessari approfondimenti.

 Il servizio civile obbligatorio

Terminato il ciclo delle “superiori” ed entro il venticinquesimo anno di età la società italiana potrebbe offrire a tutti i giovani, ragazze e ragazzi, un periodo di minimo sei mesi e massimo dodici di “servizio civile” da realizzarsi in varie forme ed in vari luoghi: Italia, Europa, Africa. Si potrebbe pensare, addirittura, a rendere obbligatorio questo servizio, lasciando a discrezione dei giovani stessi sia quando farlo, sia dove farlo. Ciò darebbe continuità alla formazione umana e sociale dei nostri giovani e porterebbe molti posti di lavoro in più per gli “accompagnatori” e per le agenzie educative e sociali che accolgono i giovani e li guidano nel loro servizio umanitario.

 Favorire le coppie giovani

L’Italia ha il gravissimo problema della denatalità.

I punti precedenti potrebbero favorire una naturale conoscenza ed attrazione tra ragazze e ragazzi. Lo Stato dovrebbe, a mio parere, aiutare la formazione di nuove famiglie con l’offrire ai giovani ventenni che lo desiderassero un tetto per cominciare a costruire una relazione stabile. Tutti i ventenni infatti dovrebbero o esercitare una  attività lavorativa, e quindi godere di uno stipendio, o studiare, frequentando l’università e allora, se dimostrano volontà nello studio e superano gli esami previsti, ottenere una borsa di studio che permetta loro l’indipendenza dalla famiglia di origine. A chi desidera sperimentare una relazione di coppia, un periodo che, con un termine ormai in disuso tra le nuove generazione, noi chiamavamo di fidanzamento, si potrebbe offrire un appartamento in affitto gratuito e l’accompagnamento di coppie adulte.

Troppi giovani oggi rimandano il matrimonio anche per mancanza di un lavoro stabile: alla coppia che decide liberamente di voler metter su famiglia, la società dovrebbe, a mio parere, garantire almeno uno stipendio stabile e un assegno consistente in caso di nascita di un figlio.

Mario Chieregato

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