Concluso il viaggio infernale, Dante personaggio e il fidato maestro Virgilio si apprestano alla scalata del purgatorio e, per cantare “di quel secondo regno”[1], il poeta non fa uso di una porta d’ingresso, come invece accade in Inferno III[2], ma si serve del personaggio, storico quanto simbolico, di Catone l’Uticense.
Questi è scelto da una parte come figura di custode, per assicurarsi il corretto scorrere delle anime all’inizio del cammino di redenzione, dall’altra come simbolo della nuova realtà teologica che appartiene a questo mondo: “la libertà dello spirito che si realizza nello spontaneo e perfetto aderire alla legge divina”[3]. La personificazione è una pura, ma geniale, invenzione dell’Alighieri, dal momento che Catone morì suicida per la libertà politica, ma quest’ultima è, a suo parere, semplice trasposizione storica di quella celeste.
A primo impatto potrebbe sembrare stridente che per questo ruolo sia scelto proprio un pagano, morto suicida e oppositore di Cesare, simbolo dell’Impero Romano, di cui Dante è grande fedele ed assiduo sostenitore. Per quanto riguarda la fede religiosa, non c’è in realtà da stupirsi che questi sia stato posto tra i salvati, dal momento che altri personaggi dell’epoca precristiana hanno avuto uguale sorte, grazie ad un animo puro e messaggero delle virtù cardinali. Non risulta un’opzione incoerente neanche rispetto all’ideologia politica, se ci si rifà al passo del Vangelo secondo Luca: “rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”[4]. Tutte le questioni temporali nell’universo ultraterreno passano, infatti, in secondo piano rispetto all’affermazione della propria libertà, che è il maggior dono del Signore agli uomini.
Infine, sembra esserci un’ultima eccezione: un suicida la cui collocazione non occupa il secondo girone del VII cerchio infernale. Questa è una distinzione per nulla banale, è necessario quindi approfondirla per svelare la questione intrinseca che le sta dietro. Come aveva già spiegato l’autore in Inferno XIII[5], l’infliggersi la morte è un gesto di tracotanza e superbia sia nei confronti degli altri uomini, sia, e soprattutto, nei confronti di Dio. Il famoso Pier delle Vigne, notaio e scrittore presso la corte di Federico II di Svevia, una volta accusato di tradimento o congiura (i motivi dell’arresto sono ancora oggi incerti) si uccise. Questa soluzione è stata un gesto di supponenza: ha deciso di non voler accettare la sua nuova condizione sociale e ha rinunciato alla vita. Ben diversa è stata la scelta di Catone, la cui morte è stata una testimonianza per l’umanità intera: l’unico modo per riconquistare la propria libertà, prigioniera degli intrighi politici e della corruzione della tarda repubblica romana, è stato abbandonare il proprio corpo mortale per seguire il bene divino, destino di ogni essere umano.
La figura dell’Uticense ha delle caratteristiche in comune sia con le anime del Limbo – che non vedranno mai la luce imponente della salvezza, ma solo quella attenuata della morale – sia con quelle dei redenti (come già indicato). Per quanto riguarda il parallelo con le prime, egli è irraggiato dalle “quattro luci sante […] ch’i’ ‘l vedea come ‘l sol fosse davante”[6]. Come Omero e i grandi personaggi della classicità, anch’egli fu incarnazione delle quattro virtù cardinali, ma con un’intensità tale che il Dante personaggio non riesce quasi a tenere lo sguardo fisso su di lui, per la troppa luce che riflette. Si può supporre quindi che l’Alighieri identifichi in Catone il vertice raggiunto dall’uomo prima dell’Incarnazione di Cristo: sapiente, virtuoso e fedele all’ordinamento statale, ma prettamente umano e non ancora investito dalla grazia divina. Questo custode, quindi, più che una porta che separa i due mondi antitetici, raffigura un ponte che tiene strette a sé le due realtà, un Giano bifronte che guarda da entrambe le parti con la massima serietà.
Un ultimo punto che occorre toccare è il rapporto di questo personaggio con la moglie Marzia. La donna viene citata da Virgilio come “lasciapassare”, una sorta di parola d’ordine per ammansire il severo Catone e convincerlo definitivamente a farli attraccare alla spiaggia che sta ai piedi del monte del purgatorio. In questa scelta emerge tutta l’umanità del Dante scrittore che cerca di appellarsi all’unica flessione emotiva dell’interlocutore (secondo Lucano[7] egli aveva ceduto la sua sposa all’amico Ortensio e, dopo la morte di questi, ella sarebbe tornata al primo coniuge). In prima istanza, sembrerebbe esserci un indugio nella risposta, la parola “Marzїa”[8] viene pronunciata con questa dieresi che rallenta lo scorrere del verso. In un secondo momento, invece, torna la fermezza che lo contraddistingue: “Or che di là dal fiume dimora, più muover non mi può”[9], sempre riferendosi alla donna. È davvero commuovente poter leggere la sua nuova e più profonda consapevolezza: ciò che sta al di là dell’Acheronte non lo influenza più, egli può essere mosso solo ed esclusivamente dal volere divino, che è principio e fine di ogni bene.
Per concludere, bisogna chiarire il motivo per cui la figura di Catone l’Uticense ha sempre affascinato. Nonostante sia vissuto in un’epoca che, oltre a essere fortemente turbolenta, non aveva ancora assaporato l’esperienza del messaggio cristiano, egli ne è stato in qualche modo partecipe. Anche se inconsapevole, il suo desiderio di un bene superiore, la sua reale impossibilità a convivere con le prepotenze e gli egoismi del tempo, il suo enorme grido di libertà sono un’ombra, un riflesso minimo di quella rivoluzione che accadrà soltanto una cinquantina di anni dopo; eppure, questo grido risuona ancora oggi e ci tocca con una sensibilità estremamente moderna.
Maddalena Verga
[1] Alighieri D., Commedia. Purgatorio, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Città di Castello (Perugia), Zanichelli editore S.p.A., 2000 [2018], pag. 6
[2] Alighieri D., Commedia. Inferno, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Città di Castello (Perugia), Zanichelli editore S.p.A., 2000 [2018]
[3] Alighieri D., Commedia. Purgatorio, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Op. Cit., pag. 3
[4] La sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Unione Editori e Librai Cattolici Italiani, Cei Uelci, 2008
[5] Alighieri D., Commedia. Inferno, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Op. Cit.
[6] Alighieri D., Commedia. Purgatorio, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Op. Cit., pag. 10
[7] Lucano M., Pharsalia, a cura di Griffa L., Adelphi, 1967
[8] Alighieri D., Commedia. Purgatorio, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Op. Cit., pag. 15
[9] Alighieri D., Commedia. Purgatorio, a cura di Chiavacci Leonardi Anna Maria, Op. Cit., pag. 15