Ora che il Disegno di Legge Zan non è stato approvato dal Senato della Repubblica, ci compete di fare un bilancio del suo iter legislativo e di capire il “senso” di quanto accaduto. Dando per scontato che, come in tutte le occasioni in cui si sviluppa un procedimento tanto articolato, nulla mai accade per caso.

Nel corso delle vicende parlamentari che hanno riguardato il Ddl in questione, si sono levate parecchie voci dal Paese che così è possibile sintetizzare:

“Non sarà un voto procedurale a fermare il cammino dei Diritti Civili nel nostro Paese”.

“Una brutta pagina della Democrazia che (forse) non corrisponde al sentire del Paese”

“Non affosserete le nostre voci”. “Oggi ripartiamo da qua”. “La battaglia andrà avanti”.

“Come possiamo dirci Popolari ed Europeisti se affossiamo il DdL Zan?”

“Presto vedremo Renzi nel Centro Destra”; “L’ alleanza siciliana in funzione elettorale non è il primo passo, è il secondo”.

Gigino Vitali, Forza Italia, ha dichiarato: “Si è trattato di una resa dei conti interna al nuovo Ulivo; c’erano due fronde: una contro Conte ed una contro Letta”.

Enrico Letta: “Raccolta di firme per una Legge di iniziativa popolare che rilanci il D. di L. Zan? Noi ci saremo”.

Vorrei ricordare che Papa Francesco, in una Sua lettera autografa del 21 Giugno 2021 al Reverendo James Martin, direttore della Rivista Gesuita America e consultore del Dicastero Vaticano per la Comunicazione, inviata in occasione di un incontro su piattaforma dedicato ai cattolici che si occupano dei Diritti Lgbt, ha scritto: “Lo stile di DIO ha tre tratti: Vicinanza, Compassione, Tenerezza; DIO si avvicina con amore a ognuno dei suoi figli, a tutti ed ad ognuno di loro”.

Il Cardinale Gualtiero Bassetti commenta: ”L’esito del voto conferma quanto sottolineato più volte: la necessità di un dialogo aperto e non pregiudiziale , in cui possa contribuire anche la voce dei cattolici italiani”

Il PD, con degli interventi di  Enrico Letta, aveva aperto spiragli di sofferta disponibilità sugli articoli 1, 4 7, ritenendo, invece, intangibile la controversissima “Identità di Genere”: “mi rivolgo ad Alessandro Zan – disse Letta- perché si faccia carico del tentativo di trovare un’intesa in Parlamento, confrontandosi con le altre forze politiche per capire le condizioni che possano portare ad una rapida approvazione del testo”. Pare che Alessandro Zan, nonostante esistesse, a parole, la disponibilità di tutti a discutere,  tranne Fratelli d’Italia, non abbia potuto\voluto\saputo superare la richiesta di non passaggio al voto dell’articolato, proposta dalla Lega e da Fratelli d’Italia e da votarsi a scrutinio segreto. Sarebbe stato invece necessario pre – vedere perché la precedente approvazione da parte della Camera era stata basata sui voti del PD, del M5S, di LEU, di Italia Viva e delle Autonomie. Senza l’accordo rinnovato da parte di tutte queste componenti, era evidente che il risultato l’approvazione da parte del Senato sarebbe stato irraggiungibile.

A Matteo Renzi è sfuggita una folgorante verità nell’intervista concessa a Repubblica il 30 Ottobre: “Noi siamo altrove”. Plurale maiestatis a parte, in effetti Lui, invece che in Senato era all’estero. Difficile, dall’estero, coordinare il sottile lavoro di tessitura tendente a migliorare, perfezionare, smussare un testo che, lasciato inalterato, non aveva poteva avere, con la defezione di Italia Viva, i voti necessari alla sua approvazione da parte di Palazzo Madama. Matteo Renzi: Quod Voluit, Fecit.

Una prima considerazione: Il Disegno di Legge Zan poteva essere approvato, così come ribadito da  INSIEME ( CLICCA QUI ), solo se emendato garantendo ”  a tutti i cittadini il sacrosanto diritto costituzionale di poter esprimere la propria opinione, senza per questo rischiare indebitamente di essere accusati di favorire la violenza”. Del resto, ci sono stati tanti, soprattutto, nel campo progressista, che ritenevano si potesse redigere un diverso testo, migliore rispetto al precedente. A conferma che del fatto che la contrarietà a parecchie previsioni normative era trasversale agli schieramenti e che, nel momento in cui fosse stato subìto il voto segreto, emergesse chiaramente come tali contrarietà finissero per sommarsi con quelle tattiche e quelle di schieramento.

Una seconda considerazione: il tema oggetto del Disegno di Legge Zan interessa veramente  a molto pochi e se ne avuta la conferma dai tanti che hanno parlato di “derive culturali prettamente minoritarie”.

Una terza considerazione: il ceto politico persevera nel non occuparsi della criticità sociale, ormai pervasivo tanto nelle classi subalterne e svantaggiate quanto nella classe media. Un malessere che, come un fiume carsico, cerca sfoghi e li trova senza che alcuno pubblicamente si occupi di interrogarsi sui perché e sulle eventuali ragioni sottostanti.

Una quarta considerazione: un bel libro di Lorenzo Ornaghi e Vittorio Emanuele Parsi, “Lo sguardo corto, Critica della Classe Dirigente Italiana”, già vent’anni fa, rendeva esplicita una costante tendenza caratteristica del dibattito politico italiano: “spostarsi in ogni discussione politica su un tema, dal problema autentico al dibattito partitico che dal problema trae semplicemente il suo spunto”. Quindi, grande attenzione esclusiva ai problemi tattici di schieramento a prossima, futura memoria.

Una domanda: ritengono i parlamentari italiani di essere in linea con le attese e le aspettative di sostanza della collettività che essi devono rappresentare nella sua interezza? Oppure, nell’ottica di perseguire il Bene Comune nazionale, evitando dunque di farne opzione di fazione, avrebbero potuto entrare nel merito delle singole previsioni normative, espungere l’improbabile, l’incompatibile, l’incongruo, e così perfezionare il perfettibile. In particolare sui seguenti punti:

– identità di genere come scelta meramente soggettiva, unicum eventuale ed incongruo nel nostro Ordinamento;

– rischi per la libertà di espressione e la conseguenza potenziale in sede di arbitrio giurisdizionale;

– difetto di specificità e tassatività dei reati perseguibili con la detenzione; la Legge in oggetto aggiunge reati, non Diritti;

– errata indicazione della funzione educativa della Scuola, in ragione della considerazione che una tale funzione educativa è demandata dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non alla Scuola ma alla Famiglia; inaccettabile, conseguentemente, anche per gli estimatori della laicità, l’obbligo di propagandare l’”identità di genere” e finire per influenzare i più piccoli negli istituti scolastici di ogni ordine e grado.

Adesso, cosa fare? Quali iniziative assumere? Per prima cosa, prendere atto che il tema, ancorché sentito da tanti, non è centrale nella più ampie problematiche legate a Mezzogiorno, giovani, donne, lavoro, crescita, sviluppo, coesione, convergenza e perequazione tra territori squilibrati tanto da fare parlare di Paese duale, riduzione delle povertà e delle ingiustizie legate ad un’assurda distribuzione dei beni e dei servizi tra i diversi gruppi e il conseguente impatto nella vita nostra quotidiana. In sostanza, si tratta a mio avviso di smettere di ragionare sui Diritti in termini ideologici e seguendo le logiche di schieramento.

Nel partito Insieme, ma lo stesso vale nel campo progressista, molti sono infastiditi dall’uso strumentale della Politica al fine di progettare e delimitare schieramenti contingenti invece che perseguire finalità sintoniche con le proprie sensibilità, specialmente ove si ragioni di Diritti, tanto civili quanto sociali, in un’ottica di Bene Comune.

Ribadisco quindi, a fine riflessione, l’auspicio che il Parlamento trovi la via per realizzare quanto di opportuno era presente nel Ddl Zan espungendone quanto di incostituzionale, inopportuno, negativo e divisivo ancora resisteva, per farne una nuova norma più largamente condivisa.

Massimo Maniscalco

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