La politica trova origine dalla “polis” (città da amministrare) e la democrazia significa potere (“kratos”) del popolo (“demos”) e nacquero, coeve, oltre tremila anni or sono ad Atene. Ad oggi non possiamo affermare, né tantomeno giurare sul fatto che l’Occidente abbia costruito sistemi  democratici, moderni, di tipo compiuto o avanzato socio-economicamente, fatta eccezione per pochissime nazioni del nord Europa. E’ raro, tant’è, registrare una situazione apprezzabile; mentre constatiamo, nostro malgrado, sia una generale, semplicistica tendenza all’escalation militare, sia una scarsa o nulla attenzione per una corretta, efficiente gestione del fenomeno migratorio.

Nel contempo si plaude con troppa facilità al “sovranista” di turno, per quanto eletto democraticamente, o non si ha il coraggio di condannare, senza appello, un autarca che decide di invadere il territorio di un Paese limitrofo. Oppure si sorvola placidamente su leader che non dimostrano alcuno spirito umanitario (v. presidente dell’Argentina); oppure che isolano, emarginano il Parlamento dalla sua centralità nell’ordinamento democratico (v. Orban in Ungheria durante il lockdown).

E poi ci sono quelle “piccole lesioni della democrazia”, di cui parlava Corrado Augias nell’ultima trasmissione, come l’abuso dei social con dichiarazioni brevissime (a spot), diretta più alla pancia che al cervello degli ascoltatori, che vanno di fatto a sostituire le conferenze stampa o i dibattiti parlamentari (v. Governo Meloni).

Il presidente Mattarella, ben conscio, delle anomalie anzidette e della deriva che sta prendendo la giovin signora “Demo”, non si stanca – grazie al cielo – di ripetere e spiegare che la conquista fatta faticosamente e formalizzata nella Costituzione repubblicana va difesa ad oltranza, curata e coltivata da ognuno di noi, cittadini che ne traiamo indiscutibili benefici. Ciò mediante una partecipazione attiva, un senso del dovere più spiccato e nondimeno di responsabilità. A tal riguardo non è affatto dimostrato che la legge elettorale, attualmente in vigore, che premia il bipolarismo destra/sinistra (accentrando il potere verticistico dei leader nella scelta dei candidati), sta soddisfacendo, dato che sfavorisce la più ampia rappresentanza attraverso partiti minori.

In fondo, non è preoccupante che il mondo occidentale vada a destra, ma il modo con cui lo fa, con metodologie tecnologiche da intelligenza artificiale a scapito di quella naturale, la qual cosa s’è verificata nelle ultime elezioni presidenziali USA, ove un “parvenu” della politica come Musk, ha potuto influenzare milioni di cittadini con una propaganda demagogica superficiale contro la concorrente Harrys, piuttosto che illustrare il programma trumpiano. Quindi, eludendo il coinvolgimento razionale e qualsiasi meditazione politologica, ci troviamo di fronte ad una sorta di passaggio, lento e indolore, ma rivoluzionario, dalla democrazia parlamentare “ordinaria” a quella “illiberale” o autarchica, quale dimensione verticale del Potere che esclude qualsiasi interferenza, controllo e infine limite di sé.

Così, diventa davvero arduo, se non impossibile, distinguere in modo palese l’operato dell’amministrazione statunitense da un qualunque regime totalitario o falsamente democratico, come quello russo o cinese.

La morale mi viene ispirata da un’affermazione di Ezio Mauro: “siamo destinati a lasciare ai nostri figli un mondo peggiore di quello vissuto da noi”, che per 80 anni non abbiamo conosciuto, grazie a Dio, il significato della seguente parola: “guerra”.

Michele Marino

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