“Qualsiasi riforma della legislazione elettorale da applicare durante le elezioni dovrebbe avvenire con sufficiente anticipo, per consentire ai candidati e agli elettori di comprendere i cambiamenti. Gli elementi fondamentali della legge elettorale, comprese le norme che determinano il diritto di voto e di eleggibilità, incluse le regole sulla presentazione dei candidati, non dovrebbero essere modificati nell’anno che precede le elezioni“.

Queste le conclusioni cui è giunta la Commissione di Venezia, organismo consultivo del Consiglio d’Europa e massima autorità internazionale in materia di diritto elettorale – composto da composta da esperti indipendenti, in maggioranza giudici e professori universitari- esprimendo il parere richiesto dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo dopo il ricorso di Mario Staderini, ex Segretario del Partito radicale, contro la legge elettorale italiana vigente, il cosiddetto Rosatellum.

Nel suo ricorso, in sostanza, Staderini aveva indicato il mancato rispetto del principio di stabilità del sistema elettorale. Alla luce del pronunciamento della Commissione di Venezia, comunque non vincolante per la Corte chiamata a decidere in via definitiva, la conseguenza sarà che un eventuale modifica del Rosatellum non potrebbe intervenire oltre il settembre 2026, cioè un anno prima della possibile indizione delle elezioni, ammesso che il Governo Meloni non rassegni le dimissioni prima della scadenza naturale della legislatura.

Staderini aveva poi denunciato l’assenza di un rimedio effettivo per i cittadini che vogliano difendere i loro diritti elettorali visto che la questione di costituzionalità può essere sollevata solo da un giudice nell’ambito di un procedimento. La Commissione di Venezia, invece, ha ribadito chegli Stati sono tenuti a “fornire rimedi efficaci ai singoli cittadini per contestare la legge elettorale che non sia conforme ai principi chiave delle elezioni democratiche, incluso i principi di stabilità della legge elettorale e di suffragio libero ed eguale”. E questo potrebbe aprire la strada alla possibilità di un ricorso diretto alla Corte costituzionale.

La Commissione, invece, non ha accolto i rilievi più tecnici mossi ai meccanismi della Legge elettorale perché per essa “non esiste una norma internazionale che richieda che in caso di sistema elettorale misto possano essere espressi due voti separati per un partito e per un candidato di un altro partito, o che gli elettori possano esprimere il loro voto secondo il sistema maggioritario, senza che ciò abbia un effetto sulla componente proporzionale delle elezioni”.

Piccoli, grandi passi, insomma per giungere alla cancellazione di una Legge elettorale iniqua e sbagliata. Restiamo in attesa delle conclusioni finali della Corte con l’auspicio che si riesca  a trovare una strada che ridia ai cittadini il ruolo che meritano nella scelta dei loro rappresentanti.

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