Secondo i ricercatori dell’International Cryosphere Climate Initiative (ICCI- CLICCA QUI) l’innalzamento del livello del mare causato dalla crisi climatica colpirà almeno 13 porti con il più alto traffico di superpetroliere se gli oceani cresceranno anche solo di un metro. 12 di questi sono tra i 15 principali porti utilizzati al mondo per il trasporto di combustibili fossili.
Un’ironica situazione che, secondo gli studiosi finirà, prenderà di mira in particolare due porti dell’Arabia Saudita, tra i più grandi petroliferi al mondo, considerati particolarmente vulnerabili: Ras Tanura e Yanbudei. Entrambi sono gestiti da Aramco, la compagnia petrolifera statale saudita, e che assicurano circa il 98% delle esportazioni di petrolio dalla Penisola arabica nel resto del mondo.
Tutto questo potrebbe accadere entro la fine del secolo se non saranno ridotte le emissioni inquinanti nell’atmosfera, cosa che influisce sul cambiamento climatico uno dei cui effetti principali è rappresentato dallo scioglimento delle calotte glaciali.
Ma già oggi, ricordano gli studiosi, l’attuale crescita dell’innalzamento dei mari sta provocando mareggiate sempre più violente e fanno diventare più critiche le conseguenze per le zone costiere, oltre che provocare l’infiltrazione dell’acqua nelle terre interne. E così a rischio si trovano megalopoli come New York a Shanghai.
Gli scienziati sono costretti a constatare come i governanti non stiano ponendo l’attenzione necessaria a quella che è diventata una vera e propria crisi mondiale e li accusano di aver frenato i progressi attesi dalle varie conferenze mondiali che si sono tenute fino ad oggi per affrontare i problemi provocati dai cambiamenti climatici. Proprio L’Arabia Saudita è rimproverata di aver impedito un possibile accordo che avrebbe potuto essere raggiunto a Riyad in occasione della Cop 29, il cui documento finale, proprio per l’opposizione saudita, non ha fatto alcun riferimento al clima.