L’8 agosto 1959 nel convento delle Canossiane, dove si era ritirato dopo il suo rientro dall’esilio, terminava il corso della sua vita terrena il servo di Dio don Luigi Sturzo, assistito dal cappuccino padre Bartolomeo Cesaretti e dal parroco di Ognissanti don Giovanni Pirani. La sua salute incominciò a peggiorare il 23 luglio, quando don Sturzo riuscì a stento a celebrare l’ultima messa.

Noi seminaristi della diocesi di Caltagirone seguivamo le notizie sulle sue condizioni di salute attraverso il giornale radio. L’anziano vescovo, monsignor Pietro Capizzi, che aveva inviato al capezzale del sacerdote calatino il rettore del seminario don Giuseppe Nicotra, per portagli la benedizione del vescovo, appresa la notizia della morte ci convocò in cappella e insistette sul suo legame con la diocesi di origine e sulla sua obbedienza. Ricordò che quando nel dicembre del 1952 il presidente della Repubblica Einaudi propose a Sturzo di nominarlo senatore a vita, egli — oltre a chiedere la dispensa a Papa Pio XII — volle chiedere anche il permesso al suo vescovo.

Negli ultimi giorni della sua vita don Luigi ricevette la visita di vari ecclesiastici, fra i quali quella dell’amico don Giuseppe De Luca e del cardinale Alfredo Ottaviani che lo ringraziò per quanto aveva fatto per la Chiesa. Il cardinale Giovanni Battista Montini, appresa la notizia della morte, si recò a rendere omaggio alla salma il 9 agosto.

Giovanni XXIII, che appena eletto Papa aveva dato un affettuoso riscontro agli auguri di don Sturzo, aveva espresso il desiderio di incontrarlo. Ricorda l’allora segretario particolare di Roncalli, monsignor Loris Capovilla: «Il Papa ne trattò con i suoi collaboratori, segnatamente col sostituto Angelo Dell’Acqua, col confessore e consigliere Alfredo Cavagna che si premurò di riferirne all’interessato», ma l’udienza fissata post acquai, come si dice a Roma, non poté aver luogo per la morte di don Luigi. «Ricordo – prosegue Capovilla — il commento di Giovanni XXXIII quando, ai primi di agosto, gli riferirono la professione di fede cattolica del senatore e la richiesta di perdono qualora le circostanze gli avessero impedito di testimoniare più incisivamente la sua consonanza di pensiero e di azione con la Chiesa: “Non lui deve scusarsi, ma altri dovrebbero farlo nei suoi confronti”. E aggiunse: “La Chiesa lo ringrazia per l’esempio di preclare virtù sacerdotali, per l’onore resole con i suoi studi, le sue pubblicazioni, la sua generosa ed eroica accettazione dell’esilio e soprattutto per aver sempre lottato con amore e perdonato evangelicamente”».

Angelo Giuseppe Roncalli, che da giovane sacerdote come segretario del vescovo di Bergamo monsignor Giacomo Radini Tedeschi conobbe il sacerdote calatino agli inizi del ventesimo secolo, lo rincontrò a Roma nel primo dopoguerra come segretario del Partito Popolare Italiano, che Roncalli appoggiò con entusiasmo fino alle elezioni del 1924.

Agli inizi del pontificato di Giovanni XXIII, don Sturzo scrisse un articolo dal titolo Messaggio paterno, pubblicato su «Il Giornale d’Italia» del 31 ottobre 1958. Il sacerdote calatino mise in evidenza l’universalità del magistero di Papa Roncalli: «Pur alzando il pensiero alle cose celesti, pur abbracciando i cristiani dissidenti e invocando come Cristo il perdono per i persecutori della Chiesa, il Pastore e padre di tutti tiene anche presenti i bisogni terreni, la pace fra i popoli, la tregua delle armi, l’equità nei rapporti umani e il benessere per tutti, specialmente per i non abbienti. Le parole di Giovanni XXIII per la loro linearità, semplicità, comprensività, arrivano alle coscienze di tutti in una universalità che abbraccia l’uomo nella sua completezza, e non può richiamare altro che una profonda religiosità e un sentimento cristiano che eleva e trasporta dalle piccolezze quotidiane alle sublimi aspirazioni dell’anima vivificata dalla fede».

L’articolo si concludeva con una esaltazione del primato di Pietro e con un invito a non strumentalizzare il magistero universale del Papa per fini di parte: «Oggi come ieri, come sempre da duemila anni sentiamo l’impeto di una realtà intima, non solo perché si rinnova a Roma il miracolo di una successione ininterrotta di quel Pietro sulla cui pietra è edificata la Chiesa di Cristo; non solo perché un’angelica figura toma in Vaticano a rivolgere la sua parola al mondo; ma anche perché lo slancio di ogni parte del mondo verso Roma rinnova il miracolo della prima Pentecoste cristiana in Gerusalemme, quando tutti ascoltavano Pietro e gli altri apostoli i quali erano compresi nelle varie lingue dei poli li convenuti ascoltando le grandezze di Dio. Che sono mai queste grandezze se non l’Amore? Nessuno cerchi di tirare le parole del Papa al suo settore e trovarvi l’appoggio alla sua veduta particolare; la parola del Papa è universale ed è la parola di Cristo Amore: ho portato il fuoco sulla terra e che cosa voglio se non che sia acceso».

A distanza di sessanta quattro anni dalla morte di don Luigi Sturzo il cui impegno pastorale, culturale e politico è stato oggetto di varie interpretazioni, emerge la sua figura sacerdotale su cui si sono soffermati gli ultimi Pontefici. Nel 1981 Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai vescovi della Sicilia, lo ha indicato come modello ai sacerdoti: «La vita, l’insegnamento e l’esempio di don Luigi Sturzo, il quale nella piena fedeltà al suo carisma sacerdotale seppe infondere non solo nei siciliani ma nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla vita politica e sociale, alla luce dell’insegnamento della Chiesa, siano presenti e ispirino il loro apostolato di evangelizzazione e di promozione umana». Dal canto suo Benedetto XVI, nel cinquantesimo della morte del sacerdote siciliano, nell’udienza generale del 30 settembre 2009 auspicò che «l’esempio luminoso di don Sturzo e la sua testimonianza di amore, di libertà e di servizio al popolo siano di stimolo e d’incoraggiamento per tutti i cristiani e specialmente per quanti operano in campo sodale e politico, affinché diffondano con la loro coerente testimonianza il Vangelo e la dottrina sodale della Chiesa». Infine in occasione del centenario dell’appello A tutti gli uomini liberi e forti, Papa Francesco in un messaggio del 13 giugno 2119 ha ricordato: «Luigi Sturzo, prima che statista, politico, sociologo e poliedrico letterato, era un sacerdote obbediente alla Chiesa, un uomo di Dio che ha lottato strenuamente per difendere e incarnare gli insegnamenti evangelici, nella sua terra di Sicilia, nei lunghi anni di esilio in Inghilterra e negli Stati Uniti e negli ultimi anni della sua vita a Roma».

Mons Michele Pennisi

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