Va riconosciuta a Zingaretti l’onestà intellettuale di aver immediatamente ringraziato le “Sardine”, riconoscendo come il loro concorso alla vittoria si Bonaccini sia stato determinante e decisivo.
Del resto, è legittimo chiedersi: è il PD il vero protagonista, l’effettivo soggetto politico che ha vinto in Emilia-Romagna, arrestando la “marcia su Palazzo Chigi” cui puntava Salvini?
E’ comprensibile che Zingaretti si intesti il successo, ma ciò non dovrebbe esimerlo da un esame più ponderato.
Infatti, la prima impressione è che, anzitutto, abbia vinto la storia o meglio l’apparato – almeno quel che ne resta e non è poco – che storicamente la sinistra ha costruito nella Regione, simbolo e vetrina, da sempre, sia pure passando attraverso segni di stanchezza del sistema di potere locale.
L’elettorato di sinistra ha raddoppiato la partecipazione al voto rispetto allo striminzito 37% di cinque anni fa, dando prova di una vitalità che, sollecitata dalla radicalità dello scontro, ha segnato una riscossa di dignità. Questa risposta alla sgangherata sfida leghista, questa rinnovata consapevolezza di sé ha spremuto tutte le risorse residue ed ancora rilevanti di un sistema locale in cui la vocazione democratica convive con una concezione organicistica della collettività.
Cioè con un sistema in cui partito ed istituzioni locali – dalla Regione in giù – aziende pubbliche e cooperative, associazioni e categorie economiche e professionali, movimenti ed altre forme di socialità organizzata convivono in una rete di relazioni ordinata, anzi sovraordinata, in cui ogni cosa ha il suo posto e lo mantiene a condizione del rispetto e dell’armonia complessiva dell’insieme.
Una convivenza civile che vive la democrazia nel segno di una passione consolidata ed antica, accompagnata dal sentimento di una comune opportunità, orientata da una mano vellutata, ma ferma verso il comune interesse, il “profitto”, si potrebbe dire, della “ditta”, intesa come un tutto pre-ordinato che annette a questa intenzione comune anche lo spirito ribellistico e libertario delle terre di Romagna.
In definitiva, però, un contesto che – se rapportato alle istanze dei giorni nostri e delle più giovani generazioni – appare sostanzialmente statico e chiuso e tale da aver ormai dato il meglio di sé. Non a caso, il ringraziamento di Zingaretti alle “Sardine”.
Senza quel cambio di formazione, a partita in corso, che , ricorrendo alla panchina, ha messo in campo giocatori freschi forse il risultato finale sarebbe stato diverso?
Difficile dirlo, ma l’interrogativo resta e così la domanda se la sinistra, pur partendo dalla sua vetrina, debba sì registrare il successo, ma anche chiedersi se lo scricchiolio del sistema non indichi un’usura dell’impianto che richiede più che robusti correttivi, un deciso cambio di paradigma, a favore di un pluralismo meno ingessato, più libero, più coinvolgente.
Domenico Galbiati

About Author