Sebbene il discorso del Presidente Draghi dinanzi al Parlamento Europeo sia stata occupato nella sua parte centrale sulla gravità della guerra in Ucraina, non sono mancati spunti di riflessione sull’idea della nuova Europa che verrà presentata il 9 maggio a chiusura della Conferenza programmatica sul futuro dell’Unione.

Draghi parte dal contributo di David Sassoli che della vicinanza ai cittadini e della solidarietà aveva fatto uno dei cardini dell’azione delle Istituzioni europee in primi quella che ha guidato, il Parlamento, per delineare una Europa che protegge i suoi cittadini in tutte le manifestazioni della vita quotidiana, dal lavoro alla salute, all’istruzione, alla cultura, al perseguimento della pace in ogni possibile contesto, l’Europa solidale che per troppo tempo è stata lasciata indietro dall’Europa dell’economia e degli interessi personalistici degli Stati.

Sebbene la solidarietà, l’unità di intenti ed azione in Europa sia stata riscoperta a causa della pandemia, che Draghi definisce “la più grande emergenza sanitaria negli ultimi 100 anni”, non di meno dev’essere isolata come un elemento occasione, ma deve diventare un modus operandi che possa portare le Istituzioni europee a muoversi verso i cittadini, dopo che per decenni si ne è misurata la distanza.

Questa Europa che delinea Draghi è un’Europa dove giustizia e equità trovano la loro attuazione in ogni singolo passo che le Istituzioni fanno, ed è un’Europa dove le diseguaglianze di cultura e di società sono un valore e non un ostacolo al processo di integrazione che è una delle grandi sfide della storia che l’Europa stessa deve raccogliere e portare a compimento. Ora, in questo momento di crisi e anche di incertezza per il futuro, Draghi invita tutti a disegnare un futuro in cui l’Europa sia all’altezza dei suoi valori e della sua stessa storia. Citando la ex-Cancelliera Merkel, “prende il futuro nelle proprie mani” e non sia, di contro, condizionata dagli eventi fino a ripiegarsi su sé stessa per timore.

È il momento dell’azione, invita più volte Draghi, il momento dell’agire con tempestività per essere ancora una volta orgogliosi del modello sociale d’integrazione e solidarietà che si è disegnato e di un modello democratico di partecipazione di cui non solo poter essere fieri, ma anche impegnati con convinzione a non dissipare.

In questo senso, l’orizzonte dell’Europa del futuro si sposta verso il Mediterraneo quale polo di pace. Per un partenariato con i popoli che si affacciano su questo mare che non sia di mero scambio economico, ma che sappia raccogliere quelle istanze di partecipazione attiva alla realtà europea e ai suoi valori di pace e democrazia.

E’ una sfida, questa lanciata da Draghi. che va ben oltre la politica di partenariato finora portata avanti, poiché fa intravedere un cambio di passo dalla visione “up/down”, del rapporto dello scambio commerciale/finanziario, al modello paritario delle culture che s’incontrano. In questo Mediterraneo non c’è solo il Sud, ma anche quei paesi che si affacciano su quella parte di Mediterraneo chiamato Adriatico, per cui Draghi auspica l’avvio concreto delle istanze di adesione dei paesi di lingua e area balcanica. Qui Draghi chiede visione politica in un futuro condiviso e unità di azione tra i Paesi dell’Unione.

Quanto di questa Europa disegnata, auspicata, e direi anche sognata dai Padri fondatori rilanciata da Draghi possa poi rimanere nei fatti è difficile dire poiché non siamo in tempi di pace, ma in tempi di guerra e la crisi economica, la recessione, l’inflazione dei prezzi al consumo rischiano di erodere anche le speranze più rosee, “accartocciando” i singoli paesi nella visione più territoriale possibile di difesa dei propri interessi, perdendo quella coralità progettuale che è stata alla base della spinta dei Padri fondatori dell’Europa.

Elisabetta Campus

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