Secondo il 55° rapporto Censis il 77,0% degli italiani valuta adeguato l’operato del Servizio sanitario da quando è iniziata l’emergenza sanitaria. Accanto al riconoscimento dell’eccezionale sforzo compiuto, stanno maturando le aspettative dei cittadini sulla sanità post-Covid.

Il 94,0% della popolazione ritiene indispensabile avere sul territorio strutture sanitarie di prossimità, con medici di medicina generale, specialisti e infermieri di famiglia cui potersi rivolgere sempre.

La valorizzazione della responsabilizzazione individuale si lega a una corretta informazione ed educazione sanitaria che nella sanità del futuro dovrà essere accessibile, diffusa e continuativa, secondo le aspettative dell’83,6% dei cittadini.

La pandemia ha anche accentuato il senso di vulnerabilità. Il 40,3% degli italiani si sente insicuro pensando alla propria salute e alla futura necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie. Il 33,9% non si sente sicuro rispetto a un’eventuale condizione di non autosufficienza.

Secondo il 30,7% il welfare statale non coprirà l’essenziale, tanto che le persone dovranno pagarsi tutto da soli, inclusi i servizi a copertura dei bisogni essenziali.

Il servizio di contribuire a far funzionare bene le istituzioni della società, in attuazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione è di particola­re importanza e attualità, perché il compito è quello di garantire i diritti fonda­mentali delle persone a partire dalle più svantaggiate. Nelle politiche di welfare, i servizi alla persona richiedono di mantenerla al centro, sia in rapporto ai singoli individui, sia in rapporto alle strutture e alle istituzioni.

L’ospedale, i medici, le loro ricerche sono sempre per i malati o non sono alle volte i mala­ti per l’ospedale, per i medici e per le loro ricerche? La scuola è sempre per i ragazzi e le loro famiglie o alle volte sono i ragazzi per la scuola, per gli insegnanti, per la loro occupazione, per la loro carriera? L’appoggio che viene dato al volontariato è per migliorare i servizi alle persone o per risparmiare sui costi ?

L’ Associazione FareRete Innovazione BeneComune APS -Onlus: ritiene pertanto, necessario, oltrepassare il semplice assistenzialismo di circostanza e promuovere verso ciascuno una sinergia di relazioni, ricche di amicizia e di impegno permanente. Occorre avviare un percorso per un welfare di questo genere con ogni persona, che ne è sia soggetto sia destinatario in diverse tappe.

Anzitutto promuovendo l’accoglienza insieme all’accompagnamento, affiancandosi passo dopo passo alle persone per conoscerle, familiarizzare, avviare relazioni meno superficiali e permanenti nel tempo, il tutto in vista di un aiuto concreto che risulti più consono ad ogni singola persona. Questo è senza dubbio il cuore del welfare di inclusione sociale.

Dovremo essere in grado di attivare il volontariato sociale applicando il principio della restituzione, nel senso di educare a mettersi in gioco gratuitamente per il prossimo in difficoltà, attivando quella rete e agorà che non si limiti solo a una situazione in cui ciascuno fa la sua parte, ma che è in grado di creare quella forza continua, che si muove all’unisono, mettendosi al servizio del più debole.

Papa Francesco non fa che richiamarci ad agire insieme, perché solo così i problemi degli uni saranno sostenuti da tutti e si troveranno le vie per affrontarli e risolverli.

Dobbiamo ritrovare il senso del servizio per il bene comune, la società civile ha da svolgere una sua funzione poli­tica, facendosi carico dei problemi generali del Paese, elaborando progetti per una migliore vita umana a favore di tutti, controllando anche la loro attuazione, denunciando disfunzioni e inerzie, esigendo con gli strumenti democratici, messi a disposizione dei cittadini, che la mensa non sia apparecchiata solo per chi ha potere, ma per tutti.

Dobbiamo porci dei chiari obiettivi equità e lotta alle disuguaglianze, che la pandemia ha acuito; capacità di intercettare persone fuori dal radar dei servizi, spesso ai margini del territorio, per garantire parità di accesso e coesione sociale; individuazione di nuovi strumenti per rispondere ai nuovi bisogni di benessere individuale; e ancora, massima flessibilità e inter settorialità tra sfera sociale e sanitaria, con il coinvolgimento di tutte le forze in campo, dalle associazioni di volontariato alle Aziende sanitarie, dagli Enti locali alle organizzazioni sindacali, al Terzo settore.

Quella che abbiamo di fronte è anche un’occasione culturale per superare un’asimmetria “storica”: il welfare viene tradizionalmente considerato qualcosa che riguarda solo una parte della popolazione, la salute, invece, è universalmente riconosciuta come qualcosa che ha a che fare con tutte le persone.

E’ arrivato il momento di superare questa asimmetria, tutti siamo portatori di domande di welfare. Dobbiamo essere in grado di innovare la capacità di rispondere a bisogni non solo delle persone più fragili e vulnerabili, ma dei cittadini in generale, che hanno, tutti, indipendentemente dalla loro condizione socio-economica, bisogni e richieste legate al welfare e alla salute.

Siamo chiamati a realizzare una presa in carico sempre più ‘rotonda’ e intersettoriale, con una rinnovata attenzione alla prossimità, alla domiciliarità, alla vicinanza tra medicina del territorio e ospedaliera.

E’ arrivato il momento di portare l’ospedale, inteso come l’insieme delle professionalità e delle tecnologie sanitarie, al letto del malato, nei suoi luoghi di vita. Solamente permeando il tessuto sociale saremo in grado di dar vita ad un welfare universale di comunità e prossimità, che volga verso una dimensione emancipatoria delle persone, per dare loro gli strumenti per rimettersi in piedi e riuscire a superare le difficoltà che questa pandemia ha aggravato.

Andrea Merlo

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