Ho letto l’articolo di Natale Forlani sulla riforma del fisco e il cosiddetto abbassamento della pressione fiscale (CLICCA QUI), e ne condivido appieno le conclusioni finali.

Scrive Forlani che dai dati sui redditi degli italiani “l’immagine che ne scaturisce è quella di un Paese caratterizzato da una imponente massa di persone povere e di famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, che contrasta con i numerosi indicatori sui consumi, sugli stili di vita e dello stesso andamento dei conti correnti bancari della stragrande maggioranza delle famiglie”.

Proprio qualche settimana fa Brambilla sul “Corriere della sera” in un articolo dal titolo Irpef, chi paga davvero le tasse in Italia tra finti poveri e ricchi immaginari ha riportato le cifre di uno studio di Itinerari previdenziali . Direi le cifre di una vergogna cui nessuno riesce o vuole mettere riparo. La faccio breve. Nell’articolo è scritto che circa 14 milioni 535mila famiglie, su un totale censito da Istat di 25,7 milioni, il 57% del totale, secondo le dichiarazioni dei redditi , vive in media con meno di 10 mila euro lordi l’anno. Questo 57%, paga 14,7 miliardi di Irpef pari all’8,35% del totale d’imposta. Commenta Brambilla: “È un dato realistico? Difficile pensare che gli abitanti di un Paese del G7 vivano come quelli di un Paese del Nord Africa”.

Il 71,5% di tutta l’Irpef è a carico del solo 21% dei contribuenti, quelli che dichiarano guadagni da 29mila euro in su. I “super ricchi” (con redditi di oltre 100mila euro lordi, che poi sono al netto 52mila all’anno) sono solo l’1,21%, e pagano quasi il 20% dell’Irpef. MI domando con Brambilla: approfittando della delega fiscale, non si può pensare ad alcune manovre anti evasione e elusione, dal contrasto di interessi all’anagrafe generale dell’assistenza, dalla verifica individuale sulle richieste di sussidi e pensioni assistite? Tenendo conto di quei 144 miliardi di spesa a carico della fiscalità generale per l’assistenza, ossia in gran parte a carico di quel 21% dei contribuenti. È una cifra che ha raggiunto l’importo delle pensioni, al netto della fiscalità.

Io credo che di riduzione delle tasse si possa parlare, anzi si debba, ma con una manovra simultanea di tagli di spesa e recuperi dell’evasione e rivedendo sprechi e spese assistenziali che troppo spesso si sommano al lavoro nero. Il reddito di cittadinanza è in questo senso un’ulteriore stortura.

Qualcosa è stato fatto con le partite IVA, che pagano una flat tax del 15% fino a 65 mila Euro annui di reddito. Una mossa utile e far emergere l’evasione, ma anche per venire incontro a lavoratori meno garantiti .

Resta il fatto che in Italia siamo di fronte a redditi in buona parte “virtuali” e a una sacca di economia sommersa enorme.

Concludo con Forlani: “Alla luce di tutto ciò definire la proposta come un modello di redistribuzione equa del reddito, come si affannano a dichiarare numerosi politici, appare un poco esagerato. Semmai è l’ennesima conferma che stiamo disegnando delle riforme fiscali, analogamente a quanto avviene per quelle messe in campo per il mercato del lavoro e per contrastare la povertà, sulla base di un Paese immaginario lontano dalla realtà”. Ma ci sarà mai un qualche parlamentare che voglia, anche da queste colonne, commentare?

Capisco che non si tratta di farsi belli sbandierando presunti diritti civili negati e discriminazioni (verso chi?) ma capisco anche perché oltre la metà degli italiani non vada più a votare.

Paolo Girola

 

Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione I Popolari del Piemonte ( CLICCA QUI )

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