A Giorgia Meloni non sono andati giù i commenti ufficiali della Cei, la Conferenza episcopale italiana, su alcuni dei progetti “riformatori” del Governo. Forse è stata abituata troppo bene dai tanti “signor sì” dei cattolici che le sono corsi attorno nonostante le attese inevase su tanti punti di un’agenda che non sembra trovare lo stesso ardore attuativo come su altro.

La Presidente del consiglio è intervenuta sul premierato per rispondere ai vescovi che già avevano provocato bocche storte come segnalammo qualche giorno fa (CLICCA QUI). Guarda caso ha lasciato da parte l’Autonomia differenziata che nel Sud sta provocando un’autentica levata di scudi, di cui si parla pochissimo, persino tra i quadri locali dei partiti di destra. Ma non importa, il messaggio è giunto forte e chiaro: “Non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma del premierato non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa”. La Meloni si avventura poi in una disquisizione sulla struttura istituzionale del Vaticano che non è quella parlamentare.

Finge evidentemente di non ricordare che una cosa è il Vaticano e un’altra è la Cei che riunisce i Vescovi italiani. Forse se la dicitura fosse CENI (Conferenza episcopale della nazione italiana), per lei le cose sarebbero più chiare. In grado di ricordarle che i vescovi sono anch’essi cittadini italiani e con diritto di voto. Oltre che presenti profondamente nel territorio, a contatto della gente per il cui futuro si preoccupano.

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