Il 4 novembre 1977 Giorgio La Pira terminava la sua “corsa terrena”.  Sono ancora attuali  la sua testimonianza cristiana, il suo pensiero, la sua azione, il suo impegno.  In lui troviamo un politico vero ed un cristiano vero.  Facendo politica voleva farsi santo per fare santi gli altri.

Giorgio La Pira ha attraversato la “palude del potere” mantenendosi coerente con le proprie convinzioni.  Il suo modo di fare politica, il suo stile di vita, il suo linguaggio, risultavano sconcertanti ai più.  In lui si incarnava la politica come strumento, la politica come servizio. Egli fece dell’agire politico per gli altri, un autentico atto d’amore. Fraternizzò con i poveri e condivise con loro il proprio stipendio mensile, partecipando delle loro preoccupazioni.  Fu confratello della San Vincenzo de’ Paoli, si impegnò concretamente ed umilmente in prima persona nei confronti dei tanti che erano afflitti dalle povertà. I poveri diventarono la sua famiglia e furono per lui oggetto di riflessione e di progettazione sociale.  Visse in povertà evangelica, non aveva casa, viveva nella cella n. 5 nel convento di San Marco a Firenze.

Il suo corpo mortale dal 5 novembre 2007 riposa sotto un altare in San Marco a Firenze, presso il convento nel quale abitò. Accanto alla sua tomba vi sono quelle di Pico della Mirandola e del Poliziano.

Giorgio La Pira fu collaboratore e amico di don Giulio Facibeni fondatore dell’Istituto “Madonnina del Grappa”, a cui La Pira era legato da grande amicizia e di cui era consigliere.   Fu guida delle Conferenze di  San Vincenzo de’ Paoli della toscana dal 1950 al 1968.

Su sollecitazione del Card. Elia Dalla Costa a partire dal 1931, si impegnò in prima persona in un’opera di evangelizzazione che lo portò a contatto con numerosissime situazioni di povertà, che soccorse con aiuti morali e materiali, mediante l’opera delle San Vincenzo fiorentine da lui animate e guidate.

Nel 1934 diede vita all’Opera di San Procolo, con lo scopo di raccogliere la domenica attorno all’Eucaristia  i poveri e gli emarginati. 

Egli usava spesso definirsi un cattolico bambino, ma molti lo consideravano un visionario, un illuso, e lo avversarono anche quando sostenne la difesa ed i diritti delle classi più umili. Nel 1946 fu tra i protagonisti all’Assemblea Costituente, nel 1951 divenne sindaco di Firenze, successivamente più volte fu eletto al Parlamento.

Nel 1954 così scriveva della sua esperienza politica:  << Non ho mai voluto essere né deputato né sindaco: mi ci hanno violentemente posto…. Io non ho nessuna vocazione sociale, non desidero riformare niente: non ho nessuna dottrina sociale o metafisica da annunciare. Se un desiderio io possiedo è quello soltanto di stare con il Signore nella pace benedetta dell’orazione e della riflessione>>.

Oggi possiamo dire che egli fu alfiere ispirato della pace cattolica. In questo suo impegno usava definirsi un venditore di speranza.   “Io non vendo una cosa sperata, io vendo la speranza”.

Pur contro la propria vocazione naturale, fu un politico a tempo pieno per tutta la vita, ma con dimensioni che non sono quelle proprie della politica, ma quelle della santità. Si batté contro le guerre che insanguinavano il mondo, e prese decisa posizione contro l’aborto. La Pira sosteneva che “….il concepito è già un essere umano …. sia pure in via di germinazione, e come una semente già seminata, già radicata nel “suolo” materno è avviata a diventare spiga…L’aborto è l’uccisione di un uomo”.

Nella Carta costituzionale, di cui fu uno fra i principali artefici, pur in assenza di un esplicito riferimento a Dio, sono presenti in modo diffuso i valori del primato della persona e del solidarismo cristiano, elementi nei quali sia La Pira che numerosi Costituenti avevano come riferimento ideale nel loro impegno in politica.

Questo esempio di politico sia di ispirazione a quanti vogliono porsi a servizio del prossimo e del Paese in politica.

Paolo Mengoli

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