I media nel fine settimana passato hanno focalizzato il loro interesse sul personaggio Giuseppe Conte, attuale Presidente del consiglio, non solo per il suo impegno di governo, ma, soprattutto, per le sue potenziali doti politiche e istituzionali. Interessante la sua intervista resa al nuovo direttore de La Stampa, Massimo Giannini. Un dialogo franco in cui si è discusso, tra gli altri argomenti, anche delle sue preferenze politiche. Ha ribadito che si sente affine al cattolicesimo democratico, cultura politica che ha influito sulla sua formazione. Non è la prima volta che lo dichiara: il suo pensiero politico guarda alle idee morotee.

Eugenio Scalfari nel tradizionale domenicale su la Repubblica ha scritto anch’egli di Giuseppe Conte, con trasporto partecipativo, entusiasmo, ammirazione, paragonandolo addirittura a Camillo Benso di Cavour, per il suo essere talvolta socialista, altre liberale e dimostrando, tutto sommato, di non essere lontano dal centro.

Lo ha avvicinato financo alle idee di Papa Francesco, per le sue “manifestazioni di pensiero e di azione politica” e per come Francesco rappresenta “la modernità per eccellenza”. Scalfari conclude il suo articolo con una toccante considerazione: “Il nostro mondo ha bisogno di vincere la povertà dell’Anima: questo è il modo per guadagnare il futuro, la salute, l’amore del prossimo, la vita”.

Ora, mettendo insieme gli interessanti giudizi degli opinionisti citati, si percepisce l’esigenza politica, pur non dichiarata ma solo accennata, di avere una classe dirigente caratterizzata da riconosciute virtù, dotata di cultura e di cultura politica, di moralità pubblica, forse anche di religiosità, di conoscenza dell’italico sentire, senza sfuggire dalla realtà europea e internazionale, nella consapevolezza che le questioni di governo, finalizzate al bene comune si decidono anche sui tavoli internazionali. Il 3 maggio l’on. Domenico Galbiati già deputato lombardo della DC, dalle colonne di Politica Insieme, giornale che si richiama ai valori esposti nel Manifesto del prof. Zamagni, invitava a rivisitare le fonti della nostra vicenda democratica, per avviare un nuovo cammino verso la crescita, lo sviluppo, il benessere, il bene comune.

Le basi della nostra storia democratica, secondo Galbiati, non possono prescindere dal riconoscere nella Costituzione il valore originario su cui si impernia il nostro ordinamento democratico, e dove il valore della “persona” precede quello dello Stato. Il 18 aprile 1948: una gloriosa vittoria di libertà e di democrazia, la DC pur avendo conquistato la maggioranza assoluta non si chiuse nel proprio recinto, ma volle operare una scelta di responsabilità, evitando di evocare la propria autosufficienza. Iniziò, quindi, una collaborazione con le forze centriste, laiche per allargare la base democratica del Paese.

Una mossa di saggezza e di lungimiranza di Alcide De Gasperi, che permise in seguito ad Aldo Moro di intraprendere il cammino verso la democrazia compiuta. La scelta europea; quella atlantica, assunta con piena consapevolezza, fu necessaria perché lo scontro tra i due blocchi stava mettendo in gioco il valore della libertà. I punti richiamati dall’onorevole Galbiati sono i pilastri su cui è stato costruito e consolidato negli anni lo stato democratico, e che ha permesso al popolo italiano di vivere per settant’anni nella pace, nella libertà, nel benessere.

Esaminando oggi i contenuti delle dichiarazioni del Presidente Conte e le riflessioni dei protagonisti citati, se ne ricava che riformare il modello di democrazia è necessario, esistono per tale impresa aspetti storici e politici molto solidi. Chissà se il Presidente Conte è in grado di assumersi lui la responsabilità di guidare un processo tanto ambizioso quanto indispensabile? Non si sa. Un paradigma di riferimento comunque esiste, a prescindere, si colga l’occasione, e con coraggio, senza timidezze, si entri nella fase operativa, organizzando le volontà e guardando alla nuova frontiera.

Raffaele Reina

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