Ho provato a seguire il dibattito in corso sulla trascrizione in Italia di atti di nascita indicanti genitori dello stesso sesso che all’estero abbiano fatto ricorso, se uomini, alla GPA (in antilingua, la pratica dell’utero in affitto) o a indebita PMA eterologa, se donne.

Per quanto la Sinistra si affanni grottescamente a oscurare l’ovvia, imprescindibile connessione con la GPA, il destino dei bambini così generati merita rispetto e considerazione. I membri dei partiti laicisti fanno della equiparazione di quei minori a quelli generati dalle coppie eterosessuali una bandiera della lotta anti-discriminazione: ma a nessuno dotato di un minimo di buon senso sfugge che a loro importa non dei diritti dei bambini bensì di quelli dei committenti omosessuali. Si è posti davanti ad un ricatto: “Il bambino esiste ed è innegabile: per puntiglio legale volete condannarlo alla discriminazione e alla privazione della relazione affettiva che noi abbiamo già creato con lui? Volete vendicarvi su di lui per le nostre supposte colpe?”.

Orbene, quelle giovanissime vittime del lucrosissimo mercato dei corpi hanno certamente diritti. Proprio su questi anche il mondo cattolico si interroga: quale discernimento attuare, quali norme di legge invocare o creare per perseguire il migliore interesse di quegli orfani privati dell’affetto di un padre o una madre?

Ho letto su AVVENIRE l’articolo del giudice Giuseppe Anzani, le conseguenti osservazioni del dottor Renzo Gubert e la risposta del direttore Marco Tarquinio (edizioni del 15.03 e 17.03.2023). Riassumerei le argomentazioni del giudice e del direttore nei seguenti passaggi: “la giustizia possibile è quella residua, il minor male, o per lui, il figlio, il maggior bene che resta”;a fatto accaduto non resta che prenderne atto e quindi procedere secondo un altro criterio”; esistono “relazioni affettive di cui non si può ignorare l’esistenza e, quando c’è, e molte volte c’è, il valore”; infine, mai andrebbe tolto “un bambino all’ambiente in cui sta crescendo se è un ambiente che gli dà serenità e amore”.

Condivido le perplessità del sociologo ed ex-senatore Gubert: “la valutazione etica di una norma deve comprendere anche gli effetti indiretti della cosiddetta «giustizia del giorno dopo»”, evitando pertanto che si venga a creare “una condizione che favorisca una maggiore frequenza di casi” di GPA e di non dovuta PMA eterologa. Occorre prevenire che a furia di sconcertanti “sentenze creative” della Magistratura o per sfinimento si finisca per allinearsi nel male a gran parte dei Paesi europei.

Sui veri esperti grava il compito di legiferare: Anzani propone “una relazione giuridica con il partner del genitore vero, a somiglianza di quella, con carattere adottivo. Dunque, con intervento di garanzia giudiziale. Con un supplementare debito d’amore, se possibile”.

Per fornire un mio piccolo, umile contributo  riprendo proprio un suo passo: “a fatto accaduto non resta che prenderne atto”. Mi sembra che il cuore della vexata quaestio stia tutto in quel “fatto accaduto”. Cosa è dunque accaduto? È avvenuto qualcosa non solo di incivile e di abominevole per la morale cattolica ma anche di “intollerabile” ed “inaccettabile” per lo Stato italiano. La pratica dell’utero in affitto è espressamente vietata dalla legge 40/2004 e censurata in modo durissimo dalla Corte costituzionale (nel 2007 e nella sua recente sentenza 38162/22). Pertanto, con buona pace del sindaco di Milano, e di Elly Schlein, un atto di nascita formato all’estero per un bambino nato da maternità surrogata, e consegnato alla coppia dei committenti come figlio di entrambi, non può essere trascritto in Italia nei registri dello stato civile (sentenza della Corte suprema di Cassazione, a Sezioni Unite). Inoltre, la fecondazione eterologa è ammessa in Italia, dal 2014, solo per una coppia composta da persone giovani di sesso diverso in cui sia stata accertata e certificata una condizione irreversibile di infertilità o sterilità.

Donne o uomini che siano, le persone omosessuali committenti che all’estero si sono procurate un essere umano in barba a tutte le leggi (per fortuna ancora) vigenti in Italia, e lo hanno barbaramente privato del diritto ad avere un padre ed una madre, possono davvero essere ritenute capaci di relazioni positive, di capacità educativa, di onestà civica, di altruismo, di oblatività, di sacrificio, di vero amore? “Il fatto accaduto” può così facilmente essere dimenticato e cancellato da un colpo di spugna? L’uccisione fantasmatica della figura complementare (del padre o della madre) a danno dell’orfano/a reale è davvero così anodina da poterne avallare la sussistenza?

Nell’Argentina di Videla era frequente l’adozione di figli da parte dei militari torturatori che ne avevano personalmente ucciso il padre e/o la madre: quella nuova casa dava forse garanzie di “serenità e amore”? Nella “eccezione Italia” (come San Giovanni Paolo II definiva il nostro Paese) dove ancora permane un risicato argine legislativo ai capricci dell’individualismo sfrenato il massimo bene che ancora si può fare per simili orfani, il loro migliore interesse non è forse sottrarli ai loro aguzzini responsabili di “quanto accaduto” (mai abiurato e sussistente) quand’anche essi si mostrino sorridenti e benevoli? Diversamente, sarebbe come accontentare una persona pedofila che dopo aver duramente abusato un giovanissimo minore – senza alcun pentimento per quanto commesso ed anzi vantandosi di aver agito “per puro amore” – ne reclamasse l’adozione. Ci si potrebbe fidare delle intenzioni di un simile individuo oppure “quanto accaduto” rende pressoché certo che non accogliere la sua sconcertante richiesta corrisponde al miglior interesse della vittima?

Chiarisco, per coloro che fossero incapaci di coglierlo per motivi ideologici, che non è l’omosessualità in sé a screditare totalmente la capacità di amore, bensì la barbarie commessa e mai rinnegata, quand’anche fosse perpetrata da una ricca coppia eterosessuale in cui la donna, per esempio, avesse a noia i fastidi e le conseguenze estetiche della propria gravidanza.

Roberto Leonardi

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