Il mare continua a restituire i cadaveri provocati dal naufragio di Cutro e altri migranti annegano tra Tunisia e Lampedusa  mentre il Governo italiano sembra davvero intenzionato ad impegnarsi per salvare più vite possibile ed evitare il ripetersi di drammi come quelli consumati sulle coste calabre che hanno avuto un effetto dirompente a livello mondiale, certo non solo europeo ed italiano. Intanto continua il tentativo di limitare l’operatività delle navi ong, cosa che richiede un intervento diretto delle nostre forze navali.

Così sembra che si stiano battendo tutti i record di arrivo di migranti sulle nostre coste. Dalle minacce dei blocchi navali e dei porti chiusi siamo passati allo sciorinamento dei numeri dei salvataggi e dell’accoglienza. Stiamo andando avanti a colpi di migliaia di sbarchi al giorno, questa volta “benedetti” dal Governo Meloni. Il Centro di accoglienza di Lampedusa non si riesce a svuotare mai abbastanza. A ieri, si contavano circa 1800 migranti messi in salvo in ambienti che dovrebbero contenerne non più di 400.

Ovviamente, è stato meglio così. E cioè che anche Giorgia Meloni, almeno in questa fase, andasse oltre i proclami elettorali e impegnasse anche i più riottosi tra i suoi a gestire la delicata questione degli sbarchi in maniera concreta e non solamente retorica. La reazione collettiva alle stragi che quotidianamente si registrano tra le onde del Mediterraneo in qualche modo riequilibrano il giudizio e la sensibilità tra un’opinione pubblica portata ad esaminare la questione delle migrazioni con mutevole emotività mentre sullo sfondo resta, e ancora irrisolta, la complessa molteplicità delle relazioni con il resto d’Europa.

Anche Giorgia Meloni è costretta ad assaggiare il forte sapore agro – dolce di quelle relazioni che non consentono sempre una separazione netta tra una questione ed un’altra tra quelle che i diversi partner europei si trovano dinanzi sul tavolo in occasione dei loro frequenti incontri. E allora c’è il bisogno di inventarsi successi che ancora tardano a venire mentre si vivono le stesse identiche esperienze dei governi precedenti. I processi decisionali europei sono uno dei prezzi da pagare ad una progressione di rapporti propri di una entità sovranazionale che, tutto sommato, è ancora in formazione.

Utili ed opportune queste esperienze che servono, in ogni caso, a capire che nel resto del mondo le cose non funzionano come quelle in Italia.

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