Per le nostre politiche per l’immigrazione si prospetta uno scenario da tempesta perfetta. Un’evoluzione dettata dal concorso di tre fattori: la crescita incontrollata degli ingressi irregolari; l’aumento delle quote d’ingresso per motivi di lavoro; la scarsa efficienza della gestione dei nuovi flussi d’ingresso. L’attenzione principale viene dedicata alla crescita degli sbarchi nel Mediterraneo, triplicati nel primo trimestre rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, con una tendenza che li avvicina alle punte registrate nel triennio 2014-2016 per l’assenza di efficaci sistemi di controllo e di deterrenza nei Paesi di origine e in quelli di transito dei migranti. Un’evoluzione che ha indotto il Governo a dichiarare lo stato di emergenza per i prossimi sei mesi e alla nomina di un Commissario per la gestione dell’accoglienza delle persone sbarcate.

La stragrande parte di loro, nonostante una narrazione che continua ad affermare il contrario, non proviene da scenari bellici o da territori vittime di catastrofi naturali. Come ampiamente documentato dagli studi internazionali sulla materia, e dai dati del ministero dell’Interno sulle nazionalità di origine di quelli sbarcati in Italia, sono migranti che provengono da paesi con redditi pro capite tra i 4mila e gli 11mila euro annui, che non sono in grado di offrire opportunità di lavoro adeguate per i loro giovani, ma che consentono di accumulare i risparmi sufficienti per finanziare il viaggio verso i paesi europei, dove sono attesi da parenti e conoscenti. Infatti, per la maggior parte di quelli che approdano nel nostro territorio l’Italia viene considerata un paese di transito verso altre mete. Una sorta di ventre molle per entrare in Europa, come dimostrato da circa la metà dei migranti approdati nel nostro Paese che hanno successivamente avanzato la richiesta d’asilo in altri paesi dell’Ue. Un punto debole motivato da un fattore oggettivo, l’ampiezza delle frontiere marine, e da uno culturale, l’attitudine a improvvisare le politiche sull’onda dei fattori emotivi.

Gli organizzatori di questi viaggi non sono soggetti improvvisati. Gestiscono conti correnti internazionali dove i migranti e le loro famiglie devono convogliare le rate i pagamenti sulla base dello stato di avanzamento dei tragitti. Mantengono solide relazioni con i fornitori di mezzi di trasporto locali e riposizionano le loro strategie in relazione alle condizioni geopolitiche e ai comportamenti dei paesi di transito e di accoglienza. Nei tempi recenti queste tratte hanno assunto una particolare intensità, e pericolosità, per l’aumento dell’instabilità politica di numerosi paesi di origine e di transito. Fenomeni che sono noti a coloro che studiano in profondità questi fenomeni e ai servizi di intelligence dei Paesi sviluppati, ma che non possono essere comunicati all’opinione pubblica perché non sono coerenti con le narrazioni politicamente corrette. Per contrastarli con efficacia non è sufficiente aumentare l’accoglienza e la redistribuzione degli immigrati negli altri paesi aderenti all’Ue. Serve una politica estera europea capace di condizionare le relazioni con i paesi di origine e di transito e una solida polizia di frontiera continentale.

Nei tempi recenti, in relazione alle sollecitazioni provenienti dalle associazioni settoriali delle imprese che faticano a trovare nel territorio personale disponibile a svolgere ogni sorta di lavoro manuale, ha ripreso vigore la teoria che i flussi d’ingresso irregolari possano essere contrastati ampliando le quote legali degli ingressi per motivi di lavoro. Quali siano le relazioni tra le caratteristiche delle persone che sbarcano nel Mediterraneo e i fabbisogni professionali richiesti dalle imprese non è dato sapere. Lo dicono apertamente anche le richiamate Associazioni che, a scanso di equivoci, hanno alzato il tiro delle richieste paventando fabbisogni equivalenti a mezzo milione di nuove quote d’ingresso. Dove dovrebbero andare questi nuovi lavoratori?

Anche ammesso che i nuovi flussi siano necessari per assicurare la continuità delle attività economiche, una specifica riflessione andrebbe fatta riguardo l’effettiva capacità degli sportelli pubblici per l’immigrazione di riscontrare le domande inoltrate dalle imprese in tempi rapidi e coerenti con le caratteristiche della stagionalità e dell’elevata mobilità del lavoro di queste attività economiche. Il dubbio è più che lecito, dato che gli uffici in questione hanno ancora in gestazione le domande della sanatoria promossa con decreto per motivi di urgenza (sic) nel 2020 e di due successivi decreti flussi per 150 mila quote. Qualche novità per accelerare il rilascio dei nulla osta d’ingresso è stata introdotta nel recente decreto flussi, ma le semplificazioni per entrare in vigore devono essere metabolizzate dalle burocrazie.

Natale Forlani
Pubblicato su IlSussidiario.net

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