Guido Crosetto e Giorgia Meloni. Sin dagli inizi della loro fortunata avventura con Fratelli d’Italia sono stati definiti il Gigante e la Bambina al punto che è diventata una “storiella” d’Italia. Crosetto, a dispetto di tutto, resta il democristiano che è sempre stato sin dalla giovinezza quando militava nello scudo crociato in quel di Cuneo. Democristiano  di quelli dal tocco buono e gentile. Anche quando prova a fare da “vetriloquo” a Giorgia e a presentarla per quello che non è, e magari pronto ad accettare di sentirsi smentire i propri buoni sentimenti.

L’altro giorno, Crosetto se ne è uscito con l’appello a stendere un Patto per l’Italia ed ha precisato ulteriormente che le posizioni della Meloni contro il Pnrr sono state, in fondo, solo delle “birichinate” perché loro, sempre in fondo, ma proprio in fondo in fondo, non sarebbero euroscettici.

Lo stesso Crosetto ha sempre avuto un atteggiamento molto protettivo verso Giorgia. E da tempo mette le mani avanti sulla possibilità che lo scontro elettorale venga costellato da chissà quali siluri indirizzati verso di lei e il loro comune partito. Non è dato sapere se si tratti di un’uscita “alla Catalano”, giacché tutte le campagne elettorali hanno visto progressivamente aumentare la circolazione di dossier più di quanto non avvenga per quei cari e vecchi volantini che tutti noi, assieme a Crostetto, ma anche alla Giorgia primissima maniera, quella del Fronte della Gioventù del Movimento sociale italiano, distribuimmo a piene mani in quella stagione in cui la politica era davvero parte attiva della vita pubblica e basata su ideali di gioventù.

Oppure, si tratta di timore o di sospetti? Nel primo caso, potrebbero essere determinati dalla consapevolezza che per crescere a tutti i costi si sono aggiunti tanti compagni e compagne di strada che, forse, come dimostrano i recenti arresti in casa Fdi a Terracina, sarebbe stato meglio lasciare da parte. Se invece sono sospetti, uno stato d’animo, una premonizione l’unica difesa potrebbe essere quella del mettere le mani avanti e provare a fare degli appelli per sottoscrivere qualche patto… con chi non si sa bene, così come s’ignora sul che cosa e con quale sentimento.

Certo che l’Italia ha bisogno di un Patto. Ma non quello tra chi si pensa di avere i magistrati dalla propria ed altri  che, invece, dai magistrati si attendono solo avvisi di garanzia nel pieno di ogni campagna elettorale. Anche se già prima della stagione di Palamara, avemmo modo di capire che questi benedetti uomini della Giustizia non hanno più un’unicità d’indirizzo. Le cose sono diventate un po’ più confuse di un tempo e, quindi, per la carriera non è proprio male provare a dare un colpo al cerchio ed uno alla botte.

Il vero Patto dovrebbe essere quello della solidarietà e dell’inclusione. Nella piena consapevolezza che la prima vera assunzione di responsabilità deve avvenire, e per fortuna è avvenuto a seguito della pandemia con il Pnrr, in quel contesto più ampio, ma più valido e sostanziale, qual è quello europeo. E noi siamo avvertiti della posizione ultranazionalista di Giorgia Meloni, non a caso alleata con tutte le figure di spicco presenti negli altri 27 paesi intenzionate a far afflosciare, se non del tutto caracollare, il progetto dell’Unione. Crosetto apprezziamo il tentativo, ma non riesce!

E in fondo, cos’è stata la lunga, ostinata opposizione al Governo Draghi se non una guerra all’Europa? Il guaio della Meloni e di Crosetto sarà proprio quello di dover , in caso di vittoria a fine settembre, gestire la linea di Mario Draghi concordata, punto per punto, con Bruxelles, evidentemente poco disposta a coprirci d’ingenti investimenti senza le adeguate garanzie.

Poi, tanto per fare la “birichinata” di smentire un po’ anche Crosetto, Giorgia Meloni è fresca fresca di dichiarazioni sul blocco navale che intenderebbe organizzare per fermare gli sbarchi degli immigrati. E’ nota la posizione dell’Europa al riguardo. Intenzionata com’è, sia pure nella consapevolezza delle dimensioni drammatiche di un fenomeno mondiale, a conservare almeno un po’ di quello spirito solidale e di relazione con popoli e paesi che ci guardano come un faro di civiltà, di pace e di speranza al fine di veder soddisfatti almeno i più elementari bisogni che ha ogni essere umano, oltre che rispondere in qualche modo ad una grave crisi demografica. C’è dunque, in ogni caso, una natura spontanea, sostanziale ed ineliminabile, che continuamente emerge in Fratelli d’Italia e in buona parte della destra. E proprio mentre si muovono, e finalmente, i primi passi per giungere ad una effettiva redistribuzione dei migranti all’interno dei 27.

E’ più salutare perciò presentarsi per quello che si è piuttosto per provare a fare “il democristiano” ad ogni costo. E’ bene che gli italiani si misurino, invece, a viso aperto soprattutto su questo tema dell’Europa lasciando stare gli appelli che, fatalmente, saranno destinati a lasciare il tempo che trovano.

Un’altra storiella è quella che riguarda Luigi Di Maio. Chiede “pari dignità” per tutti i partiti della coalizione che Enrico Letta sta preparando nel peggiori dei modi. Luigi Di Maio, nonostante la calura estiva, ha improvvisamente scoperto che la sua strada doveva essere un’altra rispetto al “vaffaismo” con cui si era contraddistinto. La sua “conversione” ha segnato l’inizio della fine dell’esperienza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Ma se di fronte ad un empito di coscienza nulla quaestio, è il modo a disvelare la scarsa sostanza e l’ancor minore tensione ideale. Egli infatti non s’è ingegnato a darci un progetto, bensì si è solo preoccupato di trovare la copertura adeguata ad evitargli la raccolta delle firme per il proprio neonato raggruppamento. Ma, poi, finisce,  lui capopartito, a candidarsi nella lista del Pd. Non gli resta che chiedere … pari dignità.

Storielle d’Italia, quella del Gigante e la Bambina e quella dell’ex leader dei 5 Stelle. Certo, diverse tra di loro, ma comunque utili a farci meditare su come ci si trovi di fronte davvero ad una crisi di sistema che trasforma la lotta politica e persino i tratti umani dei personaggi che la interpretano.

Giancarlo Infante

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