La Sala stampa vaticana, attraverso una dichiarazione, del suo direttore, Matteo Bruni, precisa che Papa Francesco non intendeva e non intende chiedere all’ Ucraina di arrendersi all’invasore russo.

Senza inoltrarci nell’esame delle recenti affermazioni del Santo Padre, questa puntualizzazione consente di prendere sul serio il suo invito a percorrere la via diplomatica e di chiederci quali passi potrebbe, e dovrebbe, fare l’Unione Europea. Purché sia capace di concorrere ad un tale impegno, soprattutto in questa fase pre-elettorale che pur dovrebbe sollecitarla ed, invece, pare la stia, a maggior ragione, frenando.

Un percorso credibile dovrebbe preoccuparsi di raggiungere una pace “giusta”, che sappia distinguere tra aggredito ed aggressore e sia rispettosa del diritto internazionale. L’Europa potrebbe proporre di scandire un tale cammino diplomatico in più tappe cronologicamente e logicamente connesse. Chiedendo, anzitutto, un preliminare
“cessate il fuoco”, dal momento che è impensabile qualunque trattativa sotto il martellamento quotidiano dei bombardamenti e dei massacri di civili che, giustamente, gridano vendetta al cielo a Gaza, ma non a Kiev.

Così comprenderemmo se Putin è intenzionato a trattare o meno, se accede oppure no alla condizione previa che consenta di avviare un cammino ragionato e ragionevole verso la pace. In secondo luogo, proponendo la creazione nel Donbass di una “enclave” che, continuando a far parte dell’ Ucraina, goda di uno statuto di ampia autonomia (modello De Gasperi- Gruber), monitorata e verificata, per almeno vent’ anni, da un concerto di Paesi – tra i quali, in primo luogo, l’Unione Europea – quasi si trattasse di un “protettorato” internazionale.

Pensare che si possa costruire un nuovo ordine mondiale stabile e pacifico sull’ aperta violazione del diritto internazionale e sull’ accettazione dei vantaggi che ne derivano, è cosa non solo irrealistica, ma soprattutto ingiusta ed, in prospettiva, anche pericolosa. Questo implica, ovviamente, il ritiro delle truppe russe oltre il confine dello scorso 24 febbraio 2022. Si tratterebbe di mettere, per ora, tra parentesi la questione della Crimea.

Inoltre, l’Europa dovrebbe, a costo di mettere mano a trattati e regolamenti, aprire un percorso straordinario ed accelerato per per una adesione sollecita dell’ Ucraina all’UE. Un ulteriore passo significativo l’Europa potrebbe compierlo stabilendo presupposti e criteri diretti a definire una piattaforma di interscambio commerciale con la Russia, assumendo l’ onere di far rispettare i termini di tale collaborazione, per la parte che ad essi compete, anche agli altri Paesi democratici dell’ Alleanza Atlantica.

L’Europa dovrebbe, infine, proporre che, sotto l’ egida dell’ ONU o di altro concerto internazionale, si metta in opera un piano di ricostruzione dell’ Ucraina, associandovi anche la Russia, che, in termini di riparazioni di guerra, dovrebbe almeno sostenere la ricostruzione delle strutture indispensabili alla quotidiana vita civile della popolazione ucraina: ospedali, scuole ed università, teatri, sedi istituzionali, edifici di culto e le reti necessarie per i servizi essenziali di acqua, luce, gas….. Secondo il principio universale per cui chi rompe, paga e, almeno in questo caso, neppure i cocci sono suoi.

Domenico Galbiati

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