Impressionante l’omelia di domenica scorsa 6 marzo del Patriarca di Mosca Kirill. Dopo che tutti gli avevano sollecitato, per la sua influenza, un intervento a favore della pace, non solo non condanna la guerra e si schiera con i fratelli ortodossi del Donbass, ma neppure usa la parola guerra. Ancor più inquietante se si abbina all’immagine che della Russia fornisce Putin: protetta al suo interno da un’anima cristiana e all’esterno dalle armi nucleari.

Ma le cose peggiorano quando l’omelia fornisce le giustificazioni morali dell’intervento russo: “Ciò che sta succedendo oggi nell’ambito delle relazioni internazionali non ha solo un significato politico, ma si tratta della salvezza umana, di dove andrà a finire l’umanità. Tutto ciò che dico non ha solo un significato teorico spirituale. Intorno a questo argomento ora c’è una vera guerra … siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico ma metafisico”.

E questa volta usa la parola guerra per una seconda dichiarazione di guerra (metafisica, come quella dei filosofi nazisti che giustificavano l’olocausto) contro i valori dell’Occidente.

Ma il culmine l’omelia lo raggiunge quando rende ancora più specifico il motivo di tale doppia dichiarazione di guerra: l’orgoglio gay, l’organizzazione dei gay pride.

E’ incredibile che abbia usato l’argomento gay per giustificare una aggressione unica nella sua gravità. Famiglia Cristiana lo liquida con l’accusa di fondamentalismo da una parte, e dall’altra attaccandone la persona: “Chi è Kirill?” è il titolo dell’articolo che lo descrive come amico di Putin, entrambi provenienti dal KGB.

Non possiamo, però, liquidarlo così. E’ incredibile, lo abbiamo detto, che abbia usato tale argomento per giustificare una catastrofe umanitaria, ma è pur sempre il rappresentante di milioni di cristiani.

L’omelia va oltre: “Oggi esiste un test per la lealtà a questo potere mondiale …  per entrare nel club di questi paesi [europei, occidentali] è necessario organizzare una parata del gay pride. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza …”.

Cerchiamoci qualcosa di vero. E’ vero che la Buitoni ha dovuto cambiare il proprio marchio pubblicitario, quello della “famiglia del mulino bianco” perché discriminatorio. E’ vero che ormai da anni siamo preda di una dialettica malata, soffocante, tra il pensiero “politicamente corretto” (Galli della Loggia lo chiama “delirio suicida”) e quello fondamentalista, esplosa negli eventi di Capitol Hill.

Ora Kirill ci svela follemente che il motivo per cui c’è la guerra, e noi dobbiamo essere distrutti, è per il non saper più collocare nei corretti confini l’omosessualità. Non sapere definirla con un termine che sia più adatto di quello di disordine e di quello di orgoglio. Bene, facciamolo! Usciamo dalla dialettica malata.

Maurizio Cotti Piccinelli

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