L’ “otium” estivo favorisce la lettura e la rilettura, ad esempio, del libro “Breve apologia di un movimento cattolico”, che uno dei maggiori filosofi viventi, Jean Luc Marion, cattolico e francese, dedica al ruolo dei credenti nella fase storica che impegna il suo Paese, secondo una linea di pensiero che, in larga misura, vale anche per noi. Conclude il suo saggio con una citazione di Chateaubriand: “Io non trovo soluzioni nell’ avvenire che nel cristianesimo e nel cristianesimo cattolico…… Se un avvenire deve esistere, un avvenire potente e libero, quest’avvenire è ancora lontano, lontano dietro l’orizzonte visibile: non vi si potrà pervenire che con l’aiuto di questa speranza cristiana le cui ali crescono a misura che tutto sembri tradirla, speranza più lunga del tempo e più forte della disgrazia.”

A distanza di due secoli, Jean Luc Marion trova queste parole ancora attuali o meglio in procinto di essere verificate, come se, con tanto anticipo, Chateaubriand avesse intravisto questo “momento” che solo oggi sembra sorgere “dietro l’orizzonte visibile”. Ma che cosa intende esattamente Marion per “momento cattolico”, in questa particolare stagione che, al contrario, secondo la vulgata corrente, vedrebbe, addirittura, in costante arretramento tutto ciò che attiene la religione, anzi il cristianesimo, in modo particolare ?

Ci resta da affrontare – ci ammonisce Marion – ancora un secolo di nichilismo se vogliamo dar credito alla profezia di Nietzsche,  che assegnava un arco temporale di almeno due secoli all’indirizzo di pensiero che è stato codificato ed introdotto anzitutto dalla sua filosofia. Senonché, piuttosto che la “morte di Dio”, registriamo la “morte della morte di Dio” e, prima di parlare di una “crisi della Chiesa” – sostiene Marion – la società francese dovrebbe riconoscere la sua crisi che “contagia ….quasi tutti i gruppi che la compongono”. Una condizione che il filosofo cattolico fa risalire addirittura al primo choc petrolifero del 1974 e che, protrattasi ininterrottamente di decennio in decennio, si configura come uno “stato di decadenza” che investe la Francia e complessivamente l’ intera Europa.

Segno patognomonico della decadenza è “l’impotenza” del potere politico “…spossessato di ogni possibilità di intervento e condizionato da tutte le parti”. Al punto che : “….non viviamo una crisi, ma…la nostra impotenza ad entrare in crisi e quindi ad uscirne al prezzo di una decisione”. Dunque, continua Marion: “…non si tratta affatto di una crisi, ma di un’assenza di crisi, di una molto più inquietante crisi della crisi”, cioè dell’incapacità di chiamarsi fuori “… attraverso una decisione risolutiva, dall’impotenza vetrificata e dal conflitto senza uscita”.

In quanto alla “Republique” dovrebbe prendere atto che, se pur bastasse a sé stessa per affermare “libertè” ed
“egalitè”, la “fraternitè” in nessun modo può prescindere da una visione cristiana della vita e, dunque, dall’apporto dei cattolici francesi. I quali dovrebbero chiedere scusa alla Chiesa universale “per averle inoculato….le sue due più recenti eresie: l’integrismo ed il progressismo….”, presi “dall’ossessione cattolica di rifare cristiani i nostri fratelli o, in altri termini, per la Chiesa, ridiventare in Francia maggioritaria, quando non addirittura egemone”. Cosicché si sono abbandonati ad “accomodamenti di fondo” nei confronti dell’ ateismo teorico marxista da un lato, con la destra di Action Francaise dall’ altro, pur di ottenere, a prezzo di qualsiasi alleanza, la “ri-cristianizzazione della Francia”. Sostiene, da cattolico, il filosofo francese: “….siamo noi, noi, gli incaricati della salvezza della Chiesa, della sua potenza, della sua efficacia…? Non se ne incarica forse Cristo stesso ? Certo se ne incarica…… Certo, Egli ha promesso alla sua Chiesa che le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ma non le ha mai assicurato di diventare maggioritaria o egemone nel mondo…..”.

Ci sono assonanze che, con le dovute mediazioni, meritano di essere approfondite anche da noi, seguendo gli sviluppi dell’argomentazione controcorrente di Marion. Ad esempio, laddove constata come solo nei paesi che hanno conosciuto percorsi di piena cristianizzazione,  si registra un’ autentica comprensione del valore della laicità dello Stato. Sfidata quest’ultima – in Francia in special modo e fin d’ ora – dall’evoluzione multireligiosa di contesti civili in cui si espande la presenza islamica.

Ma perché, per tornare al nodo essenziale della riflessione di Marion, “si manifesta oggi la possibilità di un momento cattolico”, se non in quanto i cattolici intuiscono o dovrebbero sapere che “solo l’amore conta e solo l’amore agisce, che solo l’amore comprende e solo l’amore conosce”? Dunque, questo il punto dirimente: “Noi entriamo in un momento cattolico perché entriamo in un momento critico, un momento in cui è messa in gioco….. la possibilità di una comunione che metta in opera l’Universale. Laddove, “Per Universale intendiamo tutto ciò che trascende i conflitti particolari…. tutto ciò che mette in pericolo l’unità della nazione”.

Chi può ristabilire questo ” Universale”, che “si sgretola e crolla da ogni parte”, se non coloro che hanno “più esperienza e maggior pratica di…comunione per sé’ e per gli altri ?”. Conclude Marion che: ” Il momento dell’Universale diviene così la responsabilità principale dei cattolici”. Senonché rappresenta “….un incarico troppo pesante perché ( i cattolici ) non domandino l’aiuto di tutti”.

Domenico Galbiati

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