Il sito POLITICA INSIEME ha generosamente pubblicato nel giugno 2021 un mio lungo scritto su conversione e santità ( CLICCA QUI ). Argomentavo, traslando nel contesto religioso cattolico un’intuizione politica del Prof. Stefano Zamagni, che quelle non possono che essere il frutto di una autentica trasformazione, ma non di una riforma [ri-forma, dare forma nuova e accattivante ad una sostanza rimasta vecchia] spirituale.

Le righe che seguono ne sono un’aggiunta producendo così la revisione 4.0 dello scritto originale.

I pittori lasciano intendere spesso che un’immagine può parlare meglio di un professore e istruire più di un libro. Fidandomi di loro, concludo le mie riflessioni su conversione e santità ricorrendo all’immagine di un affresco di Niccolò Circignani detto il Pomarancio (1530-1597 circa): si trova nella chiesa, recentemente splendidamente restaurata, di Santo Stefano Rotondo sul colle Celio di Roma. L’edificio sacro circolare è decorato all’interno con scene di orrendo martirio dei primi cristiani: Santo Stefano, gli Apostoli e molti altri.

Nell’affresco si vedono persone già sottoposte al supplizio dell’amputazione delle mani e altre che lo attendono. In terra un ammasso di arti tagliati; sangue scorre abbondantemente dagli avambracci dei martiri. È verosimile che un simile supplizio fosse solo il primo di altri che li avrebbero infine condotti ad una morte sospirata e all’entrata gloriosa nello stato di Paradiso. Non possono sfuggire alcuni particolari rivelatori. I volti di tutti sono sereni. Nessuno è in atteggiamento di fuga: al contrario – pur non essendo presente nelle vicinanze alcuna guardia – tutti attendono il loro turno come fossero in fila per ricevere un dono. Dal coraggio del più anziano già amputato è sostenuta la forza della unica giovane. La ragazza in primo piano quasi sorride, priva anche del naturale riflesso di ritrazione, mentre offre spontaneamente la mano superstite alla spada dell’aguzzino. Tutti sono ripieni di Spirito Santo e affrontano la paura e il dolore sapendo che Gesù sta soffrendo con loro, accanto a loro. Sono ritratte persone di età varia che formano un piccolo gruppo: ad indicare che la vita comunitaria era quella che meglio – anche se non unicamente – poteva sostenere le singole persone negli anni di spietata persecuzione.

Il pittore, secondo il mio sentire, ha mirabilmente ritratto la conversione, la avvenuta trasformazione di persone normalissime in testimoni e santi. Essi offrono la loro vita per amore a Cristo e non per adesione a una moda di pensiero o per fedeltà alle esigenze della corrente religiosa più atipica del momento; intercedono per i loro torturatori senza odiare chi li sta uccidendo nei tormenti; sono mossi dall’amore verso tutti, anche se nemici, e non li considerano persone da evitare bensì da salvare. Non sono disposto a credere, tantomeno ad ammettere, che quelle persone poco prima di essere catturate avessero … chessò … maltrattato o denigrato più o meno apertamente alcuni loro confratelli, che avessero espresso giudizi sprezzanti verso gli adepti di altre religioni, che avessero difeso i loro interessi a danno di altri meno fortunati, che approvassero la politica aggressiva e spietata degli imperatori romani a danno di intere popolazioni sottomesse: essi non erano rimasti “i peccatori di sempre” solo con qualche vivido ma fugace memoriale di fede al loro attivo. Invece, erano uomini e donne divenuti “celesti”! Persone così trasformate erano il vero sale, la vera luce ed il vero lievito del mondo pagano in cui si trovavano a vivere. Lo avrebbero poi dimostrato non con seducenti, innovativi bla bla teologici bensì con inoppugnabili fatti concreti. Essi avevano davvero ricevuto lo spirito di Cristo e pertanto gli appartenevano. Essi possedevano la genuina caratura di suoi discepoli: con buona pace di quanti avessero insistito a considerarsi loro pari vantando al loro attivo solo una riforma spirituale alla portata di un pagano di buona volontà.

L’affresco è un’icona della Causa Christi: questa non può essere equivocata come lo sterminio dei nemici di Dio e della Chiesa bensì – proprio all’opposto – la messa a disposizione della propria vita in ordine alla vita eterna che si desidera loro dischiudere. Essa richiede coraggio e preparazione nella difesa della Verità che va esperita in ogni modo lecito, nella giustizia e nella carità; ma – a fronte di un’opposizione violenta – essa comporta rifiuto del “occhio per occhio” e addirittura rinuncia ad opporre – esattamente come Gesù – resistenza al malvagio (Mt 5, 39). Ogni cristiano, anche nelle sue scelte politiche, dovrà rendersi conto se in cuor suo dà ragione allo zelota Barabba che combatteva violentemente il giogo romano oppure a Cristo crocefisso.

Roberto Leonardi

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