Parafrasando Mc Luhan – “Il mezzo (il medium) e’ il messaggio” – potremmo dire anche noi: “Il modo (la collegialità) è il programma”. Ogni programma politico nasce dall’osservazione dei fenomeni sociali che non è mai né univoca, né compiutamente oggettiva.
Infatti, la realtà è talmente multiforme che nessuno singolarmente può esaurirne la complessità entro il perimetro del proprio giudizio. Soprattutto, poi, i fenomeni sociali non vanno semplicemente descritti. Bisogna leggerne tra le righe le tendenziali linee di sviluppo, cioè vanno interpretati e qui, ovviamente, entra in campo la soggettività di ciascuno. Per questo è necessaria la “collegialità”, cioè una modalità di confronto e di lavoro comune che tenda ad avvicinare quanto più possibile – direi “asintoticamente”, cioè adottando un cammino in ogni istante più avanzato e sempre aperto, eppure mai compiuto e, di fatto, senza fine – il cuore dell’argomento in gioco, così da assicurare all’azione che ne consegue, un indirizzo utile e coerente agli assunti di valore cui ci si ispira.
Del resto, la collegialità che poniamo a monte del processo programmatico, la ritroviamo a valle. In barba alle pose teatrali – talvolta al confine tra il risibile ed il tragicomico – il punto vero della questione non è il “decisionismo”, bensì la capacità di formulare indirizzi e determinazioni che siano effettivamente praticabili per un’azione che è possibile solo nella misura in cui non è imposta dall’alto, ma compresa e condivisa dai destinatari delle decisioni che si vanno ad assumere.
E qui sta, in definitiva, se vogliamo, il senso più autentico e nobile di quella “moderazione” che associamo volentieri alla posizione di “centro”. E’ bene, dunque, che gli amici Politica Insieme – a cominciare dal Direttivo – forniscano suggerimenti, indicazioni, sottolineature, integrazioni che valorizzino l’ampio lavoro sviluppato dai numerosissimi amici che hanno concorso ai gruppi di lavoro, così da implementare la sintesi, ricchissima di spunti e di provocazioni di grande interesse, cui ha lavorato Stefano Zamagni, in vista di quel processo di “trasformazione” che rappresenta la chiave interpretativa del Manifesto.
Alcuni aspetti di fondo – tra i molti altri che andrebbero ripresi – mi sembrano questi:
1 – COLLOCAZIONE INTERNAZIONALE DEL NOSTRO PAESE
È necessario ribadire con fermezza, contro ogni suggestione di avvicinamento a Mosca piuttosto che a Pechino, la nostra appartenenza al campo occidentale. Nel contempo, è necessario accrescere progressivamente il peso unitario dell’Europa, nel quadro dell’alleanza occidentale, soprattutto nel campo della difesa per uscire da quella sorta di “baliatico” che limita la nostra autorevolezza nei confronti della potenza d’oltreoceano.
In un mondo sempre più interdipendente, i rapporti internazionali e la politica estera sono aspetti dirimenti che condizionano, in misura determinante, le politiche interne. Certe propensioni leghiste o pentastellate nei confronti degli imperi d’Oriente non sono causali e rispondono specularmente all’interesse che Russia e Cina manifestano per strategie di penetrazione in un’Europa che, oltretutto, nella misura in cui rappresenta l’ultimo grande bastione effettivamente democratico nello scacchiere internazionale, contraddice ed infastidisce, anche sul piano dei valori civili in gioco, le satrapie orientali che temono una disseminazione di pulsioni democratiche entro i loro confini.
2 – FERMA ADESIONE AL PROCESSO DI UNIFICAZIONE POLITICA DELL’ EUROPA
Nessuna incertezza può essere tollerata su questo piano. È urgente riassumere lo spirito delle origini ispirate ad un compito di pace, operando nella prospettiva – per quanto ardua e complessa, declinata secondo tempi e modalità difficilmente presumibili, in questo momento – di integrazione a livello mondiale almeno di alcuni settori funzionali, cominciando da un governo transnazionale della sanità pubblica. A partire, ad esempio, dall’appello proposto da Massimo Molteni in ordine alla fruizione ubiquitaria del vaccino compro il Coronavirus, non appena fosse disponibile.
Questa visione dell’Europa orientata alla Pace, dentro ed oltre i suoi confini, il coraggio in sé di dichiarare la pace storicamente perseguibile, in quanto progetto concreto affidato non ad una nobile aspirazione, ma all’arte della politica, corrisponde al sogno europeo di De Gasperi, Adenauer e Schuman. Solo una strategia di forte impegno politico – ed aggiungerei di grande valore morale e civile – che proietti le ragioni dell’Europa oltre sé stessa può creare le condizioni necessarie a riscoprire le motivazioni dell’unità.
Abbandonata alla sua attuale cifra economica e commerciale l’Europa è destinata a liquefarsi. E’ necessario pensare ad una seria riforma dei trattati e assumere orientamenti unitari, anzitutto, sul piano delle politiche fiscali e, come già detto, della difesa militare.
Altrettanto importante – ricordando il monito di Aldo Moro : “Tutto il Mediterraneo è in Europa perché tutta l’Europa è nel Mediterraneo” – mettere a fuoco e rivendicare, con gli altri Paesi membri dell’area – in particolare, con la Grecia, i Paesi “latini” che non a caso, in un momento di verità, come è sempre una grave crisi, si sono scoperti più vicini di quanto credessero – la vocazione mediterranea dell’ Europa. Questo rinvia anche alla costruzione di una forte connessione strategica tra Europa e Africa – nei confronti della quale abbiamo delle responsabilità oggettive, suggerite dalla geografia ed imposte dalla storia, di cui dobbiamo essere consapevoli – per la costruzione di quello che intanto, non potendo fare meglio, chiamerei una sorta di “aggregato” intercontinentale, finalizzato ad un modello di sviluppo sostenibile.
Va osservato che quest’ultimo punto, a sua volta, rinvia al “governo” del FENOMENO MIGRATORIO.
Per quanto in questo momento, per le note ragioni, appaia silenziato, si tratta di un processo di effettiva e piena svolta epocale che, con ogni probabilità, rappresenterà uno dei caratteri che più fortemente segneranno l’intero XXI secolo e sarebbe un peccato se ad accorgersene fossero prima gli storici che verranno, piuttosto che noi che ci siamo dentro.
In questo senso, non possiamo sottrarci ad un giudizio e alla responsabilità di definire e dichiarare espressamente un orientamento generale, in cui vadano poi a collocarsi i singoli provvedimenti destinati, appunto, a governare il fenomeno. Non escluderei – ed, in ogni caso, almeno prudenzialmente, questo è lo scenario cui dovremmo attenerci – che la formazione di società plurinetniche, pluriculturali e multireligiose segnali addirittura il progressivo avvicinamento ad un vero e proprio salto evolutivo dell’umanità che neppure il più longevo di noi ovviamente vedrà, per quanto proietti a ritroso fino a noi certe sue possibili sembianze.
3 – DIFESA DELLA VITA E QUESTIONI ETICAMENTE SENSIBILI
La stessa pandemia, se mai ce ne fosse bisogno, ci invita a dare una risposta di vita a quel velo, quasi un compiacimento, di morte che ha accompagnato anche lo sviluppo della discussione in ordine al cosiddetto argomento del “fine vita”. Forse possiamo cogliere e favorire un cambio di registro nella cultura e nella sensibilità diffusa su temi così delicati. Rispetto ai quali noi dobbiamo rifarci a due momenti: anzitutto, sul piano dei contenuti, non distaccarci di un palmo dal Magistero e dalla Dottrina Sociale della Chiesa; in secondo luogo, sul piano del metodo, esigere che tali tematiche non siano oggetto di patteggiamenti finalizzati a comporre maggioranze di governo, ma siano lasciati al libero confronto parlamentare e ad un ” discorso pubblico” ampio che coinvolga criticamente le varie opzioni culturali, espressioni del pluralismo caratteristico del nostro momento storico.
4 – LAVORO EDUCAZIONE SALUTE
È necessario un forte investimento di iniziativa politica e, ovviamente, in termini di risorse economico-finanziarie, per affermare una nuova stagione di DIRITTI SOCIALI, orientati a sostenere il ruolo della famiglia, quale primo e naturale nucleo di relazioni dirette alla creazione del contesto civile.
Attraverso politiche che accompagnino lo sviluppo delle nuove forme di LAVORO verso una condizione di parità di accesso al lavoro stesso.
Attraverso un orientamento “EDUCATIVO” del sistema formativo di ogni ordine e grado, orientato a privilegiare strategie di valorizzazione delle “eta’ dello sviluppo” ed, in modo particolare, al riassorbimento delle vaste aree di “povertà’ educativa” di cui ancora soffre il ostro Paese.
Attraverso una profonda riconsiderazione delle forme organizzative e gestionali del Servizio Sanitario Nazionale, insistendo sui livelli di integrazione delle varie funzioni ed, in special modo, programmando congiuntamente sanità ed ambito socio- assistenziale. Adottando, una logica unitaria di “servizi di prossimità alla persona” che sia “generativa”, cioè capace di responsabilizzare lo stesso destinatario della prestazione ( fino a garantire a ciascuno “il diritto ad avere doveri”).
5 – SALVAGUARDIA DELL’ AMBIENTE NATURALE E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO-STORICO-CULTURALE DEL PAESE
Si tratta di due impegni da promuovere congiuntamente nei confronti del “verde” e della salubrità delle città, ma anche verso la tutela e la conservazione dell’ambiente antropizzato. Due obiettivi cui il nostro Paese è particolarmente tenuto e per le sue straordinarie bellezze naturali ed in quanto custode della più gran parte del patrimonio artistico-monumentale dell’intera umanità. Soprattutto, due politiche in una, dirette a sostenere un giusto sentimento di orgoglio e di identità nazionale, senza cadere nell’equivoco dello sciatto nazionalismo delle destre.
6 – ORGANIZZAZIONE DEI POTERI DELLA REPUBBLICA E VALORIZZAZIONE DEI SETTORI VITALI DELLA SOCIETÀ CIVILE
Si tratta di camminare congiuntamente su due crinali diversi, destinati a convergere in un unico disegno di affermazione e di rafforzamento della democrazia rappresentativa. Accanto ad una ragionata rivisitazione dell’ articolazione dei poteri istituzionali tra Stato centrale, Regioni, Città metropolitane ed Enti locali, è necessario mettere a tema un nuovo rapporto tra i pubblici poteri complessivamente intesi ed i “mondi vitali” di una società civile chiamata ad un più alto grado di maturità e di responsabilità, a cominciare dal mondo del volontariato e dagli ambiti di Terzo Settore.
Questo a maggior ragione, in una fase storica, talmente plurale ed articolata, da far sì’ che la “politica” non possa più essere appannaggio esclusivo del “Palazzo”, bensì assuma il carattere di una “funzione diffusa” che, nelle forme appropriate, merita di essere esercitata da chiunque ne sia capace e sia, dunque, legittimato dalla sua stessa attitudine e dalle sue competenze, ad avanzare proposte o ad assumere iniziative.
Domenico Galbiati