I dibattiti che si sono accesi in occasione delle ricorrenze del 25 aprile e del 1 maggio, i modi in cui si sono svolti (sempre più “social”) e i contenuti che li hanno contraddistinti (sempre più “trash”), possono aiutarci ad interpretare come ci stiamo preparando a festeggiare la nostra Repubblica il 2 giugno prossimo venturo.

Tanto per non cambiare, con ogni probabilità assisteremo ad uno spettacolare dramma, diretto da giornalisti o influencer di ventura (ognuno al soldo del proprio padrone), che vede il popolo italiano come miglior attore non protagonista.

Il teatro è quello della politica fattasi “talk show”, divenuta salotto bellico, scenario conflittuale dove le diverse ideologie e le variegate visioni del mondo si danno battaglia. Un campo marziale, in cui le forze in gioco si sfidano continuamente, cercando di annientarsi l’una con l’altra. Un luogo di scontro, dove l’avversario diventa nemico e dove la ricerca del potere e della vittoria diventa l’unico obiettivo perseguibile.

Queste situazioni di contrapposizione permanente, alimentate sempre più da un bipolarismo avido di presidenzialismo, sono da inquadrarsi in una prospettiva aberrante, che porta la politica a diventare motivo di distruzione, dove l’unico risultato possibile è la sconfitta dell’altro, di chi la pensa diversamente. Astensionismo e sfiducia nelle istituzioni da annoverarsi tra i danni collaterali, forse voluti, di un’apocalisse dispotica.

Ecco perché abbiamo bisogno di una trasformazione. Non è possibile ridurre la politica a un contesto negativo a priori, in quanto essa stessa può costituire un luogo di mediazione, di ricerca di una convivenza pacifica, dove i vari schieramenti si confrontano in modo costruttivo per il bene comune. In questa nuova prospettiva, la politica si configura come uno spazio di dialogo, in cui la capacità di ascolto e di comprensione dell’altro diventa fondamentale per la stesura di un progetto condiviso per il nostro Paese. In tale contesto, ideologie e visioni del mondo, seppur differenti, possono finalmente trovare un punto di incontro, un terreno comune in cui lavorare insieme per il progresso della società.

Insomma, guerra o pace: da che parte stare? In democrazia, il dove esercitare la libertà popolare è una scelta che dipende da tutti noi, dalle decisioni che ogni singola persona prende o non prende, da come si affronta ogni singolo aspetto della propria quotidianità.

Erminio Zanenga

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