L’annuncio di un passo storico verso la “minimum tax” per le mega imprese, i global player, è stato assai enfatizzato a seguito del G7 dei Ministri finanziari e dei Governatori delle Banche centrali, che si è svolto a Londra il 5 giugno scorso. Alla grande soddisfazione espressa dai leader europei ed dallo stesso Governo italiano hanno replicato in poche ore affermazioni polemiche, o almeno di forte ridimensionamento, di centri studi e di singoli studiosi. In modo più appropriato altri hanno proposto l’interrogativo sull’equità (qui Giancarlo Infante il 6 giugno CLICCA QUI ): un principio guida che dovrà accompagnarci nelle sollecitazioni e poi nelle valutazioni per un tempo non breve.
È troppo presto per giudicare che la montagna ha partorito un topolino. A malapena possiamo dire che è incinta e ci vorrà ben più tempo della gestazione di un elefante per vedere con i nostri occhi alzarsi in piedi la novità annunciata. Sappiamo già che ci vorranno alcuni anni per giungere all’attuazione pratica. Alla ricerca di qualche informazione in più di quelle riportate dalla stampa, ho constatato che nel Comunicato finale del G7 di Londra l’evento epocale occupa uno solo dei venti paragrafi. Uno spazio ben più ampio è dedicato al cambiamento climatico e anche alla salute.
Sul piano politico l’iter procederà se la proposta del G7 sarà condivisa in ambito OCSE e nel G20 di luglio. Sul piano tecnico l’ingegnerizzazione normativa e operativa sarà molto complessa e a quelli che vorranno mettere i bastoni tra le ruote non mancheranno le occasioni per farlo. A che cosa stiamo assistendo veramente? È il tentativo della ‘comunità’ mondiale degli Stati, a partire da un gruppo più ristretto, da ampliare progressivamente (dal G7 al G20), di mettere in governabilità alcuni fenomeni della globalizzazione.
Poiché ci sono imprese globali, cioè soggetti privati che operano su scala mondiale e che ovviamente evadono dalle sovranità nazionali, occorrono nuove soluzioni di governabilità. Non c’è un Governo mondiale (se ci sarà, e quando, al momento è fantapolitica, almeno che non ne individuiamo già i precursori). Dunque la strada è di accordarsi su scelte politiche fondamentali e impegnative, affinché poi ognuno degli Stati interessati faccia una propria legge uguale alle leggi degli altri. Una strada quindi diversa da quella percorsa per dieci anni senza successo dalla UE per arrivare a una base imponibile standard delle società: proposta – CCCTB (Common Consolidated Corporate Tax Base) – che ora viene ritirata per essere sostituita da altre iniziative, nell’ambito di BEFIT (Business in Europe: Framework for Income Taxation).
L’Unione europea, con i Trattati vigenti, in materia fiscale può solo decidere all’unanimità ed è difficile prendere la strada di considerare queste innovazioni fiscali come materia di concorrenza (dove si potrebbe procedere a maggioranza). Dunque ragionare solo sul livello dell’aliquota non basta. Certo sappiamo che la proposta iniziale degli USA era almeno il 21% e che il presidente Macron intende insistere per elevare l’aliquota del 15. Quando, infatti, si tratta di imposte sugli utili, almeno quanto il livello dell’aliquota conta la composizione della base imponibile e contano regole (e controlli?) affinché una parte degli utili non eluda l’imposizione. In questo caso poi occorrerà suddividere la base imponibile tra i paesi coinvolti. Il disegno non è semplicissimo: tassare il 20% degli utili eccedenti il 10%… Si vuole evitare che alcuni redditi sfuggano a ogni imposizione, ma è sempre da escludere che quei redditi possano incorrere in una doppia imposizione.
Poiché ad ogni giorno basta la sua gioia, e non solo la sua pena, intanto prendiamo atto che nelle classi dirigenti mondiali qualcosa si muove per temperare e correggere eccessi, distorsioni e abusi dei processi globali. È un principio di responsabilità, che sebbene dettato largamente da esigenze di gettito, va incoraggiato. Teniamo ben fisso lo sguardo sulla stella dell’equità (della solidarietà, della riduzione delle diseguaglianze sociali…). Proponiamo che una quota del maggior gettito dai paesi che ne beneficeranno sia dedicata al multilateralismo sanitario o a contrastare la povertà educativa o a dare consulenza ai sistemi tributari dei paesi meno organizzati… Non svalutiamo il passo possibile, perché altrimenti non ci sarà mai quello successivo. E anche questa è vera e buona politica.
Vincenzo Mannino