Su iniziativa del Movimento dei Giovani Laureati, a partire dal 1936 vennero organizzate le Settimane sociali, scuole temporanee di formazione, comunemente definite” le Settimane di Camaldoli”: avevano lo scopo principale di ricostruire i rapporti sociali.

Dal 1940 si avvertì una svolta importante: nel corso di una delle settimane Giorgio la Pira e Taviani ebbero un ruolo determinante nel porsi come voce contraria al fascismo.

Dal diario di uno dei promotori, l’avvocato Celeste Bastianetto:

“A Camaldoli, ora 1940 (…) ci si ritrova con lo stesso animo e la stessa volontà di  servire la causa buona, la società cristiana ….ho la netta impressione che in mezzo a questi ragionatori, a questi entusiasti, a questi giovani studiosi, ci sono gli uomini per il dopo guerra. E’ Camaldoli che dà all’Italia gli alberi delle navi, il governo di questo grave patrimonio del nostro paese, il nostro popolo, le nostre famiglie. Lo dicevamo con La Pira, lo si sente come alito di certezza, il nostro studio, il nostro lavoro, le nostre preghiere sono tutte per questo gran fine(…). L’anima più grande del convegno è La Pira, il piccolo occhialuto La Pira, tutto gesticolare, tutto scatti. Siciliano di nascita e di splendore d’occhi e fiorentino nel linguaggio e nel tratto. Siciliano nell’immagine scultorea che sa ispirare il suo linguaggio tagliente, incisivo; fiorentino nella sua contemplazione del bello, nel suo armonizzare di colori, di preghiere, di silenzi. Ho pensato a un mistico, un poeta, un politico che attende”.

Qualche mese dopo, per la rivista Studium, e passato a rappresentare i Giovani Laureati, Giorgio La Pira scrive due interessanti articoli in cui esorta a realizzare il disegno di un ordine nuovo che dovrà portare non solo un’eliminazione di disagi, di ingiustizie, ma anche una crescita di cultura, di libertà, di spiritualità, come  un’intensificazione di vita personale, di rapporti sociali, di vita religiosa: “Studiate, perché quando il conflitto sarà terminato e si tratterà di dare una forma alla società, ci sono delle idee a cui ci si può ispirare”.

La linea che venne portata avanti dalla Settimana di Camaldoli fu spesso orientato a tematiche prettamente sociali. Una linea che dal 1943 crebbe ulteriormente perché le condizioni della società e della popolazione italiana, alle prese con la guerra, suggeriva di dare la precedenza a questo più che ad altri argomenti.

Vittorino Veronese , in qualità di segretario dell’INCAS, invitò una sessantina di studiosi a partecipare – con le loro relazioni – nel periodo tra il 18 e il 24 luglio 1943- ad un convegno che doveva preparare il terreno alla nascita del volume.

Il congresso si svolse a ranghi ridotti per la situazione drammatica del centro Italia (con il bombardamento su Roma del 19 luglio).

Negli stessi anni, accanto al versante di teorizzazione politica (come il lavoro svolto sopra il Codice di Camaldoli), La Pira partecipò alle iniziative dell’Azione Cattolica nella speranza che l’associazione potesse rinsaldarsi sempre più con la sfera sociale.

Per questo obiettivo diede il suo contributo al convegno ristretto dei dirigenti ed assistenti dell’AC, svoltosi a Roma dal 19 al 25 giugno 1944 : “si trattava di fissare gli orizzonti, i principi, gli ambienti e gli organi della futura azione, con particolare riferimento al programma, alla dottrina sociale e ai rapporti con i vari movimenti politici”(  M. Casella, L’azione cattolica alla caduta del fascismo. Attività e progetti per il dopoguerra (1942-1945).

All’inizio dell’estate 1944 La Pira pubblicava il volumetto “La nostra vocazione sociale” a cura della Ave, l’editrice dell’Azione Cattolica; nella collana “La biblioteca sociale” n. 10.

Di particolare significato, il suo test d’apertura intitolato “Invito ai fratelli”: “il nostro piano di santificazione è sconvolto: noi credevamo che bastassero le mura silenziose dell’orazione! L’orazione non basta: non basta la vita interiore; bisogna che questa vita si costruisca dei canali esterni destinati a farla circolare nella città dell’uomo. Bisogna trasformarla la società! Guarda fratello, cosa hanno fatto i nostri padri; la Chiesa nascente venne a contatto coi problemi più gravi; problemi di teologia e di metafisica (pensa al pensiero greco e alle trasformazioni che vi operò il cristianesimo); problemi di diritto e di politica (pensa alla schiavitù dello Stato); problemi sociali di ogni genere.”

E la prefazione “La crisi attuale è davvero di dimensioni gigantesche: essa ripropone in pieno il problema di una nuova ricapitolazione in Cristo della società  della civiltà;  si può parlare di un nuovo medioevo se con questa espressione si vuole indicare che la società e la civiltà devono tornare ancora a misurare sul vero  uomo le loro strutture: e questo vero uomo è quello che il Cristianesimo ha rivelato”

Nell’aprile del 1945 l’editrice Studium di Roma dà alle stampe il volume: venne scelto un titolo volutamente ampio “Per la comunità cristiana, principi dell’ordinamento sociale”. L’opera è nota come il cosiddetto

CODICE DI CAMALDOLI

Nelle pagine erano citate – oltre i principali redattori- anche le persone che avevano in qualche modo collaborato alla stesura del testo. La Pira compariva tra queste personalità: durante il periodo di permanenza semiclandestina a Roma, nella primavera del 1944, aveva fatto pervenire a Sergio Paronetto due suoi contributi sul tema dello Stato e della famiglia.

Il Codice rappresentò il risultato finale di una serie di studi e approfondimenti che  portarono i cattolici ad aderire ad un tipo di economia mista, senz’altro più adeguata alle società di un’età industriale in prepotente crescita (Marco Luppi, Dal Mediterraneo a Firenze- Biografia storico-politica di Giorgio La Pira dal 1904 al 1952, pag. pag. 182).

Nella prefazione si precisa che i compilatori si sono astenuti dal prendere posizioni di natura specificamente politica, la cui materia esula completamente dai fini del presente lavoro che mira esclusivamente alla migliore formulazione del pensiero sociale cattolico, per offrirla alla coscienza del cittadino e dell’uomo sociale.

“Il Codice di Camaldoli rappresentò un essenziale punto di riferimento per i cattolici che, all’indomani della caduta del fascismo, avessero sentito l’imperioso dovere morale di operare sul piano politico” (G. Campanini, Fede e politica (1943-1951), Morcelliana, Brescia 1977, pag.47.)

C’è ancora un aspetto importante nell’impegno di La Pira: egli partecipò negli stessi anni all’ufficio direttivo del Comitato cattolico docenti universitari, il quale aveva come obiettivo l’inscindibile legame tra insegnamento e la portata educativa dei valori cristiani. Accanto a lui: Fanfani, Lazzati e Dossetti.

Nino Giordano

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