L’evidente censura a danni dello scrittore Scurati da parte della Rai sta animando la vigilia del 25 aprile.

Giorgia Meloni finisce direttamente coinvolta nella polemica. Sia perché nel suo monologo chiestogli da Rai Tre sul 25 aprile, Scurati le rimprovera esplicitamente la reticenza a dirsi antifascista, sia perché lei interviene per difendere  la decisione dell’azienda chiamata a fornire il servizio pubblico e a garantire il più ampio pluralismo possibile.  La scusa è davvero risibile: motivi di spesa. E questo è davvero incredibile da sentir dire da chi sa benissimo quel che costano fallimentari trasmissioni messe in piedi per dare uno stipendio ad amiche ed amici suoi o dei suoi compagni di partito. E magari per propalare … il nuovo verbo…

Inoltre, Giorgia Meloni sostiene che con c’è stata censura perché, per assioma, chi è stato ostracizzato in Rai, e ovviamente si riferisce, sbagliando, ai suoi, non seguirebbe la stessa pratica. Tanti recenti fatti, però, la stanno smentendo visto come siamo andati ben oltre ogni pratica di lottizzazione per finire nelle nomine a senso unico. E forse, la Presidente del Consiglio dimentica che il suo ministro Sangiuliano, prima di smettere le vesti del giornalista, le ha indossate a lungo con posizioni apicali  al Tg1 e al Tg2. E in buona e ampia compagnia di altri Fratelli d’Italia e di giornaliste, giornalisti, donne e uomini di spettacolo, tutte e tutti ben raccomandati dai partiti della destra.

Che le cose non funzionino affatto a Viale Mazzini lo conferma anche la reazione dei giornalisti del sindacato Rai Usigrai che lamentano “l’asfissiante controllo dell’informazione”. Con loro se ne sono accorti, e da un pezzo, tanti telespettatori che sempre più a frotte non aspettano più gli appuntamenti con i telegiornali Rai e ne seguono altri. Per molto meno si giunse alla riforma del 1975.

L’Amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio, parla sconsolato di un’azienda che rischia di “andare a sbattere”. Forse non ha ancora metabolizzato … il fatto che l’urto c’è già stato colpendo una Rai che, già solo dopo poco più di un anno dall’arrivo di questo Governo, il cui principale partito continua a sbandierare la fiamma neofascista nel proprio stemma, ha bisogno di un qualcosa che somigli a quello che rappresentò il 25 aprile di tanti anni fa; in modo tale che il povero cavallo di Viale Mazzini non stramazzi definitivamente al suolo.

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