La recente riforma dell’Irpef presenta alcuni paradossi che riguardano le famiglie del ceto medio. Un esempio viene dai contribuenti  con redditi alti che senza spese da detrarre non subiscono la franchigia di 260 euro ed il taglio del cuneo fiscale fa salire l’imponibile fiscale. L’intervento non porta neppure benefici alle imprese, per le quali la super-deduzione sulle assunzioni è limitata e non controbilancia l’abolizione dell’incentivo ACE sugli aumenti di capitale.

Questo il tema oggetto di un intervento di Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti (ANC) su PMI.it per un esame di quelli che sono definiti i risparmi effettivi e i paradossi nascosti.

La riforma riguarda soprattutto i cosiddetti ceti medi, ma c’è l’incognita delle detrazioni a proposito delle quali, dice Cuchel che chi “chi non ha sostenuto spese detraibili risulta di fatto agevolato rispetto a chi le ha sostenute e avrebbe potuto indicarle quali detrazioni nella propria dichiarazione dei redditi”».

In relazione al taglio del cuneo fiscale, viene poi fatto notare  che all’atto pratico “il vantaggio ricade sui lavoratori dipendenti, che dal mese di gennaio beneficiano di una somma maggiore in busta paga o, com’è più corretto affermare, di una trattenuta previdenziale minore. L’importo del beneficio, per i titolari di reddito sino a 25mila euro annui, arriva a 134 euro lordi. Per i redditi fra 25mila e 35mila euro, è compreso fra 115 e 161 euro lordi. È il caso di sottolineare, tuttavia, che l’esonero contributivo come sopra determinato, non corrisponderà del tutto ad un maggior netto in busta poiché, per effetto di una minore ritenuta previdenziale, nel cedolino paga risulta incrementato l’imponibile fiscale sul quale il sostituto d’imposta (il datore di lavoro) opererà il calcolo delle ritenute fiscali”.

 

 

 

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