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La Scuola ha bisogno di un pensiero creativo- di Massimo Molteni

Ragazzi e bambini stanno male: lo evidenziano ricerche in tutte le parti del mondo:  anche in Italia. E’ la Covid, si dirà. No: la Covid ha portato ad evidenza una fragilità imponente che si è strutturata nel corso degli ultimi decenni. La Sars Cov 2 ha fatto da trigger ad un equilibrio già precario: un elemento biologico esterno si è scaricato su un ambiente sociale fragile (liquido o forse gassoso direbbero i sociologi) che si è ulteriormente sfaldato: i bambini, dai più piccoli fino agli adolescenti  e oltre sono rimasti senza quella protezione e quei riferimenti di cui hanno bisogno per crescere.

La scuola è malata: colpita duramente da una società liquida che da decenni ne disconosce il valore educativo e formativo, ridotta, nell’immaginario sociale, a strumento a servizio di diritti astratti da difendere o dei privilegi sociali da far acquisire, rinchiusa, salvo eccezioni, in un formalismo sempre più rituale e comunque senza sbocchi concreti

La famiglia è malata, gravemente malata: venuto meno il collante dello stato di necessità che, nella cultura occidentale, per secoli ha “tenuto assieme” un uomo e una donna e interi gruppi familiari, accumunati, non sempre volentieri, dalla necessità di reggere l’urto per sopravvivere in un contesto molto difficile, non si è riusciti a trasformare lo stato di necessità del reciproco aiuto, in scelta consapevole fondata sul reciproco amore per raggiungere una meta comune e condivisa: è rimasto il puro  sentimento che, di fronte alla durezza della vita, si scioglie come neve al sole….

Già, quale è la  meta da raggiungere? Nel vuoto di un orizzonte di senso comune socialmente condiviso, la meta è solo la proterva affermazione del proprio ego nelle sue manifestazioni più puerili e la sempre più incombente necessità di essere asserviti, in maniera dolce, quasi in narcosi, al potere brutale dell’idolo economico-finanziario che abbiamo tutti contribuito ad innalzare perché capace di soddisfare i tanti bisogni del nostro ego infantile: è l’omino burroso del Pinocchio collodiano, così gentile e suadente verso i ragazzi che scappano dalla scuola – dalla vita – e così capace di usare la frusta quando spuntano le orecchie asinine…e vendere al mercato i tanti ciuchini…

In questa landa impaurita, strabordante di oggetti, spesso inutili, incapace di accogliere le sfide dei derelitti che bussano alle porte, l’”omino burroso”, non tollera sgarri e vuole imporre la sua legge di dominio, in nome del benessere di tutti:  il bene si è trasformato in ben-essere, cioè star bene noi….

Il prof Galli della Loggia, qualche giorno fa (CLICCA QUI), con lucida e tagliente analisi, su cui Politica Insieme ha auspicato lo sviluppo di una riflessione (CLICCA QUI), ha denunciato una completa e totale disattenzione della classe politica che aveva votato all’unanimità, una norma che introduce nella didattica scolastica  lo sviluppo delle “competenze  non cognitive”:  e dopo aver ironizzato sulla capacità di comprensione di chi ha votato questa norma, paventa come questo sia un ulteriore passaggio verso quel totale controllo delle menti delle persone, partendo dai ragazzi, per asservirle al potere dominante.

Esiste questo rischio dentro questa innovazione, a dire il vero un po’ bislacca e quasi incomprensibile, così come definita dalla legge?

Il rischio esiste ed è reale: non perché essere aiutati ad acquisire  “soft skill” necessariamente possa essere un ulteriore passo verso l’asservimento dei giovani: è vitale aiutare i bambini e i giovani a migliorare le proprie capacità di saper resistere alle difficoltà e soprattutto saperle riconoscere, in un contesto sociale in progressivo disfacimento.

Non sono le “soft skill” in sé, ma è il progetto di rispondere ad una oggettiva necessità, attraverso un meccanismo legislativo, quindi “obbligatorio” che immagina di introdurre surrettiziamente queste abilità attraverso una istituzione in drammatica crisi di identità e profondamente ammalata come è la “scuola” in Italia, oggi: facile immaginare come il tutto sarà tradotto in programmi, verifiche, modelli precostituiti, e stili di risposta pre-confezionati a servizio dello “status quo”. E in questo modo diventerà esattamente ciò che teme Galli della Loggia.

Dalle situazioni di grave crisi sociale, non si esce però tornando indietro nella storia come in alcuni passaggi sembra auspicare Galli della Loggia quando ricorda come i giovani si tempravano nelle difficoltà da superare nella scuola  attraverso le competenze e le  conoscenze da acquisire duramente: le difficoltà scolastiche che hanno temprato chi di noi è avanti negli anni, erano solo un allenamento nel combattimento esistenziale che una società votata a ricostruirsi dopo due guerre stava combattendo per costruire un mondo e una società più giusta (Onu – Europa – abolizione della schiavitù – più diritti per i lavoratori e per le persone fragili – pari dignità per le donne): ora quell’allenamento suonerebbe beffardo e pure anacronistico perché non c’è niente da costruire  nell’agorà sociale contemporanea: solo solleticare il proprio piacere e tornaconto.

Il rischio che sotto le forme di un aiuto ai bambini e ai giovani, si mettano le premesse per un ulteriore asservimento e addomesticamento al “politically correct” come teme il prof Galli della Loggia è molto elevato: è’ il sogno ricorrente di tutti i potenti della terra: adesso agiscono su scala planetaria e sono terribilmente più pericolosi perché il loro orizzonte va oltre i confini delle singole nazioni.

Perché nessuno ha reagito alla omologazione delle scuole introdotte dall’INVALSI, altro marchingegno voluto dall’OCSE proprio come per le competenze non cognitive? Perché nessuno reagisce alla curiosa idea che la scuola debba essere a servizio non solo e non tanto del mondo produttivo, ma del mondo economico-finanziario? Perché nessuno reagisce al formalismo procedurale e burocratico che “uccide” quei docenti che ancora si percepiscono come persone vive che vogliono educare e istruire i propri allievi? Qualcuno si sta opponendo alla deriva giuridico-burocratica che governa reclutamento e “carriere” nella scuola e la vita scolastica dei ragazzi? Qualcuno ha mai visto quelle decine di pagine ineccepibilmente scritte  da numerosi professionisti che descrivono, a volte anche meravigliosamente bene, come funziona un ragazzo disabile e cosa bisognerebbe fare per aiutarlo  e che rimane – quasi sempre – inutile testimonianza di ore di lavoro burocratico inutile, frustrante per chi lo esegue, drammatico per chi lo subisce, disperante per chi dovrebbe trarne giovamento e si sente più solo e beffato?

Nel vuoto di senso, le rigide procedure burocratiche sono le uniche realtà che godono di buona salute…e che tutti invocano sempre più, nel mentre ne chiedono la riduzione…: apparentemente!

Le procedure e le norme burocratiche non nascono per caso, sono l’espressione del comune sentire che vuole sentirsi rassicurato e non infastidito da possibili rinunce personali come nei processi di cambiamento sovente avviene: ogni cambiamento sconvolge  le quiete e rassicuranti abitudini ed è temuto….

Meglio narcotizzarsi in trasparenti e ineccepibili  procedure e scuotere la testa di fronte al destino ineluttabile che colpisce gli … altri.

Le conoscenze e le competenze educano alla libertà: e chi è libero non va necessariamente dove chi lo educa ritiene giusto debba andare… Educare alla libertà, vuol dire non dare garanzie a nessuno…tantomeno a noi stessi. Per educare alla libertà e per aiutare ad acquisire “soft skills” serve però sapere a cosa serve la libertà e quale potrebbe essere la meta da raggiungere.

Senza più padri da uccidere, come direbbero metaforicamente gli psicoanalisti, senza più ingiustizie da sanare o ideali da raggiungere, dove possono andare i nostri figli? Fragili, fragilissimi, insipienti, non perché stupidi ma perché anche il sapere e il conoscere se non è finalizzato a raggiungere mete anche difficili, diventa puro esercizio mnemonico che non penetra nelle fibre del loro animo e diventa orpello inutile o fatica persecutoria da evitare: come dare loro torto?

Abbiamo tutti una responsabilità tremenda: abbiamo barattato il “bene” con il nostro “ben-essere”, e stiamo uccidendo il futuro ai poveri e ai nostri ragazzi. Ha ragione il prof Galli della Loggia quando invoca nuova passione per i ragazzi che sono il nostro futuro: ma la via d’uscita che indica è sbagliata: è rivolta al passato …. E’ vero: il passato della scuola era più sensato e ragionevole. Non tornerà più, comunque.

Serve un pensiero creativo e divergente, anche sul piano legislativo, per cercare quei “segnapassi”  che ci guidino nella lunga traversata nel deserto (come quella della fuga dall’Egitto) e trovare nuove soluzioni.

Nella consapevolezza che anche il popolo ebraico ha rimpianto più volte il “benessere” garantito dai Faraoni e che in fondo anche per loro  la …libertà…era solo una faticosa e mitica promessa… E avevano Javhè con loro…. E anche Mosè.

Bisogna smantellare quella rassicurante cappa iper-controllante che regola la vita sociale di tutti e anche dei nostri ragazzi: liberi di scarificare la loro pelle, liberi di agire ogni sessualità, anche violenta e anche per gioco, liberi di perdersi nelle dipendenze di ogni tipo, liquidi nel non definirsi né maschi né femmine, liberi di autodistruggersi o auto-segregarsi in casa attaccati al web per settimane intere, purché servi dell’idolo finanziario che tutto regola, prevalentemente con “soft skills”, tutto conosce grazie all’AI, e che darà loro tutti quei beni di cui credono di aver bisogno, e che però non disdegna, nel caso, anche sacrifici umani, nei suoi numerosi riti sacrificali: riservati solo a chi si ribella o a chi – per sorte – è solo uno “scarto”.

Massimo Molteni

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